mercoledì 12 febbraio 2020

CINQUE ANNI CHE CAMMINO ( parte seconda)

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Camminare aiuta a tirar fuori i ricordi … i ricordi sono un po’ come i soprammobili … quando “metti su casa” i primi li compri e li metti qua e là, in ordine sparso … poi qualcuno te ne regala altri, poi arrivano le bomboniere “ tanto carine!” e come per incanto , accumula oggi, accumula domani, ti ritrovi con un’intera vetrinetta piena di questi ninnoli.

Un bel giorno decidi di fare “le pulizie di fino” e svuoti completamente la vetrinetta per spolverare contenitore e contenuto … ed è così che, in fondo, nell’angoletto più buio, ritrovi quello che i piemontesi chiamano un “ciapapuer” ( raccogli polvere) … ma non è uno qualunque … immediatamente, appena lo vedi, ti scatena una ridda di ricordi nitidissimi ed è come salire su una macchina del tempo … in un istante sei in un altro tempo e magari in un altro luogo.

E allora prendi questo “pezzo prezioso”, lo spolveri per bene e gli trovi un’altra collocazione … ecco proprio là : su quella mensolina in alto, da solo.
E non fai in tempo a sistemarlo che dalla finestra entra un raggio di sole e lo inonda di luce … e tutto si fa più bello e luminoso.

Quindi camminando faccio “le pulizie di fino” dell’anima e trovo cose che erano nascoste chissà dove e che invece meritano un “posticino speciale” … e il posticino speciale credo possa essere proprio questo …

Il mio cammino di oggi ha “ripescato” qualcosa che non è un ricordo vero e proprio perché all’epoca ero troppo piccina … ma è il racconto che mi è stato fatto da una delle tre protagoniste femminili di questa storia.

Sono tre le “femmine” che animano questa storia, questa che è una grande storia d’amore ; e poiché le altre due donne da un po’ non “abitano” più tra noi, credo sia mio dovere dare loro il giusto tributo.

E’ la storia di una bimba e di due donne “amorevoli” , una “amorevole” in quanto mamma della bimba e l’altra “ amorevole” in quanto –aspirante mamma- … e poi è la storia di un oggetto “inanimato” che però per certi versi fa la “parte del leone” … questa quindi è

LA STORIA DEL CUSCINO ROSSO

Avevo due anni, forse poco più, e la mia mamma da un po’ non stava bene … malesseri strani, non si capiva bene cos’ avesse. Questo aveva spinto il medico di base a consigliare un ricovero ospedaliero per  fare accertamenti più approfonditi.

Ed ecco muoversi la “macchina” dell’organizzazione familiare: Papà era grande e grosso e se la sarebbe sicuramente cavata, ma le bimbe?? Laura ( mia sorella maggiore) aveva intorno agli otto anni ed era stata dirottata immediatamente  dai nonni materni, che , seppur non godessero entrambi di ottima salute , si rendevano sempre disponibili a dare una mano con noi bambine ( questo mi fa tornare alla mente le estati passate a casa dei nonni … quanto mi sono divertita!! Ma questa è un’altra storia … non escludo di raccontarvela, prima o poi). Rimanevo io, la “piccola di casa” ed era due volte difficile trovarmi la giusta collocazione.

Era difficile perché ero veramente piccolina quindi bisognosa di cure e attenzioni particolari, doppiamente difficile perché, fino a quel giorno, io e la mamma eravamo state un corpo e un’anima sola. Dove ero io c’era lei, e dove andava lei c’ero SEMPRE IO.

Non so cosa abbiano architettato le altre due donne di questa storia, so solo che un certo giorno arrivano a casa mia lo zio Mario (all’anagrafe Luciano), fratello di mamma,  e sua moglie, la zia Maria .

Sposati da un po’, al momento senza bimbi ( sarebbe passato ancora qualche anno prima che Enrica entrasse nelle loro vite e le riempisse di un amore contraccambiato e incondizionato … spero tu sia consapevole Enrica di quanto hai fatto felici i tuoi genitori con il tuo arrivo, di quanto amore ti hanno donato e di quanto ancora il tuo Papi  ne abbia da darti …) probabilmente la mia Mamma aveva visto nella zia Maria tutto quello che serviva per la sua cucciolina: una dose immensa di tenerezza, tanto amore da dare a piene mani, una vice-mamma di tutto rispetto.

E così gli adulti parlavano tra loro, facendo finta che fosse una visita normale, ed invece “tramavano” alle mie spalle …
La zia mi aveva preso in braccio e cercava di capire come poter far breccia in quel legame così “solido” , così “granitico” che era l’attaccamento che avevo con mia madre.

E poiché tutti abbiamo “un tallone d’Achille” e lei conosceva la mia passione per il colore rosso,  ad un certo punto, accarezzandomi i capelli mi aveva sussurrato:
“ sai, a casa ho un bel cuscino ROSSO,che però poverino si annoia tutto il giorno a stare là da solo .. ci sono solo io che però non ho tanto tempo da dedicargli …( io la stavo ascoltando attentissima, con tanto di occhi sgranati per la curiosità) e così ieri mi ha detto che vorrebbe tanto qualcuno con cui giocare, e sarebbe così felice di andare a dormire abbracciato ad un bimbo, o una bimba … verresti a casa nostra a giocare un po’ con lui?”
E io pronta ( rivolta a mia madre) “ posso mamma? Ci andiamo? Quand’è che ci andiamo insieme?”

E lì la maestrìa di una donna che anche se non ancora mamma aveva saputo trovare le parole giuste per convincere e al tempo stesso confortare la bimba piccina:
“ sai la mamma deve andare qualche giorno in un posto dove i bimbi non possono entrare ( avevo messo il broncio), così pensavo che intanto tu potevi venire a conoscere il mio cuscino rosso … state un po’ insieme, vi fate compagnia, giocate e poi non appena la mamma torna a casa, e sarà prestissimo, ti riportiamo subito da lei”

In quel momento credo di essere stata come Montalbano ne “gli arancini di Montalbano” e cioè di aver avuto
 un cori d'asino e unu di liuni” di essere stata cioè parecchio indecisa sul da farsi …

Insomma, com’è, come non è,  gli zii riuscirono a portarmi a casa loro, dove c’era veramente un bellissimo cuscino rosso, che diventò nei giorni seguenti il mio compagno di giochi.
La zia era fantastica: mi dedicava tutto il suo tempo esattamente come mammina … inventava ogni giorno giochi da fare  insieme e il tempo passava presto; ogni mattina , al risveglio chiedevo di poter tornare a casa dalla mamma, e ogni mattina la zia trovava parole nuove per tranquillizzarmi che presto avrei riabbracciato la mamma … poi si inventava qualcosa e mi distoglieva dalla mia tristezza.

Una sera lo zio era arrivato a casa tutto pimpante e in un batter d’occhi avevano preparato la borsina con le mie cose:
“ dai che andiamo a fare un giretto” aveva poi  detto spingendomi delicatamente verso la porta.
Avevo agguantato il mio nuovo amico rosso fiammante ed eravamo partiti … fuori era buio e io guardavo le vetrine illuminate, le auto che scorrevano veloci, i tram che scampanellavano approssimandosi alla fermata.

Tutta presa da queste scoperte non mi ero avvista di essere arrivata sotto casa mia: avevo alzato gli occhi e mamma era lì, accovacciata che mi aspettava a braccia aperte … e piangeva!!! Come piangeva!! E il papà, al suo fianco, che sfoderava il sorriso delle grandi occasioni … e poi c’era Laura, che sorrideva anche lei ma il suo sorriso era strano … c’era qualcosa di nuovo nel suo sorriso … anzi: “mancava” qualcosa al suo sorriso … in quei pochi giorni di lontananza aveva perso un dente ed era così buffa con quel buco proprio lì davanti … e probabilmente un po’ si vergognava, tant’è che rideva tenendo una mano davanti alla bocca.

Eravamo saliti tutti in casa e mia mamma ( com’era bella la mia mamma!!! Tanto tanto bella con gli occhi lucidi dall’emozione) aveva raccontato un po’ della sua vicenda ospedaliera ma subito aveva chiesto alla zia com’era andata la sua avventura di vice mamma … e la zia aveva raccontato tutto quello che avevamo fatto … e quanto buona ero stata … e che bello era stato avere una frugoletta per casa.

Poi era arrivato il momento del commiato: la zia mi aveva preso in braccio e mi aveva sussurrato :” ricordi? Ti avevo promesso che appena la mamma tornava a casa ti avrei riportato da lei … ho mantenuto la promessa. Ricordati che, quando vuoi, il cuscino rosso è sempre a casa mia che ti aspetta”

Mi aveva baciato visibilmente commossa e poi mi aveva “allungato” alla mamma in un “virtuale” passaggio di consegne.
E in quel momento io avevo mantenuto un braccio sulla spalla della zia e ne avevo messo uno sulla spalla di mamma, forse cercando di prolungare ancora un po’ quell’armonia che c’era tra noi tre: io bimba amata , la mia mamma “ufficiale” e la zia che per qualche giorno era stata la mia mamma “in pectore”.

Un abbraccio alla mia Mamma e alla zia Maria , siete state e sarete per sempre mamme MERAVIGLIOSE.

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