mercoledì 29 gennaio 2020

29-01-2020 LETTERA ALLA MIA MAMMA

                                                                                     -Da qualche parte in Polesine-

                      questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie


Ciao Mamma,

oggi è il tuo compleanno … un compleanno che non festeggiamo da parecchi, troppi anni …

Non sai quante volte, in tutti questi anni, magari in periodi un po’ più pesanti del solito, ho sentito il desiderio di prendere la macchina e “fare un salto” fino a casa tua … anche solo per star lì in silenzio, consapevole e felice della tua rassicurante presenza.

Se ti fosse dato in dono di tornare oggi, solo per un giorno, credo che saresti soddisfatta della donna che sono diventata.
Del resto ho avuto in te un’ottima insegnante … forse non sempre eravamo d’accordo ( a dirsela tutta quasi mai …) ma credo che fosse il gioco delle parti … io adolescente un po’ testa matta” e tu madre comprensiva ma non troppo.

Credo tu sia stata in assoluto la persona che mi ha capito meglio e più di chiunque altro … eri intelligente anche se non colta perché non ti era stato permesso di studiare; eri tollerante ma non ti facevi “abbindolare” dalle moine di chi voleva qualcosa da te ( in questo ti assomiglio ma ci devo ancora lavorare un po’ su) … eri “materna” nel più ampio senso del termine: da noi figlie, ai generi, ai nipoti ma anche cuccioli perduti che puntualmente adottavi  e per finire le tue amate piante, ma anche le  piante degli altri … quelle mie ormai moribonde che ti portavo, tu le guardavi un po’ e poi dicevi : “ questa va messa all’ombra sotto il fico” oppure “questa ha bisogno di un terreno più acido”. Non sbagliavi MAI … di lì a qualche giorno le piante che erano arrivate da te “spacciate” ritrovavano vigore e bellezza.

E poi “materna” perché da brava mamma ti piaceva radunare tutti i tuoi cari intorno alla tavola: tu regina dei fornelli passavi domeniche intere a preparare manicaretti per Papà, Laura e me, ma anche per i tuoi fratelli e le loro famiglie, oppure per i fratelli e le sorelle di papà.
E la tavola diventava un festoso manicomio con a capotavola indiscusso “Boss” il nonno Vittorio e tutti gli altri liberi di scegliersi il posto che volevano … e per noi bimbi ( eravamo complessivamente 16 cugini … fortunatamente mai tutti insieme) era festa grande trovarci e giocare tutti insieme.
Hai saputo veramente essere il “cuore” della nostra famiglia … Il Nonno era convinto di essere lui che comandava e decideva, in realtà io credo che il potere risiede in chi ti ama e ti mette al centro del suo mondo … quindi tu eri in assoluto “La Regina” della nostra casa.

Sai, da poco più di un anno frequento delle persone splendide che per  me, piano piano, sono diventate “famiglia”: ci siamo conosciuti un po’ per caso (anche se io ripeto sempre che “mai niente succede per caso”) , abbiamo organizzato un raduno per conoscerci meglio e da allora cerchiamo in ogni modo di tenere sempre accesa la “fiamma” dell’affetto che ci unisce … quindi facciamo raduni di un paio di giorni con belle camminate, cene condivise e tante chiacchiere fino a notte fonda, ma anche incontri “al volo” fatti di viaggi in treno, un caffè e un milione di abbracci.
Tutti loro, per me, sono “famiglia” perché mi hanno presa e accettata per quello che sono, pregi e difetti, senza giudizi … e io con loro sto bene, veramente bene.
Quindi, siccome ti assomiglio tanto e ferma non ci so stare, per l’ultimo finesettimana di gennaio ho organizzato un raduno con tutti loro e anche con altri amici pellegrini che hanno voluto unirsi a noi .

Due giorni intensi a Vercelli dove un caro amico ci ha organizzato alcune uscite degne di nota.
Sabato è stato per me il giorno più impegnativo: era prevista la visita ad una tenuta agricola che ha mantenuto i locali come erano negli anni 50-60. Sapevo quindi, entrando, che avrei visto cose e luoghi simili a quelli che avevi visto tu quando, diciassettenne, avevi lasciato per la prima volta in vita tua, la tua casa, la tua famiglia per andare a lavorare come mondina proprio in Piemonte.
E la visita alla tenuta è stata molto bella: chi cerca di tenere vivo il ricordo dei tempi passati è un signore di oltre 80 anni che ha “l’argento vivo” addosso. Da bambino  ha vissuto in quei luoghi e da adulto ha voluto creare una sorta di museo dell’arte contadina cercando mobili, suppellettili e tutto quello che serviva per rendere ancora “vive” quelle stanze. Addirittura ha destinato una stanza ad aula scolastica e , poiché le mie amiche scherzosamente mi chiamano “maestra” mi hanno fotografata proprio lì, alla cattedra vicino al pallottoliere.

Ho guardato tutto con occhi avidi … da una finestrella è entrato un refolo di vento e mi ha accarezzato i capelli e una guancia … in quel momento  ti ho sentita lì… vicino a me.
E poi il momento atteso e temuto … ci addentriamo nella campagna e all’orizzonte vediamo  un grande capannone: la nostra guida ci racconta che stiamo andando verso i dormitori delle mondine, che di fatto vivevano e lavoravano lontano dalla “ casa principale” … tutta la loro vita si svolgeva lì … in quel fabbricato che da fuori poteva benissimo essere scambiato per un magazzino o una stalla.
Intanto la nostra guida ci raccontava di lavoro duro, dei primi scioperi per  rivendicare una sorta di giusto salario, della solidarietà tra le mondine … le mie orecchie ascoltavano tutto ma la mia mente era altrove … il nostro accompagnatore parlava di come le mondine fossero solite mangiare all’aperto sedute sul muretto e io ti vedevo lì, giovane e magrissima con i tuoi grandi occhi azzurro-grigi ( lo stesso colore che ha Dario, l’unico nipote che non hai fatto in tempo a conoscere ), magari un po’ malinconica per la lontananza dagli affetti ma consapevole di quanto avrebbe fatto la differenza il tuo salario una volta tornata a casa.
Il nostro interlocutore ci raccontava di sabati sera con musicisti improvvisati a ballare sull’aia e io ti immaginavo con i capelli ondulati fermati da due forcine seduta un po’ in disparte a “tenere il tempo” battendo con il piede sul pavimento.

E poi, finalmente, siamo entrati nel dormitorio … una scaletta portava alle camerate al piano superiore … un attimo prima avevo le ali ai piedi per il desiderio e un attimo dopo i miei passi erano di piombo … non sapevo cosa aspettarmi e non sapevo come avrei reagito … ho fatto le scale con mille pensieri che mi giravano per la testa … ed eccomi qui: una grande stanza con tante brande tutte in fila … vicino ai letti una valigia di cartone, un cappello di paglia, qualche abito modesto.
Sono stata lì più che ho potuto: non ho guardato tanto ma ho “assimilato” il più possibile … era veramente come essere già stata in quei posti, li sentivo “parte di me”.
Credo sia stato un modo sicuramente un po’ duro per ricordarti ma so che ne avevo bisogno …

E se tu fossi qui con me oggi ti abbraccerei e ti direi che sono orgogliosa, profondamente orgogliosa  di te, “piccola” donna coraggiosa.

BUON COMPLEANNO MAMMA…

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