giovedì 6 febbraio 2025

PUOI CONOSCERE ...

                                                                 (Foto: Fonte Web)
 

Diceva Immanuel Kant “Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui tratta gli animali”

Ed è proprio così che ho conosciuto il tuo Grande Cuore.

Ci frequentavamo da poco e un pomeriggio, nel cortile di casa tua, si materializza un cane.

Un incrocio tra un boxer e chissà cos’altro … del boxer aveva la struttura fisica, il manto fulvo, il muso schiacciato e la “mascherina nera”.

Ci guardava da lontano, la bava alla bocca.

Tu l’hai guardato e per la prima volta ho visto quella luce nei tuoi occhi … quella luce che non avevi nemmeno quando guardavi me che in teoria avrei dovuto essere appunto “La luce dei tuoi occhi”.

Con il tempo ho capito cos’era “quella luce” ma non quel giorno: quel giorno vedevo solo uno spilungone di 16 anni guardare negli occhi un grosso cane che contraccambiava quello sguardo.

Occhi negli occhi.

Poi lo spilungone comincia piano piano a parlare al cane, anche se da lontano. Un tono suadente, piccole frasi accompagnano piccoli passi di avvicinamento.

E io : “fermati, non vedi quanto è grosso!!! E poi guarda: ha la bava alla bocca, non è che ha la rabbia?”

E tu invece di ascoltarmi fai un passo, poi un altro ancora, sempre guardando il cane negli occhi.

Il cane ti fissa, probabilmente ne ha passate talmente tante che è stupito di trovare un “umano” così carino.

Un passo dopo l’altro, lo spazio tra i due diventa sempre meno.

Ad un certo punto il cane uggiola e muove piano il mozzicone di coda.

Io non lo sapevo ancora ma in quel momento stavo assistendo all’inizio di una bellissima storia d’amore che si sarebbe interrotta solo con la morte di quella splendida cagnotta che abbiamo chiamato Gilda.

Lo spazio tra voi due è poco meno di un metro: continuate a guardarvi fisso negli occhi, ognuno probabilmente domandandosi se può fidarsi dell’altro.

Poi allunghi un braccio sopra la sua testa e lei allunga la testa per ricevere, dopo tante angherie, una carezza. La tua.

Col tempo abbiamo scoperto che quella splendida anima con la coda veniva da un altro paese, che il suo “Umano” l’aveva abbandonata lontano da casa perché aveva l’animo da cacciatrice e sterminava il pollaio.

Da noi ha trovato uno “spilungone” che l’ha adorata da subito e da subito è stato contraccambiato.

Mi ricordo come si metteva di vedetta al cancello, quando sentiva l’inconfondibile rumore del motore della tua 500 che arrivava dal fondo della strada.

O quando, diventata mamma, permetteva solo a noi due di avvicinarsi ai suoi piccoli.

Ecco. Quel giorno avresti potuto magari cacciare quel cane che ti fissava dritto negli occhi: tirargli un sasso e mandarlo via.

E invece hai deciso di accoglierlo a casa tua, di farlo diventare parte della famiglia.

Poteva essere un caso ma invece è la quotidianità: ancora oggi, dopo tanti anni, quello spilungone porge la mano a chi è indifeso.

Quante volte di notte ti sei alzato perché i nostri cani abbaiavano in modo strano (quel particolare abbaio destinato a segnalare gli intrusi) e hai salvato qualche riccio da una brutta fine facendogli attraversare incolume il nostro cortile e accompagnandolo dall’altra parte della strada, verso la libertà!!

E quella volta che ci è letteralmente “caduto dal cielo” un cucciolo di pipistrello e lo abbiamo curato, svezzato e cresciuto e poi accompagnato in giardino per fargli spiccare il volo!!

Ecco chi sei tu: quello che si schiera sempre dalla parte dei più deboli, dei più fragili, di quelli che non hanno voce.

E direi che anche la frase di frase di J.K. Rowling ti sta a pennello.

“Se vuoi sapere com’è un uomo, guarda come tratta i suoi inferiori, non i suoi pari.”

Ma questa è un’altra storia …

Oggi festeggiamo un compleanno “tondo”.

Si “chiude” un periodo non facile … ma come diciamo in Cammino dopo una lunga salita che sembra non finire più

-dai che dopo la curva “spiana”-.

Orgogliosa di aver condiviso con te tanta strada e di aver potuto così conoscere il tuo Grande Cuore.

E come dice il Liga ricordati che

"Il meglio deve ancora venire"


BUON COMPLEANNO ANIMA MIA!!


venerdì 31 gennaio 2025

COSA SI PUO’ DIRE DI TE?

 

(Foto: Fonte Web)


Se io non fossi tua Madre mi piacerebbe incontrarti e diventare tua Amica.

Amica di un tizio che come me, sta molto attento ad usare questa parola.

La parola Amicizia troppo spesso usata e “abusata”.

L’Amicizia quella vera è un sentimento ma è anche una palestra … va tenuta allenata giorno dopo giorno.

L’Amicizia è come una bella pianta … va curata, va innaffiata né troppo, né troppo poco.

Bisogna scegliere gli Amici con attenzione perché se sono “veri” faranno parte della nostra vita per sempre.

Bisogna sceglierli “tosti” e possibilmente migliori di noi.

Ehh si ehhh!! Gli Amici veri sono quelli “scomodi” , quelli che ti fanno notare le cose sulle quali tu sorvoli.

I Pooh in “Amici per sempre” dicono

--e ti metton davanti agli specchi, anche quando non vuoi-

https://www.youtube.com/watch?v=sNcV4ntpb68

E insomma SI’! vorrei incontrarti, conoscerti e diventare tua Amica.

Perché?

Intanto perché mi fanno molto sorridere quei genitori che dicono

-Noi siamo amici dei nostri figli, ci diciamo tutto-

Toglietevelo dalla testa!! I figli hanno genitori che NON si sono scelti e Amici che invece SI SONO SCELTI.

Ecco perché vorrei essere un’estranea, e conoscerti, e “lavorarti ai fianchi” fino a scoprire che siamo diventati Amici.

Non per poter sapere le cose che sanno solo gli Amici ma perché sei e sarai per sempre “La Parte Migliore di Me”  ed è questo che VOGLIO da un Amico: che sia una Bella e Buona Persona e stando con Lui mi dia la possibilità di diventare ogni giorno migliore.

Eri un ragazzo tranquillo e posato, sei diventato un Uomo attento e rispettoso.

Sei una persona corretta, impegnata, senza tanti fronzoli ma con le idee ben chiare su quello che vuole e su come raggiungere i propri obbiettivi

Si dice che il frutto non cade mai troppo lontano dalla pianta, e si dice anche che i figli non ascoltano le raccomandazioni dei genitori ma prendono come esempio quello che vedono in famiglia.

Tutto questo mi fa pensare che io e Papà abbiamo fatto un buon lavoro.

Siamo stati fortunati, questo è certo. Perché come ci insegna la natura per avere un buon raccolto servono quattro cose: Un buon seme, un buon terreno, tanta cura e un pizzico di fortuna.

Quindi possiamo usare le sementi migliori del mondo ma su un terreno arido avranno poche speranze, e a nulla servirà innaffiare, concimare e prenderci cura del campo.

Caro il nostro “orticello” … Io e Papà raccogliamo a piene mani i frutti del nostro lavoro proprio perché “il terreno” di base è buono.

Ecco perché vorrei essere un’estranea e provare a diventare tua Amica: perché quello che vedo (che è molto di più di quella parte infinitesimale che mostri agli altri), quello che sento, mi piace molto.

Se sei convinto di essere nel giusto continua ad andare “controcorrente” …

A tal proposito ricorda sempre le parole di Henry Ford

“Quando tutto sembra andare contro di te, ricorda che l’aereo decolla controvento, non con il vento a favore”

BUON COMPLEANNO FIGLIO MIO!!

mercoledì 29 gennaio 2025

LA PANCHINA E’ SEMPRE QUELLA

 

(Foto: Fonte Web)


Soffia un vento freddo, di quelli che vengono dal Nord.

-L’è el Burian- dicono i “vecchi”

Le due donne sedute sulla panchina hanno cappotti pesanti e sciarpe al collo ma niente in testa.

E i loro capelli danzano, si intrecciano, fuggono e poi ritornano.

Le due donne hanno il legame più antico della terra: sono madre e figlia..

Paradossalmente la madre è più giovane della figlia, cristallizzata nel tempo da un destino inclemente.

E paradossalmente, nonostante sia più giovane, i suoi capelli sono bianchi mentre la figlia sfoggia un bel biondo cenere con qualche filo d’argento qua e là.

La mano della madre si posa su quei capelli biondi, li accarezza e dice piano piano:

-sono uguali a quelli di papà, sei stata fortunata!! Anche lui quando mi ha raggiunto, nonostante avesse quasi settant’anni aveva ancora i capelli castani come il giorno che l’ho conosciuto.

Te lo ricordi papà con il ciuffo?-

Eccome che se lo ricorda!! Papà che tornato dal lavoro si lavava e poi armeggiava con la brillantina Linetti per tenere i capelli belli fermi sulla testa e poi quel vezzo: il ciuffo alla Elvis Presley messo in posa con la brillantina proprio al centro della fronte.

Del resto anche la nonna Maria (mamma di papà) aveva mantenuto quel bel castano caldo fino quasi alla fine dei suoi giorni.

Si guardano negli occhi, si stringono le mani … donne così diverse eppure così uguali: madri, mogli ma soprattutto DONNE.

La Figlia vorrebbe raccontarle di quel 2024 appena finito, di come per lei sia stato un  “annus horribilis” … vorrebbe raccontarle le difficoltà, i dolori, i pensieri pesanti.

Ma poi pensa che non sia giusto: il tempo che hanno è così poco che è bene investirlo in cose piacevoli, che la Madre porterà via con sé e custodirà fino al prossimo incontro.

La Madre dal canto suo SA … sa tutto: sente il dolore, la tristezza, i pensieri pesanti.

Era così anche quando la Figlia era bimba prima, ragazzina poi: La Mamma sentiva tutto e aspettava che la Figlia fosse pronta per aprirsi con lei. Alle volte succedeva, altre no, ma alla Madre non sfuggiva nulla.

E così pensa che se la Figlia non ne vuole parlare è perché il dolore è ancora troppo recente ed è bene lasciarlo lì, in fondo al cuore a decantare. Verrà il momento giusto e lei saprà aspettare.

E ognuna insegue i propri pensieri guardando le foglie che si rincorrono spinte dal vento.

Una, la Madre, va ai bei ricordi che hanno insieme e si ritrova a pensare che il tempo trascorso insieme è inferiore a quello che la Figlia ha dovuto vivere facendo i conti con la sua assenza.

Sono state insieme 25 anni. Tanti, pochi? Sono stati 25 anni pieni, ricchi. Da un batuffolino biondo nato poco dopo Natale era sbocciata prima una bimba un po’ timorosa, poi una ragazza con le idee belle chiare e per finire, questa splendida donna che intrecciava le mani alle sue non sapendo cosa dire.

La figlia dal canto suo ha nel cuore pensieri contrastanti: gratitudine per tutto quello che questa piccola grande donna le ha regalato con la sua presenza quando era necessario e per tutto quello che le ha regalato con la sua assenza ma con l'insegnamento da quel lontano 1988 ad oggi.

Rabbia, frustrazione per tutto quello che poteva essere e non è stato: vorrebbe averla al suo fianco ogni giorno, specie quando “il gioco si fa duro”.

Ma è qui, oggi, ed è il più bel regalo che possa farle.

Alza lo sguardo: incontra quegli occhi così simili a quelli di suo figlio e vede la stessa luce che c’è nei suoi.

-E’ l’amore “passerotto”! e quello non ce lo può portare via nessuno. Passeranno gli anni ma l’Amore quello no, non passerà mai- sussurra la mamma mentre si allontana.

-Continuerò ad aspettarti qui ogni anno. Buon Compleanno Mamma!-💝


sabato 11 gennaio 2025

A CACCIA DI AURORE BOREALI –parte quarta-

   
(foto: fonte web)


All’Atelier avevano ricevuto un messaggio laconico da Bea
“Piccolo cambiamento di programma. Tutto sotto controllo. Vi racconto quando torno”

Ma i giorni passavano e non si faceva viva: Il telefono era “staccato o irraggiungibile”
Dopo qualche giorno le sue più strette collaboratrici avevano iniziato a preoccuparsi.
-Sì ok essersi innamorata dell’Islanda e aver voluto prolungare di qualche giorno la vacanza, però almeno chiama, accidenti!!- era sbottata un giorno Serena che ormai non sapeva più cosa pensare.

In Azienda non c’era nessun problema: Bea da tempo aveva iniziato ad addestrare Serena, quindi il lavoro scorreva al solito modo.
Ma era il “privato” quello che impensieriva Serena: Era andata a casa di Bea nei giorni nei quali sapeva di trovare la signora che si prendeva cura della casa e delle piante ma non aveva cavato un ragno dal buco, anzi!! Rosa era preoccupata come e più di lei.
-Le ripeto non è da Bea sparire così!!! Non una telefonata, un messaggio, niente!!- e intanto si asciugava gli occhi umidi.

Poi un giorno Serena aveva ricevuto una telefonata da un noto studio notarile che aveva gli uffici che si affacciavano su una delle più belle piazze della città. La persona che l’aveva contattata la pregava di presentarsi quanto prima per comunicazioni che la riguardavano.
Aveva mollato tutto e si era precipitata: che fosse proprio lì la risposta a tutto questo mistero?
Dopo una breve attesa in una sala d’aspetto che sembrava una galleria d’arte, il notaio l’aveva accolta con un sorriso gioviale e una calorosa stretta di mano.
L’aveva fatta accomodare e aveva in ogni modo cercato di stemperare la tensione che vedeva sul viso di Serena.
Serena di nome ma non di fatto!!

Poi era passato al nocciolo della questione.
-La signora Bea prima di partire mi aveva fatto redigere un atto di donazione a suo favore. Era nel suo intento, una volta tornata dal viaggio, fissare un appuntamento per apporre le firme e concludere l’accordo.
Mi aveva lasciato anche un’altra busta con una frase sibillina “questa la apra se dopo il dieci di gennaio io non mi sarò fatta ancora viva”
Il dieci gennaio, appurato che la signora Bea non dà notizie da qualche giorno, ho aperto la busta e ne dò lettura.-

“Egregio Notaio,
resta fermo tutto quanto come concordato, ma nel caso io non fossi presente il dieci gennaio lei ha già la mia firma sui documenti della donazione. La prego quindi di mettere al corrente la Signorina Serena di tutto ciò che è giusto sapere e poi consolidi la donazione. Serena è la persona più adatta a prendere le redini dell’azienda. So che con lei la mia -creatura- sarà in ottime mani.
Cordialmente
Bea”

-E questo è quanto- aveva concluso il notaio.

Serena era turbata: Bea che non tornava, il notaio che le stava dicendo che apponendo la sua firma in calce al contratto di donazione, diventava immediatamente proprietaria dell’Atelier. Le stava sciorinando numeri e numeri, bilanci consolidati e bilanci preventivi per dimostrarle la solidità della Società. Ma a lei in questo momento non interessava sapere quanto fatturava la Maison, voleva sapere dove caspita si era andata a cacciare Bea!!
-Mi perdoni notaio se le sembro sgarbata ma in questo momento la mia priorità non è l’azienda bensì Bea: Sono giorni che non si fa viva, al cellulare è irraggiungibile; ho sentito l’agenzia che ha organizzato il viaggio in Islanda e mi è stato risposto che Bea ha salutato i suoi compagni di viaggio e la guida davanti all’aeroporto e nessuno ha notato qualcosa di strano. Abbiamo contattato la guida Islandese, la signorina Isadora e anche lei ci ha confermato di non aver avuto nessun sentore che Bea potesse avere qualche problema, anzi le era sembrata molto entusiasta di questo viaggio ed era forse la persona maggiormente attratta dall’aurora boreale. Io veramente non so cosa pensare: vorrei fare denuncia di scomparsa ma con quali basi? E’ una donna adulta e vaccinata e se ha deciso di prolungare la vacanza è libera di farlo. Ma non è da lei sparire così senza dare notizie di sé. Lo sa quanto tutti ci teniamo a lei e quindi dovrebbe immaginare quanto siamo preoccupate-
-Vedrà che tutto si risolverà per il meglio. Magari ha semplicemente “annusato” odore di business e si è fermata laggiù per questo motivo- aveva sentenziato serafico il notaio.
-Speriamo che sia così … comunque per firmare le carte magari passo un altro giorno .. prima vediamo cosa combina quella disgraziata!!-

Ma non era destino che la matassa si districasse così velocemente anzi!!
Una mattina sulla mail collegata ai conti bancari era arrivato un messaggio da una società islandese di noleggio che chiedeva conto di un camper noleggiato all’aeroporto si Reykjavik il giorno 5 gennaio e non ancora restituito nonostante fosse scaduto il termine.
Serena era sprofondata nella poltrona.
-Ecco lo sapevo!!Le è successo qualcosa!! Se ha noleggiato un camper e non lo ha restituito in tempo sicuramente è perché non può!! E se non può vuol dire che le è successo qualcosa!! Devo partire, devo andare là, devo fare denuncia!! Probabilmente il camper ha un sistema satellitare quindi si riuscirà a recuperarlo e recuperandolo si potrà capire qualcosa di più. Non posso stare qui … devo essere là vicino!!-
A nulla erano valse le frasi di rassicurazioni delle altre ragazze dell’ufficio. Ormai aveva deciso. Aveva chiamato l’agenzia di viaggi e il giorno dopo, nel buio più totale nonostante fossero da poco passate le 16, era atterrata a Reykjavik.
Per prima cosa si era recata all’agenzia di noleggio per scoprire che effettivamente tutti i mezzi erano dotati di sistema di controllo satellitare ma che, per la legge sulla privacy, non potevano utilizzarli se non in presenza di una denuncia di scomparsa.
Il passo successivo era stato quello di chiamare un taxi e farsi portare ad un posto di Polizia per fare la denuncia. Aveva contattato Isadora come interprete per non incorrere in errori o fraintendimenti.
Isadora si era dimostrata molto stupita quando era venuta a conoscenza dei risvolti che aveva preso la faccenda, non si capacitava e ripeteva:
-Giuro che era tranquilla! Interessata, ripeto forse un po’ più “ammaliata” degli altri dalle Aurore ma niente di più. Ha fatto un sacco di fotografie fino a quando ci siamo abbracciati in aeroporto. Non è l’atteggiamento di una che sta pensando di sparire!-
Una volta espletate le formalità con la Polizia, erano tornate dal noleggiatore e avevano esibito copia della denuncia.
L’impiegato dell’agenzia si era dimostrato solerte anche se l’orario di chiusura era passato da parecchio e dopo un po’ che digitava codici e stringhe alfanumeriche si era girato con un sorriso e aveva mostrato il monitor.
Al centro del monitor lampeggiava un bollino blu: era il camper di Bea.
Isadora aveva studiato un po’ la zona e aveva sentenziato:
-Ci toccherà aspettare domani. E’ troppo lontano e troppo fuorimano per avventurarsi su piste neanche tanto battute in piena notte: Dai Serena, per stanotte ti ospito io e domani andiamo a recuperare Bea e a dirgliene quattro per lo spavento che ci ha fatto prendere!-

Erano salite sull’auto di Isadora e in breve avevano lasciato la città. Serena era un fascio di nervi e non sapeva davvero più cosa pensare. Ad un tratto, alzando gli occhi pieni di lacrime aveva visto qualcosa di unico e magico all’orizzonte.
Aveva sgranato gli occhi e trattenuto il fiato restando estasiata di fronte a quello spettacolo della natura.
Era come se quelle luci le volessero mandare un messaggio di pace e tranquillità.
Isadora si era accorta di questo repentino cambiamento di atteggiamento da parte di Serena e aveva detto a bassa voce:
-Capisci adesso cosa intendevo quando dicevo che Bea era ammaliata da questa “magia”?-
Serena era rimasta in silenzio, le parole erano più che mai superflue.
Aveva cenato e poi si era coricata ben sapendo che avrebbe fatto fatica ad addormentarsi.
A mezzanotte, il suo telefono, quello di Isadora e quello di tutti i compagni di viaggio di Bea, avevano vibrato ricevendo un messaggio.

-Amici cari,
Isadora l’ultimo giorno non ha fatto in tempo a raccontarci le leggende sulle Luci del Nord che ancora avevamo in sospeso, così se permettete, lo faccio io.
Per giorni abbiamo sentito storie di animali collegati alle leggende dell’Aurora Boreale e anche in Svezia non fanno eccezione: si racconta infatti che i pescatori svedesi vedano nelle luci il riflesso di grandi banchi di aringhe, quindi un buon auspicio per una pesca abbondante.
In Danimarca invece si racconta di uno stormo di cigni intrappolati in un lago ghiacciato. Lo sforzo di sbattere le ali per liberarsi avrebbe creato le luci che si scorgono in cielo.
Da ultimo, o forse no, la credenza Cinese: si racconta che i bagliori che vediamo in cielo siano il riverbero del respiro infuocato di un Drago.
Ma la Leggenda più bella secondo me è questa: si racconta che ogni 100 anni una donna venga scelta dagli Dei per vivere con Loro, abitare nel punto dove nasce l’Aurora e lì rimanere per sempre, a tessere la tela dai mille colori cangianti che vediamo in cielo nelle notti d’inverno.
La leggenda racconta che l’ultima donna della quale si sono perse le tracce risulta scomparsa nel 1923.
O forse dovrei dire “la penultima”…
Gli Dei dell’Aurora mi hanno chiamato da così lontano, mi sono sentita una prescelta e non potevo dire di no: sarebbe stato scortese, vi pare?
Vi abbraccio
Beatrice la tessitrice.-

venerdì 10 gennaio 2025

A CACCIA DI AURORE BOREALI –parte terza-

   (foto: fonte web)

Aveva sognato volpi e luci che danzavano … aveva sognato se stessa avvolta da una lunga tunica bianca che camminava verso l’aurora boreale … e più lei avanzava più quella si allontanava.
Si ridestò molto prima del suono della sveglia … tutto era silenzioso. Era veramente dove voleva essere.
Il sogno le aveva lasciato una sorta di malinconia che non sapeva spiegarsi … come se l’aurora boreale fosse un sogno irraggiungibile.
-Ohi Bea, che brutto effetto che ti fa diventar vecchia!- si disse saltando giù dal letto e fiondandosi sotto la doccia bollente.
Il villaggio vichingo aveva deluso un po’ tutti: di reale risalente all’epoca dei vichinghi conservava praticamente nulla. Era stato fatto un sapiente lavoro di ricostruzione ma sembrava di essere sul set di un film.
La nota interessante era invece rappresentata dal museo e dalla taverna: nel primo si potevano trovare tutte le informazioni sulla cultura Islandese, nel secondo ci si poteva sedere in lunghe tavolate, ordinare una “fiskisupa” (zuppa di pesce) e consumarla chiacchierando amabilmente con lo sconosciuto che sedeva di fronte. E lo sconosciuto poteva essere vestito di pelli e con un elmo dalle lunghe corna come copricapo.
Dopo essersi ristorati e scaldati era di nuovo tornato il momento di andare a caccia di aurore boreali: questa volta non era servito nemmeno “andare a caccia”. Infatti usciti sullo spiazzo antistante la taverna, in cielo era in atto uno spettacolo impareggiabile.
Continuava a chiedersi perché su di lei quelle luci avessero un fascino e un’attrazione così forti … come se qualcuno la stesse chiamando.
-Sto diventando troppo suggestionabile. Ho letto un sacco di articoli e so come si formano queste scie, ed è tutto perfettamente spiegabile in modo scientifico. Sì ok le leggende che ci ha raccontato ieri Isadora, ma sono appunto leggende!!-
E allora perché il pensiero che l'indomani sarebbe tornata alla sua vita di tutti i giorni la immalinconiva? Perché l’idea di non uscire più di notte alla ricerca delle luci del nord le pesava sul petto come un macigno?
Si era alzato un vento freddo che neanche i soffici piumini riuscivano a contrastare. Dopo un po’ tutti si erano detti d’accordo nel voler tornare al tepore delle loro stanze.
Ma la strada era lunga e Isadora aveva tenuto fede alla promessa fatta la notte precedente:
-Vi ricordate che ieri sera vi ho raccontato due leggende che avevano come protagonisti le aurore boreali e gli animali? Stasera vi racconto le credenze Lapponi. La Lapponia è grande (attraversa ben quattro stati!) e tante sono le storie. Il popolo dei Sami chiama l’aurora boreale guovssahas che è un termine che ha più di un significato. Infatti questa parola si può tradurre anche in “Luce che si ascolta” ma è anche il nome della ghiandaia siberiana, un vivace uccello dalle ali colorate. Si racconta che la ghiandaia siberiana sia la custode delle anime dei cacciatori e ucciderne una, anche per sbaglio, è presagio di sventura. Esattamente come l’uccellino, anche l’aurora boreale è spesso associata agli spiriti dei defunti ed è per questo che il popolo Sami quando vede la vede mantiene un contegno rispettoso, spingendo anche i più piccoli al silenzio.
Gli spiriti infatti non vanno disturbati in alcun modo.
Altri sostengono che le luci del nord sia la schiuma delle onde soffiata dalle balene, altri ancora vedono negli archi di luce i cancelli d’entrata di una mitica regione del nord.
Norvegesi e Islandesi associavano le aurore boreali al mito dei vichinghi: erano convinti che le luci derivassero dal riflesso del sole sugli scudi delle Valchirie. Le vergini guerriere venivano mandate sulla terra da Odino per scegliere gli Einheriar, ovvero gli eroi destinati a morire in battaglia. La comparsa in cielo dell’aurora significava che da qualche parte era in atto una guerra e che qualcuno presto sarebbe morto.
E poi ci sono gli svedesi, i danesi , gli estoni e ognuno di questi popoli dà la sua interpretazione … adesso però siamo arrivati a destinazione e le ultime leggende ve le racconto domani andando verso Reykjavik.
Domattina sveglia presto che ho ancora un sacco di cose da farvi vedere per farvi innamorare definitivamente e senza scampo della mia terra!-
Isadora aveva fatto una smorfia come una bimba dispettosa ed era sparita nei corridoi dell’albergo.
Il gruppo dei turisti, al contrario delle sere precedenti faceva fatica a “rompere le righe”, nonostante fosse consapevole delle poche ore a disposizione per il sonno.
Si erano attardati un po’ nella hall, si erano scambiati i nr di telefono promettendosi di non perdersi di vista una volta tornati alla vita di tutti i giorni e finalmente, vinti dalla stanchezza, si erano ritirati nelle proprie camere.
Il giorno dopo la visita al centro della capitale era stata bella e interessante anche se, forse, un po’ troppo breve: foto di rito vicino al Sòlfar, la scultura in acciaio che rievoca una nave vichinga, breve passeggiata attorno all’ Harpa Concert Hall, un auditorium completamente in vetro che si riflette sull’acqua e che è sede dell’Orchestra Sinfonica e dell’Opera.
Una piccola sosta per ammirare, nei pressi del museo marittimo, il vascello Oddin, che prese parte alle guerre per il merluzzo tra Islanda e Gran Bretagna nella seconda metà del ‘900.
Qualcuno leggeva una guida della città per capire cosa ancora si potesse vedere nel tempo che restava. Ad un certo punto una risata: prima leggera, partita sottovoce, poi man mano che il volumetto passava di mano, sempre più potente, tanto da far girare il capo alle persone che passavano nei pressi.
Il più birichino si rivolse a Isadora tossicchiando: - Ehm scusa … non è che potremmo saltare le terme e andare a visitare un museo?- chiese con fare angelico.
-Lo sai che sei il primo che mi fa una proposta del genere? Solitamente i “non indigeni” smaniano per andare alle sorgenti geotermali che sorgono qui poco distante. Per me va bene se il gruppo è contento. Avevate in mente un museo in particolare? Quello delle balene, oppure il museo marittimo Vikin. Altrimenti c’è il museo della saga islandese, o ancora il museo nazionale …. Ditemi voi-
-In realtà non hai nominato proprio quello che ci interessa … noi … ecco … volevamo visitare il museo fallologico!! Leggo sulla guida “Il museo raccoglie una collezione di oltre 200 peni imbalsamati più altre opere di forma fallica”- Non aveva ancora finito l’ultima parola che l’intero gruppo era scoppiato in una fragorosa risata.
Isadora aveva spalancato gli occhi un po’ titubante, prima di capire che era tutto uno scherzo ideato per metterla un po’ in difficoltà. E ci erano riusciti eccome!
-Dai fate i bravi! Sembrate i ragazzini in gita con la maestra. Adesso vi porto a vedere la chiesa di Hallgrimur nella città vecchia … venite, vedrete che spettacolo!! Non ci si può sbagliare. La si vede anche da lontano-
Ed infatti la chiesa, con la sua facciata alta 75 mt era visibile anche a 20 km di distanza.
Facciata imponente ma ancora più imponente l’organo che vi era all’interno con le sue 5275 canne.
Terminato il tour della città era stata la volta delle terme … un po’ di relax prima dell’imbarco.
Davanti all’aeroporto si erano salutati e mentre gli altri entravano per cercare i banchi dove fare il check-in, Bea si era attardata all’esterno.
C’era un pensiero che le ronzava in testa sin da quando si era alzata: spostare il volo di rientro di un giorno e andare, questa volta da sola, alla ricerca delle luci del nord per l’ennesima volta.
Si era guardata intorno, aveva percorso un breve tragitto ed era entrata nel concessionario che noleggiava camper.
Aiutandosi con Google traduttore e con la carta di credito Platinum era riuscita a farsi capire perfettamente …

 

martedì 7 gennaio 2025

A CACCIA DI AURORE BOREALI –parte seconda-

(foto: fonte web)

02 e 03 gennaio 2023

E il grande giorno era arrivato: la valigia era pronta.

Sullo scrittoio le carte del notaio solo da firmare, ma prima qualche giorno di “stacco”, poi sarebbe tornata per sistemare le ultime faccende prima del meritato riposo.

Aveva scelto per questa “prova tecnica” un luogo che l’aveva sempre affascinata dove però non era mai riuscita ad andare: un luogo incantevole e al contempo misterioso, dove immaginava avrebbe respirato pace e silenzio.

Lei che per tutta la vita aveva viaggiato acquistando da sola voli e hotel, in questo caso si era rivolta ad un tour operator che l‘avrebbe accompagnata passo passo a conoscere l’Islanda e le sue aurore boreali.

Anche questo era un segnale che qualcosa stava cambiando in lei: si stava affidando a qualcun altro. Lei che si era sempre fatta il vanto di essere indipendente e intraprendente, per la prima volta aveva deciso di abdicare e lasciar fare tutto il lavoro a chi sicuramente ne sapeva di più. Anche questo poteva vederlo come un nuovo inizio. Godersi solo il meglio di ogni esperienza.

Il "beep" del citofono risuonò nella casa silenziosa : il taxi che l’avrebbe portata in aeroporto la aspettava all’ingresso.

Un’ultima occhiata all’appartamento: tutto era in ordine. Alle piante avrebbe pensato la signora Rosa che due volte la settimana riordinava, faceva lavatrici, asciugatrici, stirava e passava l’aspirapolvere.

In fondo si trattava solo di pochi giorni … una sorta di “piccolo assaggio” di quello che sarebbe stata la sua vita da febbraio in poi … tutti i viaggi che non aveva mai fatto in vita sua (ce n’erano di posti che non aveva mai visto!! Ma anche posti dove si era recata solo per lavoro e che avrebbe voluto visitare e scoprire) ma anche lunghi periodi a casa, a fare la turista in quella grande città che l’aveva adottata quarant’anni prima.

E poi chissà! Magari avrebbe scoperto qualcosa di nuovo da fare per riempire le tante ore lasciate vuote da quell’amante esigente che era stato il lavoro per tutta la sua vita.

La sua vita che in qualche modo aveva ricalcato quella di Sophia: entrambe donne determinate, amanti di quel lavoro che avevano scelto da ragazzine … un lavoro impegnativo, non sempre facile ma ricco anche di tante soddisfazioni.

Ah Sophia e la sua innata eleganza!! Ci aveva provato ad imitarla ma tutto quello che pareva “naturale” sulla sua mentore, per lei era sofferenza e sacrificio … assomigliava più a Maria, la prima persona che aveva creduto in lei.

Le scarpe tacco 10 che supplizio!! Le indossava solo nelle grandi occasioni, avendo sempre in borsa le amate Reebok con le quali fare il cambio il prima possibile.

Stare ore e ore dal parrucchiere o dall’estetista era una tortura … stava di gran lunga meglio nel suo laboratorio in mezzo alle sue creazioni.

Di Bea i giornali parlavano spesso apostrofandola come “colei che vestiva di poesia le donne”.

Le piacevano i tessuti leggeri, quasi impalpabili … e poi i colori: in ogni sua collezione NON c’era mai un colore predominante, ma tante sfumature che incontravano i favori delle sue clienti.

Ecco perché aveva scelto di andare a caccia di Aurore Boreali: le foto che aveva visto di quello che veniva definito “il fenomeno delle luci del nord” erano l’idea che aveva per le sue creazioni. Pennellate di colori anche profondamente diversi che si fondevano in un gioco armonico.

Il citofono suonò ancora ridestandola dai suoi pensieri.

-presto che è tardi!!- si disse chiudendosi alle spalle la porta di casa.

All’aeroporto aveva incontrato Isadora, giovane guida islandese con la quale avrebbe condiviso, assieme ad altri viaggiatori, questa esperienza unica.

Era ricorsa a Isadora perché nonostante parlasse correntemente 3 lingue oltre all’italiano, non conosceva una parola di islandese e aveva il timore di non capire e di non farsi capire dagli abitanti di quella grande isola dell’oceano Atlantico a metà strada tra Gran Bretagna e Groenlandia.

Durante il volo Isadora aveva raccontato per sommi capi come si sarebbe svolto il viaggio e come pensava di organizzare le uscite:

-Appena arrivati troveremo un mezzo che ci condurrà nel luogo dove pernotteremo. Il viaggio durerà circa 2 ore e vi consiglio di ammirare i panorami che attraverseremo anche perché le ore di luce in questo periodo sono veramente poche e all’arrivo in hotel sarà già notte:

Questa sera vi lascio riposare. Cena e poi nanna presto, immagino sarete un po’ stanchi dopo il viaggio.

Domani ci si alza molto presto perchè tanta è la strada da percorrere per arrivare alle grotte naturali del ghiacciaio più grande d'Europa: faremo il tour delle medesime e poi, con il calar delle tenebre andremo a caccia dell’Aurora Boreale. Il pomeriggio seguente dopo che vi sarete riposati tutta la mattina avendo fatto “le ore piccole”, andremo a visitare un caratteristico villaggio vichingo per poi tornare ad ammirare l'Aurora Boreale non appena scenderà la notte.

Il terzo giorno ci sposteremo verso la capitale e dopo un breve giro turistico nel centro città visiteremo la zona termale della Laguna blu dove potrete rilassarvi in attesa di fare ritorno in aeroporto. Qui ci saluteremo prima che vi imbarchiate. Mi auguro che questo piccolo tour semini in voi il desiderio di tornare ancora qui, magari in un altro periodo dell’anno tipo giugno o luglio, dove le Aurore Boreali non si vedono più ma potrete ammirare il sole di mezzanotte e divertirvi visitando i vari festival che animano il territorio durante la nostra breve estate. Segnatevi il festival vichingo e il folk music festival.-

Arrivati a destinazione, il personale dell’hotel aveva assegnato le camere e consegnato un piccolo vademecum sugli orari di colazione e cena e principali attrazioni del paese mese per mese.

Leggendolo Bea aveva notato che gennaio, complici le giornate molto corte e il freddo intenso, non offriva tanto aldilà della possibilità di vedere le aurore boreali. Del resto lei aveva scelto quel periodo proprio per ammirare le luci del nord. Avrebbe programmato un altro viaggio in un altro periodo per conoscere meglio il territorio e quello che offriva.

Si era stesa sotto il piumone con l’intento di fare un piccolo sonnellino e poi scendere in sala e scambiare qualche parola con gli altri viaggiatori prima della cena. Tempo cinque minuti e dormiva come un angioletto.

L’aveva risvegliata il bussare prima leggero e poi sempre più insistente di Isadora che la chiamava dal corridoio. Aperta la porta con ancora addosso il pigiama, aveva scoperto di aver dormito per dieci ore filate saltando la cena. La sua pancia infatti stava brontolando.

Dopo una doccia a tempo di record era scesa nella sala comune scoprendo una colazione ricca di cose davvero per tutti i gusti: se amavi il dolce c’erano a disposizione yogurt con frutta e musli, marmellate da spalmare sul pane nero tradizionale, pancake e porridge. Se invece prediligevi il salato potevi trovare uova strapazzate o frittate con erbette, toast con salmone affumicato, aringhe, formaggi e burro salato.

Bea amava assaggiare le cose tipiche dei posti che la ospitavano … secondo lei era fare un viaggio dentro il viaggio, era un altro modo per avvicinarsi a chi viveva i quei luoghi.

Aveva fatto una colazione abbondante e varia ( molto abbondante e molto varia, praticamente aveva assaggiato ogni cosa fosse presente nel buffet) era risalita in camera giusto per indossare stivali e piumino e poi erano partiti per il loro primo giorno alla conquista dell’Islanda.

Per la prima parte avevano viaggiato avvolti dal buio più assoluto ma man mano che passavano i minuti il cielo aveva cominciato a schiarire e davanti a loro lo scenario era da favola … tutto innevato, si aspettava da un momento all’altro di veder sbucare la slitta di Babbo Natale.

La visita alla grotta blu nel più grande ghiacciaio d’Europa l’aveva letteralmente lasciata senza fiato.

Era entrata nel mood giusto. Godersi la vacanza e lasciarsi avvolgere dalla bellezza della Natura che qui la faceva veramente da padrona.

Tornati all’aperto la luce era quasi totalmente scomparsa lasciando spazio alla notte e ad un cielo trapuntato di stelle che le fece ricordare la Cappella degli Scrovegni dipinta da Giotto. Un’emozione che non si poteva raccontare.

Si erano fermati a mangiare e soprattutto a bere qualcosa di caldo. Le temperature erano davvero rigide!! Meno male che su consiglio di Sophia aveva acquistato degli stivali foderati di pelliccia ecologica e un piumino che nella pubblicità prometteva di mantenere un bel tepore anche a -10. E infatti il suo corpo era abbastanza caldo ma il naso no!! Quello sembra congelato e in procinto di spezzarsi e cadere come se fosse stato di cristallo!!

Ed ecco che era di nuovo ora di rimettersi in viaggio!! La parte più emozionante arrivava adesso. E se non fossero riusciti a vedere nemmeno un’Aurora? Non c’era niente di sicuro, tant’è che il tour si chiamava “ a caccia dell’Aurora Boreale” e non, ad esempio “alle ore 18 appuntamento con Aurora Boreale”.

Isadora le si era avvicinata silenziosamente e le aveva sussurrato:

-Ti vedo pensierosa e riflessiva. Se posso chiedere: cosa ti passa per la testa? Hai qualche dubbio sul fatto che riusciremo a vedere quello spettacolo che ogni anno attira centinaia e migliaia di turisti da tutto il mondo? Tranquilla, da quando lavoro con Hans ,il cacciatore di Aurore, nessuno è mai tornato a casa deluso. Dovessimo anche girare in lungo e in largo per 10-12 ore ma l’Aurora prima o poi si farà vedere.-

Ed infatti avevano viaggiato in lungo e in largo per chissà quanto tempo … l’unica luce che vedevano era quella proiettata dai fari della jeep sulla pista ghiacciata che fungeva da strada.

Qualcuno ogni tanto, cullato dal tepore all’interno dell’abitacolo si assopiva per qualche istante, per risvegliarsi al primo scossone. Qualcun altro era immerso nei propri pensieri, qualcuno canticchiava a bassa voce. Tutti erano lì, insieme, ma ognuno viveva a modo proprio l’attesa …

Ad un tratto Hans aveva frenato dolcemente sulla neve fresca che ricopriva il ghiaccio, si era girato verso gli ospiti della jeep con il sorriso delle grandi occasioni e indicando il nulla davanti a sé aveva detto:

-Prego, scendete …. Lo spettacolo è iniziato-

Erano scesi e all’orizzonte avevano visto danzare davanti a loro archi e raggi di luce dai colori iridescenti che cambiavano forma in continuazione.

Era uno spettacolo da lasciare letteralmente senza parole ...

Aveva un che di ipnotico e quando risalirono sul mezzo che li avrebbe riportati in hotel nessuno sapeva dire quanto tempo fosse trascorso.

Isadora per tenere alta l’attenzione del gruppo aveva esordito così:

-Ci sono tante leggende che riguardano le aurore boreali … alcune dicono che siano di buon auspicio, altre invece l’esatto opposto.

Una leggenda finlandese racconta di una volpe. Chi fosse riuscito a prenderla sarebbe diventato ricchissimo fino alla fine dei suoi giorni. La volpe però era velocissima e non si faceva prendere. Era così veloce che correndo, quando la sua coda toccava il ghiaccio sprigionava scintille. E quelle scintille, salendo verso il cielo creavano l’aurora boreale. In finlandese infatti questo fenomeno si chiama “revontulet” letteralmente “i fuochi della volpe”.

Un’altra leggenda racconta che la Luna, accortasi che da sola non riusciva ad illuminare le lunghe notti scandinave, chiese aiuto gli animali della foresta. Accorsero un’orsa, un’aquila, un ariete e altri animali che la Luna prontamente posizionò in cielo facendoli diventare costellazioni.

Anche un volpacchiotto corse al richiamo della Luna, ma in cielo non c’era più posto. Sconsolato stava per ritornare a casa quando la Luna decise di dargli un compito speciale: avrebbe scorrazzato libero per l’intero firmamento. E così. ancora oggi, ogni volta che si muove, lascia dietro di sé una scia di luce così potente da illuminare l’intero paese.

E poi ce ne sono tante altre ma ve le racconto domani sera, quando saremo nuovamente sul sentiero del ritorno.-

Quella notte Bea sognò una piccola volpe che correva nel cielo …

sabato 4 gennaio 2025

A CACCIA DI AURORE BOREALI –parte prima-

 
(foto: fonte web)

01 gennaio 2023

Il giorno dopo Bea avrebbe festeggiato il suo compleanno, un compleanno “tondo” di quelli che ti spingono a tirare le somme.

Ne aveva fatta di strada la sartina partita da un paese in provincia e approdata a poco più di vent’anni nella grande metropoli.

Testa bassa e duro lavoro: aveva cominciato in un semplice laboratorio di confezioni su misura dove inizialmente aveva imparato ad imbastire (chilometri e chilometri di imbastiture!), poi a prendere le misure, a disegnare i cartamodelli ed infine a tagliare e confezionare i capi.

Quando la signora Maria un giorno l’aveva presa da parte, lei aveva un po’ tremato al pensiero che non fosse contenta del suo lavoro: e invece, la signora Maria, che aveva preso a cuore quella ragazzina piena di buona volontà, le aveva candidamente confessato che ormai non aveva più nulla da insegnarle e che per lei era arrivato il momento di “spiegare le ali” verso orizzonti più vasti.

-Vuol dire che mi licenzia?- aveva chiesto timorosa Bea.

-Ma no scema!! Voglio dire che ho un’amica che ha fatto più carriera di me e adesso ha una “Maison” famosa e cerca ragazze volenterose e capaci. A cena l’altra sera mi chiedeva se avessi qualche nome da darle e io ho pensato subito a te!-

-Sì … ma … una Maison famosa?? E se poi non sono all’altezza? Le faccio fare brutta figura con la sua amica!!-

-Fidati, sarai all’altezza. Ne sono passate tante di ragazze qui da me in sartoria e so riconoscere “un cavallo di razza” quando lo vedo. E tu ragazza mia SEI UN CAVALLO DI RAZZA!!- così dicendo l’aveva abbracciata e l’aveva spedita verso il suo futuro.

Che emozione era stata entrare il primo giorno nella “Maison” in pieno centro!! Tre piani di Alta Sartoria.

Specchi alle pareti alti fino al soffitto, ragazze indaffarate che correvano qua e là, tessuti di tutti i tipi e colori … per un attimo, ma solo per un attimo aveva pensato di fare dietro-front e tornare alla vecchia sartoria che era stata il suo mondo per tutti quegli anni.

Ma poi le era tornata in mente la frase “ e tu ragazza mia SEI UN CAVALLO DI RAZZA!” aveva drizzato le spalle e si era avvicinata alla reception: in un batter d’occhi era stata presentata al “Boss” dell’Atelier.

Sophia ( con la “ph” ci teneva a sottolineare la diretta interessata) le era andata incontro con un sorriso a dir poco abbagliante.

Nonostante fosse coetanea della signora Maria, le due donne parevano non aver nulla in comune: Rotondetta, materna e sempre un po’ scarmigliata” la sua precedente “datrice di lavoro” , elegante, “trucco e parrucco” perfetti e un fisico da mannequin la donna che le stava davanti.

Completavano l’insieme un profumo lieve e persistente, un tailleur grigio acciaio e un paio di Loubutin abbinate alla borsa appoggiata sul divano.

A Bea girava un po’ la testa non abituata a tanto lusso.

Dopo uno scambio di convenevoli durante i quali era venuta a sapere che Maria aveva insistentemente caldeggiato la sua assunzione alla Maison, erano passate alle cose pratiche: contratto, orario di lavoro, retribuzione.

Sophia era stata chiara fin da subito che nei periodi precedenti alle sfilate di moda non c’erano orari, l’unico obbiettivo era che tutto fosse perfetto, a qualunque costo. Bisognava dimenticarsi di famiglia, amici e passioni e dedicarsi esclusivamente al lavoro.

Bea ascoltava e pensava che in città non aveva famiglia né amori, amicizie poche, e passioni, a parte cucire e qualche buon libro, nessuna. Era la candidata ideale per quel posto.

L’unica cosa che le dava soddisfazione era mettere su carta prima e su stoffa poi, le idee che le passavano per la testa.

Il lavoro fin da subito l'aveva assorbita completamente: tante erano le cose da imparare e il tempo sembrava non bastare mai. Così si ritrovava sempre più frequentemente a essere una delle ultime ad uscire quando ormai era sera inoltrata: certi giorni prima ancora di alzare gli occhi dal cartamodello che stava preparando si accorgeva di essere rimasta sola dal silenzio che regnava nella grande sala. Alzava il capo e vedeva, nell’ufficio di là dal vetro, Sophia alle prese con telefonate intercontinentali oppure mentre studiava alcune modifiche da apportare sul modello indossato dal manichino.

Le piaceva quella donna: era la prima ad arrivare e quella che chiudeva la porta alla sera. Era brava a motivare la squadra quando serviva, se doveva fare qualche appunto lo faceva in privato con la diretta interessata e sempre con garbo.

In uno dei suoi sogni ad occhi aperti Bea aveva pensato che, da grande, le sarebbe piaciuto diventare come Sophia.

Di contraltare Sophia guardava Bea e rivedeva lei 30 anni prima: stesso temperamento, stessa smania di imparare, stesso impegno e stessa passione.

Sophia era una donna che aveva rinunciato a tutto per la carriera, per inseguire il suo sogno: niente marito, figli, una famiglia dove tornare la sera. Non aveva rimpianti: era partita da zero e ora era uno degli Atelier più conosciuti e quotati.

A questo stava pensando Bea in quel primo giorno del 2023, alla soglia dei suo sessantesimo compleanno:

Aveva imparato tanto, Sophia apprezzava il suo entusiasmo e piano piano le aveva passato tutto il suo sapere: l’aveva spedita in giro per il mondo a cercare tessuti particolari, a proporre modelli estrosi all’altro capo del pianeta.

Poi un giorno, finita una sfilata che era stata un successo, quando le luci del palco si erano spente, Sophia l’aveva invitata a sedersi con lei nella platea ormai vuota e le aveva detto tutto d’un fiato:

-questa sfilata è stata il mio “Canto del cigno” … ho deciso di ritirarmi a vita privata e provare a fare un po’ delle cose che mi sono persa, tutta intenta a rincorrere il successo. Bada: sono felicissima di quello che ho fatto, ma adesso sento che è ora di fare altro. Tu lo sai quanto io stimi te e  tutto il lavoro che hai fatto in questi anni. Quindi domani ce ne andiamo dal Notaio, firmiamo l’atto di donazione, il Boss diventi tu e io finalmente me la godo!!-

Bea era rimasta senza parole. Le colleghe la prendevano spesso in giro per il suo attaccamento al lavoro, le dicevano che era la “delfina” di Sophie e che un giorno avrebbe ereditato tutto. Ma scherzavano!! E invece …

-Sophie, non so cosa dire.  Sai che amo questo lavoro, sai che ho dato tutta me stessa perché tutto andasse sempre bene ma non credo di meritare tanto!-

-Proprio perché ti conosco ho deciso così- aveva replicato Sophie. – so che manderai avanti l’Atelier esattamente come farei io e questo mi fa pensare che tutto il lavoro fatto da me continuerà con te. E poi ho deciso così e basta. Direi che un po’ di riposo me lo sono meritato no?-

Ne erano passati di anni da quel giorno … Sophie era invecchiata splendidamente cercando di rifarsi del tempo perduto. Ogni tanto passava ancora alla Maison e la rimproverava bonariamente perché lavorava troppo e immancabilmente le diceva:

-Guardati attorno e trova quella più brava alla quale lasciare tutto e poi goditi un po’ la vita!!-

Ed effettivamente da un po’ Bea aveva puntato gli occhi su Serena, brava e ambiziosa al punto giusto. L’Atelier sarebbe passato in ottime mani. Le carte erano già pronte dal Notaio: una firma e via! Quello che aveva ricevuto in dono tanti anni prima, sarebbe passato, in dono, a chi ne avrebbe sicuramente fatto buon uso.

Al ritorno dalle festività natalizie l’avrebbe invitata a cena e poi avrebbero concluso l’accordo.

Ma prima c’era il suo compleanno da festeggiare. E aveva organizzato qualcosa di speciale, di veramente speciale …