Il
giorno dopo Bea avrebbe festeggiato il suo compleanno, un compleanno “tondo” di
quelli che ti spingono a tirare le somme.
Ne aveva
fatta di strada la sartina partita da un paese in provincia e approdata a poco
più di vent’anni nella grande metropoli.
Testa
bassa e duro lavoro: aveva cominciato in un semplice laboratorio di confezioni
su misura dove inizialmente aveva imparato ad imbastire (chilometri e
chilometri di imbastiture!), poi a prendere le misure, a disegnare i
cartamodelli ed infine a tagliare e confezionare i capi.
Quando
la signora Maria un giorno l’aveva presa da parte, lei aveva un po’ tremato al
pensiero che non fosse contenta del suo lavoro: e invece, la signora Maria, che
aveva preso a cuore quella ragazzina piena di buona volontà, le aveva
candidamente confessato che ormai non aveva più nulla da insegnarle e che per
lei era arrivato il momento di “spiegare le ali” verso orizzonti più vasti.
-Vuol
dire che mi licenzia?- aveva chiesto timorosa Bea.
-Ma no
scema!! Voglio dire che ho un’amica che ha fatto più carriera di me e adesso ha
una “Maison” famosa e cerca ragazze volenterose e capaci. A cena l’altra sera
mi chiedeva se avessi qualche nome da darle e io ho pensato subito a te!-
-Sì … ma
… una Maison famosa?? E se poi non sono all’altezza? Le faccio fare brutta
figura con la sua amica!!-
-Fidati,
sarai all’altezza. Ne sono passate tante di ragazze qui da me in sartoria e so
riconoscere “un cavallo di razza” quando lo vedo. E tu ragazza mia SEI UN
CAVALLO DI RAZZA!!- così dicendo l’aveva abbracciata e l’aveva spedita verso il
suo futuro.
Che
emozione era stata entrare il primo giorno nella “Maison” in pieno centro!! Tre
piani di Alta Sartoria.
Specchi alle pareti alti fino al soffitto, ragazze indaffarate che correvano qua e là, tessuti di
tutti i tipi e colori … per un attimo, ma solo per un attimo aveva pensato di
fare dietro-front e tornare alla vecchia sartoria che era stata il suo mondo
per tutti quegli anni.
Ma poi
le era tornata in mente la frase “ e tu ragazza mia SEI UN CAVALLO DI RAZZA!” aveva
drizzato le spalle e si era avvicinata alla reception: in un batter d’occhi era
stata presentata al “Boss” dell’Atelier.
Sophia (
con la “ph” ci teneva a sottolineare la diretta interessata) le era andata
incontro con un sorriso a dir poco abbagliante.
Nonostante
fosse coetanea della signora Maria, le due donne parevano non aver nulla in
comune: Rotondetta, materna e sempre un po’ scarmigliata” la sua precedente
“datrice di lavoro” , elegante, “trucco e parrucco” perfetti e un fisico da
mannequin la donna che le stava davanti.
Completavano
l’insieme un profumo lieve e persistente, un tailleur grigio acciaio e un paio
di Loubutin abbinate alla borsa appoggiata sul divano.
A Bea
girava un po’ la testa non abituata a tanto lusso.
Dopo uno
scambio di convenevoli durante i quali era venuta a sapere che Maria aveva
insistentemente caldeggiato la sua assunzione alla Maison, erano passate alle
cose pratiche: contratto, orario di lavoro, retribuzione.
Sophia
era stata chiara fin da subito che nei periodi precedenti alle sfilate di moda
non c’erano orari, l’unico obbiettivo era che tutto fosse perfetto, a qualunque
costo. Bisognava dimenticarsi di famiglia, amici e passioni e dedicarsi
esclusivamente al lavoro.
Bea
ascoltava e pensava che in città non aveva famiglia né amori, amicizie poche, e
passioni, a parte cucire e qualche buon libro, nessuna. Era la candidata ideale
per quel posto.
L’unica
cosa che le dava soddisfazione era mettere su carta prima e su
stoffa poi, le idee che le passavano per la testa.
Il
lavoro fin da subito l'aveva assorbita completamente: tante erano le cose da imparare
e il tempo sembrava non bastare mai. Così si ritrovava sempre più
frequentemente a essere una delle ultime ad uscire quando ormai era sera
inoltrata: certi giorni prima ancora di alzare gli occhi dal cartamodello che
stava preparando si accorgeva di essere rimasta sola dal silenzio che regnava
nella grande sala. Alzava il capo e vedeva, nell’ufficio di là dal vetro,
Sophia alle prese con telefonate intercontinentali oppure mentre studiava alcune
modifiche da apportare sul modello indossato dal manichino.
Le
piaceva quella donna: era la prima ad arrivare e quella che chiudeva la porta
alla sera. Era brava a motivare la squadra quando serviva, se doveva fare
qualche appunto lo faceva in privato con la diretta interessata e sempre con
garbo.
In uno
dei suoi sogni ad occhi aperti Bea aveva pensato che, da grande, le sarebbe
piaciuto diventare come Sophia.
Di
contraltare Sophia guardava Bea e rivedeva lei 30 anni prima: stesso
temperamento, stessa smania di imparare, stesso impegno e stessa passione.
Sophia
era una donna che aveva rinunciato a tutto per la carriera, per inseguire il
suo sogno: niente marito, figli, una famiglia dove tornare la sera. Non aveva
rimpianti: era partita da zero e ora era uno degli Atelier più conosciuti e
quotati.
A questo
stava pensando Bea in quel primo giorno del 2023, alla soglia dei suo
sessantesimo compleanno:
Aveva
imparato tanto, Sophia apprezzava il suo entusiasmo e piano piano le aveva
passato tutto il suo sapere: l’aveva spedita in giro per il mondo a cercare
tessuti particolari, a proporre modelli estrosi all’altro capo del pianeta.
Poi un
giorno, finita una sfilata che era stata un successo, quando le luci del palco
si erano spente, Sophia l’aveva invitata a sedersi con lei nella platea ormai
vuota e le aveva detto tutto d’un fiato:
-questa
sfilata è stata il mio “Canto del cigno” … ho deciso di ritirarmi a vita
privata e provare a fare un po’ delle cose che mi sono persa, tutta intenta a
rincorrere il successo. Bada: sono felicissima di quello che ho fatto, ma
adesso sento che è ora di fare altro. Tu lo sai quanto io stimi te e tutto il lavoro che hai fatto in questi anni.
Quindi domani ce ne andiamo dal Notaio, firmiamo l’atto di donazione, il Boss
diventi tu e io finalmente me la godo!!-
Bea era
rimasta senza parole. Le colleghe la prendevano spesso in giro per il suo
attaccamento al lavoro, le dicevano che era la “delfina” di Sophie e che un
giorno avrebbe ereditato tutto. Ma scherzavano!! E invece …
-Sophie,
non so cosa dire. Sai che amo questo
lavoro, sai che ho dato tutta me stessa perché tutto andasse sempre bene ma non
credo di meritare tanto!-
-Proprio
perché ti conosco ho deciso così- aveva replicato Sophie. – so che manderai
avanti l’Atelier esattamente come farei io e questo mi fa pensare che tutto il
lavoro fatto da me continuerà con te. E poi ho deciso così e basta. Direi che
un po’ di riposo me lo sono meritato no?-
Ne erano
passati di anni da quel giorno … Sophie era invecchiata splendidamente cercando
di rifarsi del tempo perduto. Ogni tanto passava ancora alla Maison e la
rimproverava bonariamente perché lavorava troppo e immancabilmente le diceva:
-Guardati
attorno e trova quella più brava alla quale lasciare tutto e poi goditi un po’
la vita!!-
Ed
effettivamente da un po’ Bea aveva puntato gli occhi su Serena, brava e
ambiziosa al punto giusto. L’Atelier sarebbe passato in ottime mani. Le carte
erano già pronte dal Notaio: una firma e via! Quello che aveva ricevuto in dono
tanti anni prima, sarebbe passato, in dono, a chi ne avrebbe sicuramente fatto buon uso.
Al
ritorno dalle festività natalizie l’avrebbe invitata a cena e poi avrebbero
concluso l’accordo.
Ma prima
c’era il suo compleanno da festeggiare. E aveva organizzato qualcosa di
speciale, di veramente speciale …
Nessun commento:
Posta un commento
© Immagini e testi protetti da Copyright