sabato 4 gennaio 2025

A CACCIA DI AURORE BOREALI –parte prima-

 
(foto: fonte web)

01-01-2023

Il giorno dopo Bea avrebbe festeggiato il suo compleanno, un compleanno “tondo” di quelli che ti spingono a tirare le somme.

Ne aveva fatta di strada la sartina partita da un paese in provincia e approdata a poco più di vent’anni nella grande metropoli.

Testa bassa e duro lavoro: aveva cominciato in un semplice laboratorio di confezioni su misura dove inizialmente aveva imparato ad imbastire (chilometri e chilometri di imbastiture!), poi a prendere le misure, a disegnare i cartamodelli ed infine a tagliare e confezionare i capi.

Quando la signora Maria un giorno l’aveva presa da parte, lei aveva un po’ tremato al pensiero che non fosse contenta del suo lavoro: e invece, la signora Maria, che aveva preso a cuore quella ragazzina piena di buona volontà, le aveva candidamente confessato che ormai non aveva più nulla da insegnarle e che per lei era arrivato il momento di “spiegare le ali” verso orizzonti più vasti.

-Vuol dire che mi licenzia?- aveva chiesto timorosa Bea.

-Ma no scema!! Voglio dire che ho un’amica che ha fatto più carriera di me e adesso ha una “Maison” famosa e cerca ragazze volenterose e capaci. A cena l’altra sera mi chiedeva se avessi qualche nome da darle e io ho pensato subito a te!-

-Sì … ma … una Maison famosa?? E se poi non sono all’altezza? Le faccio fare brutta figura con la sua amica!!-

-Fidati, sarai all’altezza. Ne sono passate tante di ragazze qui da me in sartoria e so riconoscere “un cavallo di razza” quando lo vedo. E tu ragazza mia SEI UN CAVALLO DI RAZZA!!- così dicendo l’aveva abbracciata e l’aveva spedita verso il suo futuro.

Che emozione era stata entrare il primo giorno nella “Maison” in pieno centro!! Tre piani di Alta Sartoria.

Specchi alle pareti alti fino al soffitto, ragazze indaffarate che correvano qua e là, tessuti di tutti i tipi e colori … per un attimo, ma solo per un attimo aveva pensato di fare dietro-front e tornare alla vecchia sartoria che era stata il suo mondo per tutti quegli anni.

Ma poi le era tornata in mente la frase “ e tu ragazza mia SEI UN CAVALLO DI RAZZA!” aveva drizzato le spalle e si era avvicinata alla reception: in un batter d’occhi era stata presentata al “Boss” dell’Atelier.

Sophia ( con la “ph” ci teneva a sottolineare la diretta interessata) le era andata incontro con un sorriso a dir poco abbagliante.

Nonostante fosse coetanea della signora Maria, le due donne parevano non aver nulla in comune: Rotondetta, materna e sempre un po’ scarmigliata” la sua precedente “datrice di lavoro” , elegante, “trucco e parrucco” perfetti e un fisico da mannequin la donna che le stava davanti.

Completavano l’insieme un profumo lieve e persistente, un tailleur grigio acciaio e un paio di Loubutin abbinate alla borsa appoggiata sul divano.

A Bea girava un po’ la testa non abituata a tanto lusso.

Dopo uno scambio di convenevoli durante i quali era venuta a sapere che Maria aveva insistentemente caldeggiato la sua assunzione alla Maison, erano passate alle cose pratiche: contratto, orario di lavoro, retribuzione.

Sophia era stata chiara fin da subito che nei periodi precedenti alle sfilate di moda non c’erano orari, l’unico obbiettivo era che tutto fosse perfetto, a qualunque costo. Bisognava dimenticarsi di famiglia, amici e passioni e dedicarsi esclusivamente al lavoro.

Bea ascoltava e pensava che in città non aveva famiglia né amori, amicizie poche, e passioni, a parte cucire e qualche buon libro, nessuna. Era la candidata ideale per quel posto.

L’unica cosa che le dava soddisfazione era mettere su carta prima e su stoffa poi, le idee che le passavano per la testa.

Il lavoro fin da subito l'aveva assorbita completamente: tante erano le cose da imparare e il tempo sembrava non bastare mai. Così si ritrovava sempre più frequentemente a essere una delle ultime ad uscire quando ormai era sera inoltrata: certi giorni prima ancora di alzare gli occhi dal cartamodello che stava preparando si accorgeva di essere rimasta sola dal silenzio che regnava nella grande sala. Alzava il capo e vedeva, nell’ufficio di là dal vetro, Sophia alle prese con telefonate intercontinentali oppure mentre studiava alcune modifiche da apportare sul modello indossato dal manichino.

Le piaceva quella donna: era la prima ad arrivare e quella che chiudeva la porta alla sera. Era brava a motivare la squadra quando serviva, se doveva fare qualche appunto lo faceva in privato con la diretta interessata e sempre con garbo.

In uno dei suoi sogni ad occhi aperti Bea aveva pensato che, da grande, le sarebbe piaciuto diventare come Sophia.

Di contraltare Sophia guardava Bea e rivedeva lei 30 anni prima: stesso temperamento, stessa smania di imparare, stesso impegno e stessa passione.

Sophia era una donna che aveva rinunciato a tutto per la carriera, per inseguire il suo sogno: niente marito, figli, una famiglia dove tornare la sera. Non aveva rimpianti: era partita da zero e ora era uno degli Atelier più conosciuti e quotati.

A questo stava pensando Bea in quel primo giorno del 2023, alla soglia dei suo sessantesimo compleanno:

Aveva imparato tanto, Sophia apprezzava il suo entusiasmo e piano piano le aveva passato tutto il suo sapere: l’aveva spedita in giro per il mondo a cercare tessuti particolari, a proporre modelli estrosi all’altro capo del pianeta.

Poi un giorno, finita una sfilata che era stata un successo, quando le luci del palco si erano spente, Sophia l’aveva invitata a sedersi con lei nella platea ormai vuota e le aveva detto tutto d’un fiato:

-questa sfilata è stata il mio “Canto del cigno” … ho deciso di ritirarmi a vita privata e provare a fare un po’ delle cose che mi sono persa, tutta intenta a rincorrere il successo. Bada: sono felicissima di quello che ho fatto, ma adesso sento che è ora di fare altro. Tu lo sai quanto io stimi te e  tutto il lavoro che hai fatto in questi anni. Quindi domani ce ne andiamo dal Notaio, firmiamo l’atto di donazione, il Boss diventi tu e io finalmente me la godo!!-

Bea era rimasta senza parole. Le colleghe la prendevano spesso in giro per il suo attaccamento al lavoro, le dicevano che era la “delfina” di Sophie e che un giorno avrebbe ereditato tutto. Ma scherzavano!! E invece …

-Sophie, non so cosa dire.  Sai che amo questo lavoro, sai che ho dato tutta me stessa perché tutto andasse sempre bene ma non credo di meritare tanto!-

-Proprio perché ti conosco ho deciso così- aveva replicato Sophie. – so che manderai avanti l’Atelier esattamente come farei io e questo mi fa pensare che tutto il lavoro fatto da me continuerà con te. E poi ho deciso così e basta. Direi che un po’ di riposo me lo sono meritato no?-

Ne erano passati di anni da quel giorno … Sophie era invecchiata splendidamente cercando di rifarsi del tempo perduto. Ogni tanto passava ancora alla Maison e la rimproverava bonariamente perché lavorava troppo e immancabilmente le diceva:

-Guardati attorno e trova quella più brava alla quale lasciare tutto e poi goditi un po’ la vita!!-

Ed effettivamente da un po’ Bea aveva puntato gli occhi su Serena, brava e ambiziosa al punto giusto. L’Atelier sarebbe passato in ottime mani. Le carte erano già pronte dal Notaio: una firma e via! Quello che aveva ricevuto in dono tanti anni prima, sarebbe passato, in dono, a chi ne avrebbe sicuramente fatto buon uso.

Al ritorno dalle festività natalizie l’avrebbe invitata a cena e poi avrebbero concluso l’accordo.

Ma prima c’era il suo compleanno da festeggiare. E aveva organizzato qualcosa di speciale, di veramente speciale …



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