(questa foto è di mio marito che ne rivendica tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)
Avevamo lasciato Alice qui...
Presto erano arrivate le vacanze
Natalizie fatte di un po' di riposo, di tempo da dedicare agli affetti, di
tempo da dedicare a lunghe passeggiate, di tempo da stare a tavola e
condividere … di TEMPO.
E
in questo tempo ogni tanto faceva capolino una vocina che diceva :
-Mahhh
scusa … l’esito non dovrebbe essere già arrivato?-
e
prontamente Alice si rispondeva :
-Ma
dai con le festività tutto si dilata, se ne riparlerà sicuramente a gennaio.- e
così dicendo relegava i pensieri, quelli brutti, in un angolino piccino piccino
e continuava a vivere, a fare cose, a inventarsi sempre cose nuove.
Poi era arrivato gennaio e il ritorno alla normalità, alla
routine fatta sostanzialmente di lavoro e casa.
E
dall’ ospedale di Paese Piccolo nessuna notizia.
Un
giorno suo marito l’aveva guardata dritta negli occhi ( e a quello sguardo lì
non si sfuggiva …) e le aveva detto:
-direi
che 2 mesi di attesa sono sufficienti noo? Adesso ti attacchi al telefono e
finché non hai una risposta non metti giù.-
Ed
erano state mattinate perse cercando di parlare con qualcuno … l’interno
designato all’ingrato compito rispondeva solo 2 ore al giorno e in quelle 2 ore
o squillava libero o era perennemente occupato.
Finché, finalmente, una mattina, quando ormai aveva perso
ogni speranza e già tramava l’idea di fare un sit-in incatenata davanti all’
entrata principale dell’ospedale ( con 'sto freddo? Fossi matta!!) , una voce
di donna parecchio scortese le aveva risposto.
Alla
sua richiesta aveva risposto piccata :
-Guardi
non vedo ancora il referto, ma sa con le festività…-
Alice
si era permessa di obiettare che le feste erano ormai finite da oltre un mese e
l’altra sull’ orlo di una crisi di nervi aveva replicato:
-sì
ma durante le feste si ferma tutto , quindi poi TUTTO riprende in ritardo.
Riprovi più avanti.- e aveva riattaccato prima che Lei avesse avuto modo di
controbattere.
Aveva lasciato passare un’altra settimana (eravamo ormai a
metà febbraio ) e aveva nuovamente richiamato sperando che l’infermiera della
volta precedente non fosse di turno, fosse in ferie, si fosse presa un giorno
di permesso, usufruisse di un periodo di aspettativa.
Per la serie “Lassù qualcuno mi ama”, al primo tentativo
qualcuno aveva prontamente risposto e NON era la stessa persona.
La
persona dall’ altro capo del filo era cortese, disponibile, ma questo non era
bastato. Il referto ancora non c’era.
Alice
aveva provato a far presente che ne frattempo erano passati oltre 2 mesi e
mezzo e l’infermiera bonariamente aveva risposto:
-Sa,
siamo un po’ in carenza di personale quindi sempre costantemente “indietro” ,
però le posso dire che proprio in questi giorni abbiamo ricevuto da Ospedale
Grande pacchi e pacchi di referti di esami fatti poco prima del suo. Mi
sentirei di dirle che ci risentiamo la settimana prossima e vedrà che avrò
qualche buona notizia anche per lei.-
Ecco:
così doveva essere: di fatto dalla prima alla seconda telefonata non era
cambiato nulla, se non l’atteggiamento dell’interlocutore. Le parole, le parole
sono importanti, ma anche e soprattutto COME vengono dette.
Per la fine della settimana successiva aveva prenotato un
corso al quale non sarebbe mancata per nulla al mondo … era da un sacco di
tempo che lo aspettava e desiderava regalarsi quei 3 giorni per riappropriarsi
un po’ del proprio tempo e della propria identità.
Al
lavoro aveva chiesto un permesso per il venerdì e già si gustava il lungo
viaggio in treno, la prima parte in compagnia di un buon libro e la seconda
invece in compagnia di un’amica con la quale condividere aspettative e dubbi su
questa nuova esperienza.
I giorni precedenti alla partenza aveva lavorato a ritmi
serratissimi per lasciare meno cose possibili in sospeso durante la sua
assenza, e giovedì era lì che arrancava per sistemare alcune pratiche un po’
spinose.
Ad
un certo punto si era sentita come la ragazza della pubblicità della Fiesta (
…non ci vedo più dalla fame…) e aveva deciso di fare una pausa caffè.
Si
stava godendo la calda bevanda quando l’occhio le era caduto sul display del
telefono ( sempre in silenzioso al lavoro) che lampeggiava per indicare una
chiamata in arrivo.
Nr
sconosciuto, prefisso di Città Grande.
Ancora
adesso si chiedeva cosa l’avesse spinta a rispondere.
-Pronto?!-
-Buongiorno,
parlo con la signora Alice X?-
-Sì
sono io…chi parla?
-Buongiorno,
sono un’infermiera di Ospedale Grande … lei si è sottoposta a questo esame il
giorno 30 novembre?-
-Sì (
voce sempre più flebile, mille pensieri che passano per la testa alla velocità
della luce …)
-
Guardi signora abbiamo il referto ma bisognerebbe fare un ulteriore esame di
approfondimento. Riesce a venire lunedì prossimo?
-Sì
certo … cosa faccio? Mi reco a Ospedale Piccolo dicendo che mi avete chiamato?-
-No
signora guardi , è meglio che venga direttamente a Ospedale Grande così
risparmiamo tempo che in queste cose il tempo è tutto-
-D’accordo
… vuole che porti via i precedenti referti?
-Perché
… ha dei referti precedenti?
-Sì
tre anni fa mi sono sottoposta al medesimo esame e poi mi avete chiamato per un
approfondimento e poi dopo 6 mesi per un ulteriore esame che chiudesse il
cerchio … porto via tutto e poi vedete voi cosa vi serve-
-Ma
scusi … tutti questi approfondimenti li ha fatti con il Sistema Sanitario
Nazionale o privatamente? Perché noi non ne abbiamo traccia ..-
-Li ho
fatti tutti a Ospedale Piccolo e non privatamente …
-Non
so mi sembra strano … comunque, ci vediamo lunedì-
Alice respirò e così facendo scoprì che era stata in apnea
per tutto il tempo della telefonata.
Ed ecco tutti i dubbi, le incertezze, le paure fare
capolino dal quell’ angoletto buio dove le aveva relegate per quasi tre mesi.
E
le domande, il fuoco di fila delle domande che si faceva:
--perché
Ospedale Grande e non Ospedale Piccolo come la volta scorsa?
--Perché
l’infermiera ha detto che in questi casi il tempismo è tutto?
--Perché
non trovano traccia degli esami precedenti?
--Perché
… perché … perché …
Ed ecco che tutta l’emozione per il fine settimana che la
attendeva era svanita per lasciar posto alla preoccupazione, alla paura per
quello che l’aspettava lunedì.
E
per un attimo aveva pensato di disdire tutto, starsene a casa, rinchiudersi in
se stessa e commiserarsi per tre giorni attendendo la fine di quel lunghissimo weekend.
E poi invece aveva capito: era proprio quello che non
doveva fare. Non doveva permettere alla paura di cambiare i suoi piani, di
rubare i suoi sogni, di carpire le sue aspettative.
E
così aveva preparato lo zaino e venerdì era partita proprio come si era
ripromessa.
Da subito aveva realizzato che la scelta fatta era quella
giusta: si era gustata il viaggio con l’amica Lulù, un viaggio fatto di tante
parole, tante risate e anche qualche sospiro finché si raccontavano un po’ le
loro vite.
All’
arrivo avevano fatto un bel giro per la piccola cittadina e poi via … al corso,
a imparare, a confrontarsi, a conoscersi meglio.
Giorni pieni, giorni volati via, giorni dove non aveva
proprio avuto tempo, o quasi, di pensare a cosa l’attendeva il lunedì
successivo. Solo al momento dei saluti e degli abbracci qualcosa si era
incrinato dentro di lei e le lacrime erano scese copiose rigandole le guance (
fortunatamente non si truccava mai quindi a parte gli occhi rossi i danni erano
stati pochi). Lacrime di gratitudine per tutto ciò che di bello il corso le
aveva regalato (formatori splendidi, corsisti simpatici con i quali era nata spontaneamente
un’amicizia) ma anche lacrime di “pensieri” … nuvole grigie ad oscurare una
così bella giornata.
Lacrime che parlavano di “e se” …
--e
se lunedì le cose non vanno bene, ecco che tutto quello che ho imparato oggi
non potrò metterlo in pratica mai.
--e
se lunedì mi dicono che c’è qualcosa che non va , dovrò rimodulare la mia vita
con le nuove esigenze e forse queste persone così speciali non le rivedrò più.
--e
se … e se …
Tornata a casa aveva passato la notte in bianco
ripercorrendo per l’ennesima volta la telefonata ricevuta solo 3 giorni prima
che aveva avuto il potere di stravolgerle così la vita.
E
aveva analizzato ogni parola, ma anche ogni sfumatura o inclinazione
della voce del suo interlocutore e, ad ogni cosa aveva dato i significati più
disparati.
E finalmente lunedì: partenza di buon’ora per non rischiare
di arrivare in ritardo, dopo essere passata dall’ accettazione si siede in
attesa. Al suo fianco il compagno di una vita, il compagno DELLA VITA, quello
che “poche smancerie ma quando c’è bisogno c’è sempre” … presenza rassicurante.
Lei ha l’uragano dentro e fuori, lui serafico cerca di
leggere un libro. Cerca appunto … perché di fatto avere Alice a fianco in quel
momento preclude qualunque tipo di attività.
Ed ecco esce un medico e la chiama.
E’ cortese ( forse troppo cortese? Probabilmente ha
qualcosa da dirmi di brutto e cerca le parole giuste?), la fa accomodare e le
spiega che nel primo esame fatto c’è qualcosa che richiede un approfondimento.
Alice ribatte che anche la volta scorsa era stato così …
lui la guarda interrogativo e lei spiega tutto quello che ha già detto all’
infermiera durante la telefonata.
Il medico cambia aspetto … sorride bonario, legge i referti
precedenti, ci pensa su un po’ e poi dice:
--guardi,
solo con queste carte che non so perché io non vedo nel database dell’Azienda
Sanitaria capisco che è tutto a posto. Però già che è qua, l’esame più
approfondito glielo faccio lo stesso così intanto lei si calma un po’ e
riprende colore.
E’ entrata che era color grigio tendente al verde e aveva
la faccia di una che va al patibolo … poi finché io parlavo, sul suo viso sono
passate così tante sfumature che percepirle tutte era impossibile. In questo
momento non ha ancora ben capito cosa le sto dicendo e la sua faccia è un
grande punto interrogativo.
Adesso le faccio l’esame e lei riprende fiato e fa mente
locale.-
L’esame dura pochissimo e conferma che non c’è nulla di
invariato rispetto a 3 anni prima.
Finché detta il responso il medico le fa segno di
accomodarsi sulla poltroncina e alla fine le consegna la busta dicendo:
-E
con questo le rendo la sua vita … esca da qui e se la goda … per quanto mi
riguarda ci vediamo tra 2 anni per il solito controllo … Ecco: in questo
momento lei dovrebbe farsi fare una foto che la ritragga così com’è ORA: occhi
splendenti, guance rosate. E questa foto tenerla sul comodino e guardarla per
rincuorarsi quando le cose non vanno proprio come vorrebbe. Lei non ha idea di
quante persone passano per il mio studio ogni giorno: e quando entrano qui
hanno tutte quell’ aria da cerbiatto smarrito di fronte al cacciatore … e
purtroppo parecchie di loro escono da qui con la conferma delle loro paure, con
la conferma che la loro vita non sarà mai più la stessa … e poi ci sono quellecome lei … quelle alle quali io, anche se non per merito mio, regalo TEMPO,
spensieratezza, VITA.-
Ecco cosa mancava nella vita di Alice: un medico-filosofo!
Esce dallo studio ... LUI è lì che legge ( finalmente senza
Alice al fianco è riuscito a farlo) … si ferma un attimo a guardarlo e LUI
avverte la sua presenza prima ancora di vederla … alza gli occhi, cerca
conferme; e il sorriso di Alice è la più bella conferma.
Le prende la mano e insieme escono nel tiepido sole di
febbraio. Là fuori la vita li aspetta.
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