giovedì 20 settembre 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte quattordicesima)


             (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)

LA STORIA VISTA DA LUI

Francesco

La giornata sembrava non finire mai: i relatori si succedevano ai relatori in una noia mortale.

E la sua testa era già là, fuori dalla porta , a vedere se Chiara lo stava aspettando. Le lancette dell’orologio sembravano andare al rallentatore … tic-tac, tic-tac, tic-tac … ma com’era possibile che dall’ ultima volta che le aveva guardate fossero passati solo 3 minuti!! Sicuramente il suo orologio andava male, le batterie si stavano scaricando e aveva iniziato a rallentare. Aveva cercato conforto a questa tesi alzando lo sguardo al grande orologio a cristalli liquidi che troneggiava sulla parete dove venivano proiettate le slides. Ehh no, il suo orologio funzionava perfettamente!! Era lui che fremeva d’impazienza.

Ad un tratto finalmente salì sul palchetto l’organizzatore dell’evento dichiarando chiusi i lavori della giornata, ringraziando i partecipanti, augurando loro una piacevole serata da turisti nella Capitale e ricordando che il giorno dopo la sessione mattutina sarebbe iniziata alle ore 9.

Non aveva ancora finito di parlare che già Francesco si era fiondato verso la porta.

Tanta fretta di uscire per poi scoprire, con una vena di delusione , che Chiara non lo aveva aspettato.

Si era avvicinato in modo circospetto al bancone e si era rivolto al portiere che lo guardava con fare incuriosito:
<< Mi scusi, so che la mia domanda potrà sembrarle strana, però … Chiara, ehhm, la signorina che c’era qui al posto suo stamattina … è già andata via?>>

Il portiere aveva bonariamente sorriso:
<<adesso capisco perché è stata qui a cincischiare per oltre mezz’ ora nonostante avesse finito il turno!!! Aspettava lei!!! Poverina … sembrava un’anima in pena … e guardava la porta della sala convegni, e faceva finta di riordinare una postazione che era già ordinatissima. Alla fine l’ho invitata a togliersi dai piedi e l’ho mandata a casa che proprio non ce la facevo a vederla gironzolare qui attorno con quella faccetta “appesa”!!>>

Una girandola di pensieri frullava ad un ritmo vorticoso nella testa di Francesco. “ mi ha aspettato. È andata via solo perché ho tardato troppo … si però mica è stata colpa mia, questo lei lo sa … e se fosse semplicemente lì fuori dall’albergo che mi aspetta? …”

Si era letteralmente “catapultato” fuori dall’ hotel … aveva guardato ovunque ma di Chiara nessuna traccia.

Era tornato al bancone sperando di giocarsi “l’ultimo asso”.
<<Mi perdoni, lo so che quello che sto per chiederle non è deontologicamente corretto, è vero, lei cosa ne sa di me, io potrei essere anche un serial killer che ha individuato in Chiara la sua prossima vittima, ma le giuro che non è così!! È una storia lunga e non è detto che prima o dopo io non gliela racconti ma adesso le chiedo –non è che saprebbe l’indirizzo di Chiara?-->>

Aveva detto la frase tutta d’un fiato e adesso era lì che si contorceva le mani in attesa di una risposta.

Il portiere lo aveva guardato benevolo e aveva risposto:
<<Lei ha perfettamente ragione … non è corretto divulgare dati sensibili del personale … lei vive in Italia? Noo? Quindi non sa niente della legge 196 … quella che tutela i dati personali … ecco se io, ammesso di esserne a conoscenza, le dicessi dove abita Chiara, compirei un illecito. Ci hanno fatto frequentare un sacco di corsi e ci hanno fatto “una capa tanta” su sta storia. Anche volendo proprio non posso. Guardi, lei non ha assolutamente la faccia da serial killer e io difficilmente mi sbaglio sulle persone. Però Chiara, venuta a sapere che io le ho dato l’indirizzo potrebbe denunciarmi e io perderei il posto di lavoro. Aldilà del fatto che io me lo sento qui, nello stomaco, che Chiara non solo non mi denuncerebbe ma mi salterebbe al collo ringraziandomi, mi dispiace ma non posso proprio accontentarla. Una cosa però gliela posso dire: Chiara solitamente prende servizio alle 8 e solitamente NON lavora alla reception … oggi è stato un vero e proprio colpo di c..o, ehmm di fortuna che vi siate incontrati. E la fortuna un poco va aiutata. Le dicevo: Chiara prende servizio alle 8 ma arriva sempre con un buon quarto d’ora d’anticipo e dopo essersi cambiata “ sa viene a piedi quindi arriva in tenuta sportiva”e aver indossato il tailleur di ordinanza si reca al bar dove il ragazzo gli prepara un estratto o una centrifuga che lei beve stando seduta su quella poltroncina laggiù e guardando fuori dalla finestra. Se lei passa di lì domattina verso le 8 meno 10 magari la incontra …>>

Poi aveva continuato dicendo:

<<ma adesso animo che la notte è giovane e pure lei è giovane … è mai stato a Roma prima di oggi? Sì ma non ha visto nulla?? E che ha fatto? è venuto bendato? Ahh è venuto a fare la maturità!! Ma scusi perché non l’ha fatta al suo paese la maturità? Ahh è una storia lunga … lei mi sembra un uomo pieno di storie lunghe, uno di questi giorni me le deve raccontare tutte ste storie!! … Comunque, ascolti me: vada fuori, si faccia un giretto… questa meravigliosa città ce la invidiano tutti … ci vengono da tutte le parti del mondo per visitarla!! Sa cosa può fare? Vada a farsi una bella doccia, io intanto sento mio nipote che fa il cameriere in un ristorantino proprio qui dietro l’angolo e le faccio riservare un tavolo … una cenetta con tutti i crismi e poi una camminata “digestiva” fino a San Pietro che di notte, tutta bella illuminata, è uno spettacolo … da lì fino a Castel Sant’ Angelo e poi ritorna qui in albergo … dopo una passeggiata così vedrà che stanotte dormirà come un angioletto e domani … ehh “domani è un altro giorno” e per qualunque evenienza mi chiamo Oscar, faccia uno squillo e io arrivo>>

Francesco aveva accettato di buon grado i consigli di Oscar e aveva prima cenato in un ristorantino intimo dove i clienti erano coccolati e vezzeggiati e poi era uscito e si era perso per le vie della Città Eterna. Ad un certo punto la stanchezza di quella giornata così lunga e così piena di emozioni gli aveva presentato il conto. Tornato in albergo si era steso addormentandosi all’ istante.
Aveva fatto tutta una tirata finché la suoneria squillante del telefono non l’aveva strappato dai suoi sogni.
Annaspando un po’ al buio, aveva trovato la cornetta e portandosela all’ orecchio aveva sentito la voce squillante di Oscar dire:
<<Buongiorno signore, dormito bene? sono le sette e questa è la sua sveglia. Se vuole essere al bar per le sette e quarantacinque e sperare così di vedere Chiara si deve spicciare … si rinfreschi un po’, si riordini che io intanto le faccio preparare la colazione. Ha qualche preferenza?>>

Aveva velocemente ordinato un caffè, un toast e una spremuta d’arancia e poi si era preparato all’ incontro. Guardandosi allo specchio aveva visto un “quasi-quarantenne” di bell’ aspetto, forse un po’ magrolino, con uno sguardo sfavillante incorniciato da una montatura di tartaruga.

Il pensiero che da lì a poco avrebbe rivisto Chiara lo spronò a consumare la colazione velocemente e altrettanto velocemente a scendere al bar.

Si guardò intorno ma a quell’ ora il locale era ancora deserto. Prese posto su una delle poltroncine indicatele la sera prima da Oscar e si mise in attesa.

LA STORIA VISTA DA LORO

Non voleva pensare a nulla per non illudersi e poi magari rimanere deluso. Lasciò che gli occhi si perdessero nel panorama che si intravedeva aldilà della vetrata. Ad un tratto “la sentì” … si girò e lei era là, stava entrando nel bar e, assorta nei suoi pensieri, si avvicinò velocemente al bancone. La centrifuga era già pronta, prese il bicchiere e si diresse verso la sua poltrona preferita. Fece per sedersi e alzando gli occhi incrociò lo sguardo più bello del mondo.

Appoggiò il bicchiere sul tavolinetto basso per evitare che le cadesse dalle mani e poi disse:

<<ma cosa ci fai qui? Come facevi a sapere che io la mattina passo di qui prima del lavoro? E … >>

Lo sguardo di Francesco si spostò alla reception dove Oscar si preparava a “smontare” dal turno e li stava osservando sorridendo bonario.

Lei seguì lo sguardo e capì che il collega che tante volte le aveva offerto una spalla dove appoggiare un attimo la testa quando la giornata era particolarmente pesante era il fautore di tutto questo.

<<Oscar, Oscar … se non ci fosse bisognerebbe inventarlo!!>>

<<Ti prego non prendertela con lui … sono io che l’ho assediato. Gli ho chiesto il tuo indirizzo e mi ha fatto una “tirata” sul diritto alla privacy … però si vedeva che gli dispiaceva non potermi aiutare. Ha detto che sei stata un bel po’ alla reception anche una volta finito il turno … era me che aspettavi? E insomma: mi ha dato questa dritta sulle tue abitudini mattutine. Ti spiace?>>

Lei fece “no” con la testa non riuscendo ad interrompere quel fiume di parole …

Lui continuò:
<< Ascolta: so che hai 10 minuti, forse anche meno prima di iniziare il lavoro e non voglio farti assolutamente fare tardi. Intanto la cosa più importante: sei fidanzata, sposata, convivente, in una qualche forma di relazione a due?>> e lasciò la frase in sospeso in attesa della risposta.

<< Ora sono libera, ho avuto per anni una relazione che …>>

<< Delle nostre vite precedenti parleremo la prossima volta. Intanto a me interessava sapere se sei libera e sei libera. BENE. Anch’io sono libero e anch’io ho avuto delle storie che ti racconterò poi. A questo punto, visto che il tempo stringe, voglio assolutamente che tu mi dia ORA: indirizzo, e-mail, numero di telefono, contatto facebook e qualunque altra cosa ti venga in mente. Ti ho perso di vista una volta e adesso che ti ho ritrovato non voglio perderti più. Che se non impariamo dai nostri errori vuol dire che il tempo passa per niente. Lo so che tu potresti avercela con me per mille ragioni ma non mi interessa!! Ti farò cambiare idea, te lo prometto.
Adesso mi dai tutti i dati e poi corri a lavorare. Io seguo la seconda giornata della convention e appena finisce devo necessariamente tornare a casa … o meglio: devo tornare in Germania, che non so perché ma non l’ho mai sentita veramente come “casa mia”.
Torno là e domani devo presentare la relazione di questi 2 giorni di lavori a Roma.
Finisco alcune altre cose che ho in sospeso e poi chiedo una settimana di ferie, permesso, aspettativa … insomma qualcosa mi invento e torno qui.
Tu vedi se riesci a prenderti qualche giorno.
Io tornerò e allora e solo allora ci prenderemo tutto il tempo che ci serve per riprendere da dove abbiamo interrotto. Che dici? Ci stai?>>

Lei era imbambolata, occhi lucenti e sguardo sognante:
<<certo che ci sto!! Hai da scrivere che ti detto i dati? Però non me ne vado se anche tu non mi dai i tuoi … così almeno abbiamo il doppio delle possibilità di rincontrarci ... metti che tu riponi il taccuino in valigia e la compagnia aerea te la perde? O te la rubano? Meglio giocare sul sicuro va … che in quanto a malintesi mi pare che abbiamo già dato. Non so ancora cosa sia successo 20 anni fa ma NON voglio assolutamente che capiti di nuovo>>

Si scambiarono velocemente i dati e poi lei a malincuore disse:
<<devo proprio andare … starei qui ancora un po’ ma la direzione è molto rigorosa … allora: fai buon viaggio e ti aspetto presto>>

Fece per allontanarsi dopo avergli dato una fuggevole carezza sul viso, quando lui la richiamò dicendo:
<< Chiara! Non dimentichi niente?>>

Lei si girò interrogativa, lui con due passi coprì la distanza che li separava, le cinse le spalle e la baciò.

Un bacio da fare invidia a Klimt … bello, appassionato e colorato.

Oscar, che fino a quel momento aveva assistito a tutta la scena da distante, come in un film muto, immaginando il dialogo, tirò un bel sospiro di sollievo e disse tra sé: “E anche questa è fatta!! L’ho capito subito che quei 2 ragazzi sono fatti l’uno per l’altra. E adesso non mi voglio proprio perdere il seguito!!”
                                                                                                                                                                                        (continua)

martedì 18 settembre 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte tredicesima)

          (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)


LA STORIA VISTA DA LEI

Chiara

Il suo turno era finito già da un po’, si era cambiata indossando jeans, una maglietta e le “Reebok” per tornare a casa a piedi ( e prendere così 2 piccioni con una fava: godersi una tiepida serata romana e fare un po’ di attività fisica che male non fa mai) ma continuava ad attardarsi intorno al bancone della reception. Sistemava i depliants, metteva in ordine le brochure informative, riordinava i volantini che pubblicizzavano le gite organizzate. Nel frattempo non perdeva di vista la porta della sala convegni e cercava, tendendo l’orecchio, di percepire qualunque suono potesse far pensare che, per quel giorno, i lavori erano finiti.

Ma aldilà della porta tutto taceva.

Quando per la quarta volta aveva sfilato dal loro espositore le brochure per compattarle e rimetterle al loro posto, il portiere l’aveva guardata in modo sornione dicendo :

<<Chiara se continui così me le consumi queste brochure!! Ma non c’hai niente di meglio da fare che star qui a fare le “pulizie di Pasqua” fuori dall’orario di servizio? Beata gioventù!! Ma esci da qui, vai incontro al mondo, è una serata bellissima, l’aria è dolce, c’è tutto il bello dell’estate con qualche sentore, appena appena, di autunno. Che ci stai a fare qui? Non è che c’hai un appuntamento?>>e così dicendo aveva lanciato uno sguardo eloquente verso la sala convegni.

<<Ma dai Oscar, cosa vai a pensare?!? Lo sai che sono un tipo pignoletto e voglio lasciare tutto in ordine prima di andare via … però hai ragione. In una serata così, è un delitto rimanere al chiuso. Ciao, vado a spasso, ci vediamo domani>>

Detto questo era uscita sul marciapiede e dopo un’ultima, fugace occhiata alle sue spalle , si era incamminata verso casa. Il destino, anche se aveva cercato di forzarlo un po’ rimanendo oltre l’orario di lavoro, aveva scelto di nuovo per loro. E anche questa volta si era messo “di traverso”. Bisognava accettarlo e considerare questo capitolo definitivamente chiuso?!?

Arrivata a casa, si era tolta le scarpe facendo i salti mortali per non pestare Gastone che era arrivato di corsa e la stava letteralmente travolgendo strusciandosi contro le gambe e miagolando a più non posso. A piedi nudi aveva raggiunto la cucina, e dopo aver "servito la cena" al micione si era versata un bicchiere di un bel rosso “corposo” e con il calice in una mano e una ciotolina di “schifezze” nell’altra si era diretta verso il terrazzo.

Il terrazzo era la parte che amava di più della casa: più del caldo e accogliente soggiorno che aveva arredato con mobili “grezzi” e tappeti ed arazzi tessuti a mano da un’amica che dopo un viaggio in Persia aveva deciso di iniziare questa attività e stava riscuotendo parecchi consensi.

Più della cucina, piccola ma funzionale: era corredata di tutti gli optional, compresi anche tanti piccoli elettrodomestici che utilizzava spesso durante i fine-settimana quando si dilettava a provare nuove ricette.

Più del bagno che aveva fatto ristrutturare da poco trasformandolo in quello che aveva sempre sognato da ragazzina: mosaico alle pareti, un’ampia doccia e la vasca idromassaggio.

Più della camera da letto, che per parecchio era stata il “nido” suo e di George e che era esattamente come lei : solida, funzionale e un po’ austera ma con coperte e plaid multicolori che la rendevano simile ad un mercato delle spezie arabo.

Il terrazzo era il suo “fiore all’occhiello”, era un po’ come un figlio. Se lo era cresciuto poco alla volta, aggiungendo e togliendo cose, sistemando, spostando e il risultato finale era un posto intimo, un “posto dell’anima”.
Aveva optato per mettere delle vetrate che lo riparassero dalle intemperie e lo rendessero fruibile anche in inverno: bastava infatti alzare di poco il riscaldamento in soggiorno e in un batter d’occhi la temperatura del terrazzo diventava mite e accogliente.
Lo aveva arredato con tavolino e poltrone in midollino di un colore biondo caldo. E poi piante, piante verdi perenni e stagionali da fiore. Durante la bella stagione faceva scorrere le vetrate su un unico lato e il resto del perimetro libero da filtri le regalava un panorama mozzafiato: ai suoi piedi tutta Roma. I rumori della grande città arrivavano attutiti e tutto quello che si coglieva era la bellezza fuori discussione della “città eterna”.

Col suo bicchiere di rosso si era accoccolata su una delle poltrone, prontamente raggiunta da Gastone che si era accomodato su quella di fronte e la fissava curioso.

<<ehh sì caro mio … avrei potuto essere a cena con l’amore dei miei 17 anni stasera e invece sono qui con te … poteva essere una serata di quelle “col botto” … poteva essere la volta buona che chiudevamo per sempre con il passato e invece … poteva essere, magari dopo qualche legittima spiegazione , l’occasione per riappropriarci del tempo perduto e, perché no, capire che cos’è rimasto di quell’ amore …>>

Ed ecco, da uno degli appartamenti vicini alzarsi le note di una canzone “evergreen”, una di quelle che, puoi avere 20, 50 o 70 anni, sicuramente almeno una volta nella vita l’hai cantata.

“Ma cos’è stato di quel tempo
Che sfidava il vento
Che faceva fremere
Gridare
Contro il cielo
Non lasciarmi solo no
Non andar via
Non andar via
Senza te
Morirei
Senza te scoppierei
Senza te
Brucerei
Tutti i sogni miei”

Ecco, ci mancava solo Baglioni a rendere perfetto questo momento di malinconia …

“Francesco … chissà dove sei, cosa stai facendo, se ci sei rimasto male quando sei uscito dalla riunione e non mi hai trovato … chissà a cosa stai pensando, chissà se MI stai pensando, chissà se anche tu hai nostalgia dei nostri 17 anni …”

Il vino era finito, la ciotolina delle “schifezze” era vuota , forse era meglio rientrare e farsi un bel bagno rilassante.

Candele profumate, olii essenziali, musica classica a basso volume. C’era tutto quello che serviva per prepararsi al meglio alla notte che avanzava …
una notte che già sapeva , sarebbe stata lunga e insonne.

Accidenti alla nostalgia!!!

                                                                                  (continua)

venerdì 7 settembre 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte dodicesima)

             (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)


LA STORIA VISTA DA LORO

Francesco

Testa vuota, salivazione a zero. Capacità di concentrazione nulla.
Il primo relatore della giornata parlava, elencava, sottolineava aiutandosi con delle bellissime slide ma lui non riusciva assolutamente a capirci nulla.

“ Chiara … ho ritrovato Chiara.” 

Dopo oltre 20 anni, di colpo, si era materializzata davanti a lui. Era pressoché identica … macché identica!! Era molto meglio di come la ricordava!!

“L’ho persa di vista che era una ragazzina, bella finché vuoi ma una ragazzina. Del resto come diceva quell’adagio? “facile essere fighe a vent’ anni. E’ dopo i quaranta che si vede chi vince la guerra”. Quarant’ anni non li ha ancora ma ha raggiunto quello che per una donna è l’apice della completezza. E’ bella di una bellezza matura, le forme leggermente arrotondate nei posti giusti.

L’ho vista e non credevo ai miei occhi … tante volte ho pensato a come sarebbe stato un incontro tra noi ma di ritrovarmela di fronte così, proprio non me lo sarei aspettato.

E’ bella ma “altera” … non saprei come altro definirla. O forse semplicemente sulla difensiva. Ma a che gioco vorrà giocare?? Fare la vittima per evitare il confronto? Sembrava quasi che avesse ragione lei!! Dalla sera alla mattina ha cominciato a respingere le mie lettere e vuole addossare a me la colpa del fatto che ci siamo persi di vista?? 

Sì certo, probabilmente avrei dovuto prendere il primo treno e tornare nella nostra città per capire cosa stava succedendo ma in quel periodo avevo veramente troppe cose che mi giravano attorno e allontanarmi anche solo per 2 giorni diventava terribilmente difficile.
E poi, ingenuamente, speravo sempre che il giorno dopo arrivasse qualche notizia e tutto si sarebbe risolto. E poi il tempo passato è diventato tanto, poco alla volta io mi sono chiuso nelle mie ragioni e VOLEVO che fosse lei a farsi viva. DOVEVA essere lei a contattarmi … stupido orgoglio che mi ha impedito di fare il primo passo! …”

 Chiara

<<Buongiorno, mi dica pure…. Il suo nome per cortesia? Eccola qui la prenotazione. Mi lascia un documento per la registrazione? La sua camera è la 216, al secondo piano, l’ascensore è in fondo a quel corridoio alla sua sinistra>>

Fortunatamente era dotata di un “pilota automatico” che le permetteva di continuare a svolgere al meglio le sue attività anche se la testa aveva deciso di non collaborare proprio.

Se qualcuno le avesse predetto chi sarebbe arrivato oggi, col cavolo che si sarebbe offerta di sostituire la collega. Piuttosto avrebbe chiesto anche lei un giorno di permesso o di ferie o, nella peggiore delle ipotesi, si sarebbe data malata.

“Francesco … (sospiro) … accidenti era più figo che nei suoi ricordi, ed era anche più figo che nei sogni che la tormentavano ogni tanto così, a sorpresa.
Come a sorpresa si era presentato Lui quella mattina. Il tempo aveva fatto il suo lavoro in un modo veramente egregio: lo spilungone un po’ allampanato di vent’ anni prima era diventato un uomo dalle tempie un po’ brizzolate. 
Aveva messo su qualche chilo distribuito in modo armonico ed era veramente quello che si dice un gran bell’ uomo. 

Peccato che fosse anche un gran bastardo. Accidenti!! Da dove le usciva tutta questa acredine? Anni e anni a ripensare a come si era comportato. Sparire così senza una parola. Smettere di scrivere e non farsi più vivo.
Poi per andare avanti aveva provato a metterci una pietra sopra. O almeno era quello che credeva fino a quella mattina.
Se l’era visto comparire davanti così all’ improvviso e tutto il lavoro fatto su se stessa per uscire da quella storia era caduto in mille briciole lasciando uscire una rabbia che non sapeva di covare.
Del resto non poteva comportarti in modo così ignobile e poi quando il destino li aveva fatti ritrovare faccia a faccia, invece di desiderare di sprofondare dritto all’inferno far finta di niente ma no!! Peggio!! Far finta di essere lui quello che aveva ragione, quello ferito, quello che era stato piantato.”

Francesco

Dai, tutto sommato il suo intervento era andato bene anche se con la testa proprio non ci stava.

Adesso si trattava di pazientare fino alla fine di quella prima giornata di convegno e poi correre fuori, prendere Chiara per mano, portarla fuori dall’ hotel, trovare un posto un po’ tranquillo e parlarsi a cuore aperto.

E se lei non ci fosse stata ad attenderlo? Infatti aveva risposto “non lo so” ed era livida mentre lo diceva.

Fermo restando che non capiva perché fosse lei a fare la parte dell’offesa, aveva deciso di andare fino in fondo a questa faccenda e chiarire quello che era successo in quella che ormai era “un’altra vita”. Era convinta che fosse lui ad avere torto? Bene! Che elencasse i perché.
La sua era solo strategia per addossare le colpe a lui? Ancora meglio! Non l’avrebbe mollata finché non avesse sputato il rospo.
Era convinto che avrebbero potuto discutere da persone civili, e da persone civili avrebbero potuto creare una sorta di armistizio: il passato non poteva tornare, loro non lo potevano modificare, ma potevano “restare amici” (che schifo!!aveva sempre odiato questo modo di dire) … insomma potevano sentirsi ogni tanto, magari rivedersi …
Piano però … e se nel frattempo si era sposata?? E se il marito era uno geloso?… Che casino, che gran casino!!!

Chiara

<<La saluto e le auguro un buon viaggio. speriamo di averla ancora nostro ospite>>…<<Buongiorno sono Chiara , come posso esserle utile? …>>

“Francesco …(sospiro) … cosa avrei potuto fare per evitare che finisse tutto così malamente?
Se anche avessi voluto raggiungerlo, farmi dare una spiegazione, capire cos’era successo, come avrei potuto fare?
Non avevo uno straccio di indirizzo, solo il nome di una città. Non è che puoi partire e una volta arrivata, aggirarti per la città ( tra l’altro una GRANDE CITTA’) e sperare di poterlo incontrare.
Aveva provato a chiedere agli amici comuni ma nessuno ne sapeva di più … si era letteralmente “eclissato” … poi insomma la vita di tutti i giorni aveva preso il sopravvento e poi PORCA MISERIA!! Se tu sei dalla parte del torto, TU devi venire a cercarmi. Anche se … noi nel frattempo ci eravamo trasferiti … sì dai non è una buona scusa … se si fosse presentato al vecchio indirizzo la custode gli avrebbe sicuramente dato l’indirizzo di Roma“.

Non aveva attenuanti.
Però da come parlava prima sembrava veramente convinto di essere dalla parte della ragione. E adesso che fare? Aspettarlo e affrontarlo? Oppure appena finito il turno tornare a casa a gran velocità e chi si è visto si è visto? 
Tanto il giorno dopo non sarebbe più stata alla reception, in teoria entro l’indomani la convention sarebbe finita quindi tutti se ne sarebbero tornati a casa … dal giorno successivo avrebbe potuto far finta che oggi non fosse mai esistito e finirla con questa ossessione.

E se veramente, per un qualche motivo che lei ADESSO non sapeva, qualcosa di estraneo a loro aveva fatto sì che perdessero le tracce l’uno dell’altra senza che fosse stata veramente colpa di nessuno dei due? Non sarebbe stato meglio accettare il suo invito, magari andare a bere qualcosa insieme, sentire la sua storia e dopo, ma solo dopo, decidere di chiudere definitivamente questo capitolo?”

--Ragione: eccola là, la solita “cuoriciona” … passano gli anni ma tu non cambi mai. Non vuoi mai ascoltarmi e così ci sbatti il muso e ti riprometti che la prossima volta sarai più prudente, ma la volta successiva ci ricaschi con tutte le scarpe. Ne abbiamo parlato per notti intere di tutta questa storia. Ti ho fatto “ragionare” ed eravamo arrivati alla conclusione che il tuo Francesco è una merdaccia. Anche “Cuore” suo malgrado, si era arreso davanti all’ evidenza. E adesso è bastato guardare quel bel quarantenne negli occhi 5 minuti e tutto è svanito? E siamo ancora lì che cerchiamo per lui e per il suo comportamento delle attenuanti?? Non ti capirò mai … che vuoi che ti dica? Vuoi farti del male? Accomodati, sei maggiorenne e vaccinata. Buona fortuna.--
                                                                                                                                                           (continua)

mercoledì 5 settembre 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte undicesima)

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LA STORIA VISTA DA LORO


Francesco

Mamma mia che viaggio da incubo!! Uno sciopero a singhiozzo dei controllori di volo aveva causato oltre un’ora di ritardo sul decollo del suo aereo. Così lui che era famoso per essere sempre in anticipo stava letteralmente “friggendo” in attesa di sbarcare.

Tutto si muoveva a rallentatore (o almeno , questo era il suo sentire) : le hostess tutte sorrisi e occhi sfavillanti che ci mettevano una vita a far aprire il portellone, quelli che in fila davanti a lui non riuscivano a sfilare le valigie dalla cappelliera ed infine l’autobus che doveva portarli al terminal che non si decideva a partire.

Continuando così non sarebbe MAI arrivato in tempo per l’inizio della convention. Fortunatamente era il terzo relatore del giorno quindi non era a rischio il suo intervento, ma prima di partire aveva già fatto tutti i suoi piani: arrivare con calma, fare il check-in e farsi assegnare la stanza, depositare le valigie, darsi una rinfrescata e finalmente scendere nella sala destinata all’incontro per prendere posto sulla poltroncina a lui riservata.

Se le cose continuavano così, avrebbe dovuto abbandonare la valigia alla reception e catapultarsi in sala tutto accaldato e scarmigliato.

La fortuna fece capolino appena fuori dall’aeroporto quando riuscì a prendere al volo un taxi appena rientrato da una corsa in città.

Diede frettolosamente l’indirizzo al tassista e poi prese fiato guardandosi attraverso lo specchietto retrovisore.
“Se il buon giorno si vede dal mattino, oggi sarà una giornata da schifo!! Mai messo in fila tante rogne come stamattina! sarà meglio che ripassi un po’ il mio intervento, che ci manca solo che mi dimentichi quello che ho preparato e allora sì che la frittata è fatta!”

Aveva iniziato mentalmente a ripassare schemi e numeri, percentuali e diagrammi … ok, il suo cervello sembrava non risentire di tutto lo sconquasso al quale era stato sottoposto.

Intanto il taxi si era fermato davanti all’Albergo e pagato la corsa lasciando anche una piccola mancia, si era diretto verso la hall sbirciando l’orologio da polso. Poteva farcela.


Chiara

Quella mattina avrebbe sostituito “una tantum” una collega che aveva chiesto un giorno di permesso e anziché lavorare nelle retrovie come al solito ( il suo amato ufficio che affacciava su un minuscolo giardino e dove quotidianamente si riversavano turisti e non con problemi e richieste che lei prontamente gestiva e cercava di risolvere) avrebbe occupato il posto di “front-office” alla reception.

La collega l’aveva avvisata che quel giorno era in previsione una convention alla quale avrebbero partecipato aziende che venivano da ogni parte d’Europa. Si prevedeva quindi una mattinata “calda” per accogliere quel fiume di persone che sarebbero arrivate tutte abbastanza di buon’ora e avrebbero voluto tutte fare il check-in prima dell’inizio dei lavori.

In fondo quel tipo di lavoro le piaceva (magari non farlo tutto il giorno e non tutti i giorni ma …): si trattava di sbrigare poche semplici formalità,farsi consegnare un documento, controllare la prenotazione, farsi saldare il conto e consegnare le chiavi della camera assegnata. Il tutto contornato da sorrisi e atteggiamento empatico, quello che fa sentire a chi ti sta di fronte che può contare su di te per qualunque cosa.

Il fatto poi che quella mattina sarebbero arrivata gente da qualunque parte d’ Europa non la preoccupava più di tanto: avrebbe sfoderato tutto il sapere acquisito durante gli anni di studio per diventare “mediatore linguistico” e tutto sarebbe andato per il meglio. Il suo inglese rasentava il “madre-lingua” (anche per merito delle tante chiacchierate, in tempi ormai lontani, fatte con George nella sua lingua d’origine).

Ma non se la cavava affatto male né con il francese, né con il tedesco, né tantomeno con lo spagnolo.

Scorrendo la colonna dove erano annotati i paesi d’origine di chi sarebbe arrivato di lì a poco aveva avuto la conferma che sarebbe stata una “passeggiata di salute” accogliere tutti. Aveva solo qualche remora per un paio di portoghesi, ma era certa che, la sua buona volontà da una parte e la predisposizione ai rapporti umani che da sempre contraddistingueva quel popolo famoso per il “Fado”, la venerazione alla Madonna di Fatima e le tante belle città affacciate sull’Atlantico, avrebbero dissipato qualunque problema si fosse presentato.


Reception – hall dell’hotel

Lui: <<Buongiorno. Sono un relatore della convention. Ci dovrebbe essere una prenotazione fatta dalla ditta Freiz a nome Francesco Lo Monaco.>>

Lei (che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo basso controllando la lista degli arrivi del giorno) alzando lo sguardo dai documenti che aveva accanto a sé, aveva sentito il cuore perdere un battito. Non era possibile!! E in perfetto tedesco:<<Buongiorno a lei ... cortesemente mi fornisce un documento? La sua camera è la 321 al terzo piano, l’ascensore è in fondo a quel corridoio alla sua sinistra>>

Lui sgranando gli occhi aveva messo a fuoco la targhetta con il nome della donna che gli stava davanti. “Chiara” diceva la targhetta. Era LEI, dopo 20 anni l’aveva ritrovata. Era bella come allora, forse anche di più. <<Chiara ma sei proprio tu? Dopo tutti questi anni!! Non sei cambiata per nulla, anzi se possibile sei ancora più bella>>

Lei: (col cuore che andava a mille ma mantenendo un autocontrollo da manuale) <<Francesco? Guarda che combinazione! E che caso ritrovarci proprio qui dove lavoro io dopo tutto questo tempo … ti trovo bene, il tempo è stato clemente con te>> (ma come parlava? Era bello, bello da far paura … i suoi occhi, quegli occhi che tanto aveva amato erano identici ad allora ma “velati” come se non fosse felice. E I capelli? Una spruzzatina d’argento alle tempie lo rendeva ancora più interessante …)

Lui: <<ascolta: adesso devo proprio scappare in sala conferenze ma promettimi che quando finisce la sessione di oggi ti ritroverò qui … io e te dobbiamo parlare, abbiamo troppe cose da chiarire …>>

Lei :<< esatto … abbiamo troppe cose da chiarire … ma chi ti dice che io sia disposta ad ascoltare le storie che vorrai raccontarmi? Non è meglio lasciare tutto così …>>

Lui: (cercando di controllare un gesto di stizza) <<capisco che preferiresti lasciare le cose come stanno, ma non credi che dopo tutto questo tempo io meriti almeno una spiegazione? Sei sparita così nel nulla e adesso vuoi far finta di niente?>>

Lei: << scusami?!? Io sono sparita senza dare una spiegazione? Ti ricordo che sto ancora aspettando il tuo indirizzo in Germania per poter rispondere alle tue lettere … ma il signorino ha pensato bene di svignarsela …>>

Voce fuori campo : << signorina … mi scusi …posso avere …..>>

Lui:<<guarda che io appena ho potuto ti ho mandato l’indirizzo ma tu non mi hai mai risposto, anzi hai fatto rispedire al mittente le lettere che ti spedivo …>>

Voce fuori campo : << mi scusi … avrei la necessità di ritirare…..>>

Lei: <<io non ho mai ricevuto l’indirizzo e ad un certo punto non ho proprio più ricevuto niente da parte tua tant’è che ….>>

Voce fuori campo : ( schiarendosi la voce) << mi scusi … può cortesemente….>>

In quell’ istante, il suono della campanella che annunciava l’inizio della convention interruppe i loro battibecchi.

Lui: <<adesso devo proprio andare ma non possiamo chiuderla così …direi che abbiamo parecchie cose da chiarire … ti trovo qui dopo?>>

Lei:<<Non lo so …>>

Voce fuori campo : << signorina, adesso che il bel giovanotto se n’è andato mi può dar retta? Avrei necessità di sapere se è possibile accedere a visite guidate ai maggiori monumenti della città …. Signorina?!? ….>>

Lei: << sì mi scusi, diceva? Monumenti? Visita guidata? Certo, guardi abbiamo questi opuscoli da consultare …>>

Un’ultima occhiata furtiva da parte di entrambi e poi ognuno era tornato alle proprie occupazioni. Le spiegazioni dovevano aspettare ancora un po’ …

                                                                                                                                                (continua)

martedì 4 settembre 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte decima)

                    (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)


Oltre 20 anni dopo

LA STORIA VISTA DA LEI


“Gli uomini non cambiano,
prima parlano d’amore e poi ti lasciano da sola
gli uomini ti cambiano
e tu piangi mille notti di perché.
Invece gli uomini ti uccidono
E con gli amici vanno a ridere di te…”

Ma guarda te come una semplice canzone le aveva fatto fare un viaggio a ritroso nei vent’anni appena trascorsi …

Gastone nel corso degli anni era diventato un bel gattone un po’ menefreghista: durante il fine settimana passava un sacco di tempo con la sua coinquilina che seguiva per casa passo passo come un’ombra e con la quale condivideva divano e lettone. Dal lunedì al venerdì diventava il vero padrone della casa, complice il fatto che Chiara passava gran parte della giornata al lavoro e la sera era spesso fuori con George; questo gli permetteva di fare la bella vita dormicchiando su poltrone e divano, passando al soffice tappeto del soggiorno per poi approdare al lettone ricoperto da un caldo plaid.

Ma raggiungeva il massimo del piacere d’inverno quando si appollaiava a “mò di sfinge” sul termosifone del corridoio e passava ore intere a pisolare nell’attesa del rientro della sua “umana”.

E quando sentiva i passi avvicinarsi alla porta, raddrizzava le orecchie e si metteva in ascolto: se capiva che Chiara non era sola, si stiracchiava e andava a continuare il suo riposino nella cesta dietro il divano …Lui non voleva avere niente a che fare con George, l’intruso, il suo rivale.

George era un compagno attento: non dimenticava mai una ricorrenza, un compleanno. Non passava mese che non arrivasse con qualche biglietto per assistere a commedie, concerti o anche “prime” alla Scala di Milano o al “Regio” a Torino.
Alle volte usufruivano di qualche giorno di ferie”infrasettimanali” , in un paio d’ore di volo raggiungevano una capitale europea e facevano i turisti.

Chiara dal canto suo era una donna sensibile e discreta: amava la compagnia di George, amava fargli trovare, quando tornava dai fine settimana passati con l’altra famiglia, un libro, un profumo, un fermacravatta, un segnalibro fatto a mano da un artigiano scovato durante una delle sue passeggiate nelle vie più nascoste della Capitale...

Inizialmente aveva accettato di buon grado questo suo dividersi tra lei da una parte e i figli dall’altra.
In fondo faceva piacere anche a lei ritagliarsi dei momenti tutti per sé. Aveva voluto imparare a mantenere la sua indipendenza per evitare di soffrire nel far troppo affidamento sugli altri.

Poi gli anni avevano cominciato a passare e nonostante George continuasse ad essere lo stesso di sempre, in lei si era insinuato il dubbio e aveva cominciato a inseguire “strani” pensieri (che poi così strani non erano)

Cuore:--certo è corretto che lui non volesse divorziare finché i bambini erano piccoli per non sottoporli ad un trauma.--

Ragione: <<Ma ragioniamo: tanto a casa non c’era mai lo stesso quindi non sarebbe cambiato un granché. E comunque ormai sono passati parecchi anni, i suoi figli saranno diventati adolescenti quindi forse adesso sarebbe ora di prendere una decisione.>>

Cuore:-- Ma mica posso essere io quella che preme perché lui ponga fine a questo matrimonio che ormai è una farsa!--

Ragione:<< e perché no scusa? Lui ti aveva detto che una volta che i figli fossero diventati grandi avrebbe chiesto il divorzio? Vero?>>

Cuore:--veramente no … lui aveva solo detto che finché i figli erano piccoli non voleva sottoporli ad uno stress come quello causato dal divorzio dei genitori.--

Ragione: << hai capito che furbo il professore? Gioca con le parole, fa mezze promesse che promesse non sono … e tu che intenzioni hai? Di fare per sempre “l’altra donna”? perché io lo so che tu pensi a “loro” come “l’altra famiglia” ma sbagli … per la legge LORO sono la famiglia e tu “l’altra donna”>>

Cuore:--come al solito tu non vuoi capire. Lui passa la maggior parte del suo tempo con me, è attento, carino, pieno di premure. Molto meglio di tanti mariti che conosco! Sono IO la sua vera famiglia, anche se non sulla carta.--

Ragione: <<sei tu che non vuoi capire come al solito. Ma non hai ancora capito che il professore ha usato la scusa dei figli piccoli per evitare che le sue avventurette potessero accampare diritti e chiedessero un rapporto un po’ più stabile?? Poi sei arrivata tu e probabilmente di te si è anche innamorato, ma non abbastanza. Lui è soprattutto innamorato di se stesso e dell’idea di libertà che gli dà il rapporto con te. E del resto, dimmi una cosa: tu di lui sei veramente innamorata?>>

Cuore:--che domande? Certo che ne sono innamorata …--

Ragione:<<alt,alt,alt!! aspetta a rispondere … saresti disposta a condividere ogni giorno della tua vita con lui, rinunciando alle tue serate da single, ai tuoi fine settimana di libertà? Sii sincera … almeno con te stessa …>>

E lì … su quella domanda si era fermata a pensare, a riflettere …

Ragione:<<già il fatto che tu non mi abbia risposto subito mi fa pensare che come al solito ho ragione … ma se vogliamo proprio toglierci ogni dubbio circa i sentimenti di George possiamo fare così: quando torna dal suo prossimo viaggio in seno alla famiglia tu sarai carina come sempre, lo accoglierai con la tua solita eleganza, insomma metterai in atto tutte quelle cose che a noi donne vengono così facili e quando sarete li tutti “ciccì e coccò” proverai a sondare un po’ il terreno chiedendo se i ragazzi sono diventati abbastanza grandi per affrontare la separazione dei loro genitori … cose così … e guardalo bene finchè ti risponde … perché la sua bocca dirà cose che il suo corpo potrebbe smentire. Ti ricordi il linguaggio del corpo? Ti ricordi i corsi di P.N.L.? ecco, rispolvera i tuoi ricordi su come la gente mente con la bocca ma con il corpo non ce la fa e vedi cosa succede. E guardalo con la Ragione, non con il cuore>>

Aveva avuto tutto il fine settimana per pensare a cosa chiedergli, a come chiederlo e poi finalmente era arrivato quel lunedì sera.

Erano sul divano abbracciati che bevevano un buon calice di rosso, musica jazz in sottofondo e Gastone che faceva le fusa dietro le loro spalle.
L’aveva visto un po’ più taciturno del solito e per un attimo aveva pensato di lasciar perdere tutto e continuare così, nella beata tranquillità di una vita a metà.

Poi lui aveva rotto il silenzio e guardandola negli occhi aveva detto:
<<so che quello che sto per dirti non ti piacerà ma sono convinto che sia giusto essere onesto con te … con te che hai condiviso tanta parte della mia vita … con te che sei la persona con la quale ho passato più tempo … >>

Lei aveva cominciato a sentirsi a disagio; quell’inizio non prometteva nulla di buono.

<<io ho sempre invidiato la tua indipendenza, tu sei una donna che sta bene anche da sola … io no: io devo avere qualcuno al mio fianco per sentirmi completo e ti dirò di più … nel corso degli anni sono arrivato alla conclusione che io, per star bene, ho bisogno di avere al mio fianco una persona che ha bisogno di me,che dipenda da me.
Tu non hai bisogno di nessuno, tu basti a te stessa e io vicino a te mi sento inutile. Se tu nel corso degli anni mi avessi chiesto di separarmi almeno una volta, anche solo una volta, allora avrei pensato che anche tu avessi bisogno di me quanto io ne ho di te. E invece no … io andavo, tornavo e tu non chiedevi mai niente. Sembrava quasi ti facesse comodo la mia lontananza …>>

Chiara ascoltava e non capiva … stava dicendo che la colpa era sua? Lei aveva pazientato anni e adesso veniva fuori che non aveva pazientato bensì era contenta di come stavano le cose?

George aveva continuato imperterrito:
<<Ho parlato parecchio con mia moglie in questo fine settimana. I figli sono grandi: uno abita già in un’altra città per studiare e il piccolo partirà entro la fine dell’anno per un viaggio studio in America. Lei dice che la casa è già vuota adesso , figuriamoci da settembre in poi … e che lei da sola proprio non ci sa stare.
Così ne abbiamo discusso e sono arrivato alla conclusione che forse è giusto che ci riproviamo. Quindi ho deciso che chiederò il trasferimento e proverò ad avvicinarmi a casa con il lavoro e a mia moglie se vorrà provare a fidarsi di me.>>

Chiara era senza parole … doveva essere lei a cercare di fare un po’ di chiarezza e invece ci aveva pensato lui a chiarire tutto.

Lui aveva concluso dandogli un buffetto sulla guancia e dicendo:
<<credimi Chiara … tu non hai bisogno di un uomo accanto. Tu sei forte. Lei no, lei è fragile e ha bisogno di me, ha bisogno di suo marito …>>

L’aveva abbracciata in modo “cameratesco” e poi lentamente era uscito dalla porta e dalla sua vita.

Incredibile!! Come diceva Forrest Gump “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mia quello che ti capita” … dall’amaro che aveva in bocca,a lei oggi era capitato un cioccolatino all’arsenico.

In quel mentre Gastone era uscito dal suo nascondiglio e si era acciambellato sulle sue ginocchia regalandole le fusa più rumorose che ricordasse. Questo era il suo modo per dirle “ci sono qua io, andrà tutto bene…”

E poco alla volta la vita aveva ripreso il sopravvento: il lavoro, questo grande medico. Lavorava in un hotel piuttosto prestigioso e le sue mansioni prevedevano il contatto quotidiano con il pubblico.

La prima cosa che le aveva insegnato la persona che l’aveva preceduta e l’aveva formata per questa occupazione era stata: “ricordati che ai clienti dei tuoi problemi importa poco o niente. Tu sei lì per risolvere i loro problemi, non viceversa. Quindi alla mattina, quando ti prepari per venire al lavoro, indossa il tailleur d’ordinanza e poi come tocco finale, indossa il tuo più bel sorriso”

Non era facile nascondere con il trucco le occhiaie causate da una notte insonne , ma ancor più difficile era spazzar via la tristezza dai suoi occhi.

Con impegno,applicazione e un tanto, tanto tempo ci era però riuscita. I clienti la adoravano e si complimentavano con lei e con i suoi superiori per i modi sempre garbati , per l’atteggiamento pacato che li metteva  a loro agio.

La giornata era lunga e le ore fuori dal lavoro tante: bisognava in qualche modo riuscire a riempirle.

Si era iscritta ad un corso di yoga ma il suo spirito un po’ ribelle faceva “ a botte” con questa disciplina. Era passata quindi ad “acquagym” ma anche qui non si era trovata bene.

Infine aveva optato per “il camminare”, seguendo i consigli di un collega che da anni aveva abolito qualunque mezzo di locomozione e si muoveva solo ed esclusivamente a piedi. Tanto le aveva decantato i benefici di questa attività che si era fatta convincere e dopo aver acquistato scarpette e abbigliamento comodo aveva iniziato dapprima con qualche camminata lunga nei fine settimana, per poi decidere, piano piano, di recarsi al lavoro a piedi.

Aveva scoperto così una Roma diversa da quella che era abituata a guardare dai finestrini dell’auto, una città che si sveglia presto, in perenne movimento. Aveva ritrovato “cose” dimenticate come il profumo del pane caldo,quello dei fiori attraversando un mercatino rionale.

Anche quella mattina si era alzata che albeggiava appena: aveva sistemato le crocchette e l’acqua fresca per Gastone, gli aveva fatto 2 grattini e le raccomandazioni di non distruggere casa in sua assenza, aveva afferrato lo zaino con il cambio e via, per le vie ancora sonnacchiose della città.

Nonostante gli ritornassero alla mente le parole della canzone sentita alla radio e che un po’ l’avevano immalinconita obbligandola a fare un bilancio della propria vita, aveva deciso che quella sarebbe stata una splendida giornata “il potere del pensiero positivo” e che se la sua vita era come una scatola di cioccolatini, oggi sarebbe stato un cioccolatino fondente al peperoncino con cuore alla menta … caldo e fresco allo stesso tempo, un contrasto in fondo … tutto e il contrario di tutto.

Insomma era aperta e disponibile a tutto quello che quel nuovo giorno le avrebbe riservato …  o almeno … questo era quello che credeva …

                                                                                                                                                                                      (continua)