giovedì 30 agosto 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte ottava)

                        (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)

Oltre 20 anni dopo


LA STORIA VISTA DA LUI

"E tu chissà dove sei
Anima fragile
Che mi ascoltavi immobile
Ma senza ridere
E ora tu, chissà dove sei
Avrai trovato amore, o come me
Cerchi soltanto le avventure
Perchè non vuoi più piangere"

Chissà perché quella mattina si era svegliato canticchiando una vecchia canzone di Vasco…

"E la vita continua,
anche senza di noi,
che siamo lontani ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano,
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai
perchè col tempo cambia tutto lo sai
e cambiamo anche noi ..."

Ma dai ..chi voleva prendere in giro?Lo sapeva eccome perchè quella canzone gli tornava alla mente ...

"E tu chissà dove sei
Anima fragile"

Già … chissà che fine aveva fatto Chiara. Se lo era chiesto parecchie volte nel corso degli anni da quando, ragazzetto si era trasferito con la famiglia in Germania e lui e Chiara si erano giurati che niente e nessuno li avrebbe separati.

E invece era bastato poco più di un mese di lontananza e lei si era “defilata” in modo lieve … non si era mai fatta viva con lui e anzi ad un certo punto aveva anche cominciato a respingere le sue lettere, come a voler mettere la parola FINE alla loro storia senza dargli il diritto di replica.

Le aveva raccolte tutte, le lettere che erano ritornate al mittente … dapprima frastornato perché non capiva cosa stesse succedendo, poi arrabbiato con il mondo intero perché aveva visto tutti i suoi sogni fatti a pezzi, calpestati e senza sapere perché.

Le aveva raccolte tutte, legate con un nastro rosso e riposte in una scatola di latta, di quelle dei biscotti “Lazzaroni”.


Quella scatola lo aveva accompagnato nei vari traslochi per poi trovare posto ogni volta nell’angolo più buio dell’armadio … e ad ogni trasloco saltava fuori e lui valutava se disfarsene o continuare a portarla con sé … non se n’era mai disfatto e la scatola era saltata fuori la sera prima, finché armeggiava nell’armadio alla ricerca della valigia da riempire per l’imminente viaggio.

E prepotentemente erano saltati fuori anche tutti i ricordi e con loro la canzone di Vasco che così bene si adattava alla loro storia.

"Avrai trovato amore, o come me
Cerchi soltanto le avventure
Perchè non vuoi più piangere"

E tutte le volte che si era imbarcato in una nuova storia d’amore, il ricordo di Chiara era tornato limpido e nitido come se il tempo non fosse mai trascorso.

E come nella canzone di Vasco, lui si era chiesto dove fosse Lei, cosa stesse facendo, se avesse trovato quello che cercava, cosa avesse fatto in tutti quegli anni.

Ne erano passati di anni da quel fine agosto. Oltre 20 per la precisione.

Il ragazzo cortese e fiducioso era diventato nell’arco di un mese taciturno e malinconico … e anche parecchio incavolato.

Amareggiato perché Chiara aveva deciso di troncare senza lasciargli la possibilità di controbattere, si era buttato anima e corpo nel lavoro e nello studio, riuscendo bene in entrambi i campi.

Era considerato da tutti, insegnanti e compagni di scuola ma anche colleghi e caporeparto in fabbrica, come una persona affidabile, corretta, diligente e scrupolosa.

Così aveva ultimato il percorso di studi recandosi 2 volte in Italia a sostenere gli esami e aveva sempre scelto città abbastanza lontane dalla sua di origine, per evitare che la malinconia prendesse il sopravvento.

Addirittura per la maturità si era iscritto a Roma, proprio per essere ben lontano da luoghi dove avrebbe potuto incontrare casualmente qualcuno del suo passato.

E iscrivendosi a Roma aveva finito per sostenere gli esami a 200 metri dal liceo frequentato da Chiara. Ma lui non lo sapeva e il destino non li aveva fatti incontrare.

Dopo il diploma aveva seguito due corsi di Marketing e una volta terminati aveva fatto un invio massivo di curricula.

Molte le aziende che gli avevano risposto e fra le tante ne aveva scelta una con parecchie sedi in altrettante città europee.

Aveva fatto la gavetta, ma da subito aveva dimostrato di avere le doti per aspirare ad un posto di responsabilità.

Così nel corso degli anni era diventato Responsabile Vendite per l’Estero e il suo lavoro lo portava frequentemente in viaggio a visitare le varie filiali, a cercare di capire i punti di forza e quelli “claudicanti” e a studiare nuove strategie con chi le gestiva per risolvere i problemi.

Aveva viaggiato tanto per lavoro fino a diventare l’uomo di punta dell’azienda.

Quanto era stata sfavillante la sua carriera lavorativa, tanto era stata piatta e monotona la sua vita personale.

Storie certo, ma storie alle quali non voleva dare importanza.

Frequentazioni che però rimanevano sempre entro certi limiti. Tutto questo fino al giorno in cui aveva incontrato Angelika.

Angelika di nome e di fatto: una ragazza solare e paziente che aveva saputo attendere, medicare ferite che non volevano rimarginarsi, farsi largo piano piano nel suo cuore.

E ci era riuscita bene: per anni avevano condotto una vita fatta di serate insieme, vacanze insieme, fine settimana insieme … fino al giorno in cui l’aveva guardato negli occhi e gli aveva detto:
<<Cosa ne pensi di andare a vivere insieme? Ormai è parecchio che ci frequentiamo, mi pare che insieme stiamo bene … potremmo anche pensare di mettere su famiglia. Ci pensi? Una casa tutta nostra e perché no, anche un bimbo, che l’età per fare sul serio ce l’abbiamo direi …>>

E lui aveva sentito uno strano brivido corrergli lungo la schiena e non era desiderio di condividere quello che gli era appena stato prospettato, ma più un malessere e una voglia di fuggire lontano.

Per un po’ l’aveva assecondata e nei fine settimana anziché fare gite o piccoli viaggi avevano cominciato ad andare a vedere appartamenti e casette. E per quanto lei li trovasse adorabili, lui trovava invece sempre qualche difetto sul quale non si poteva assolutamente derogare.

Troppo vicino alla ferrovia ( sai che rumore di notte quando passano i treni?), troppo lontano dal centro ( dai non possiamo venire a vivere qui! Per andare a bere un aperitivo bisogna mettersi in macchina per oltre mezzora!!) troppo piccolo, troppo grande, senza neanche un po’ di giardino, con un giardino troppo grande, troppi lavori da fare, troppo caro, troppo economico (se te lo vendono ad un prezzo così basso vuol dire che c’è la fregatura).

All’ennesima accezione che aveva sollevato, Angelika lo aveva preso in disparte e guardandolo negli occhi aveva detto:
<<Non sono le case che non vanno bene, vero? E’ l’idea di metter su famiglia che ti atterrisce. E non sono nemmeno io che non vado bene per te … è proprio l’idea di condividere in maniera stabile la tua vita con un’altra persona che ti sconvolge, sbaglio?>>

Lui se ne stava impietrito non sapendo cosa dire. Angelika era riuscita con poche parole a fare uno spaccato perfetto di quello che provava, di quello che sentiva.

Gli dispiaceva farla soffrire, ma contemporaneamente non poteva certo continuare ancora a fingere, non dopo essere stato così platealmente scoperto.

E così era tornato a fare “il lupo solitario” e il lavoro aveva preso il sopravvento.

Viaggiare per lavoro gli serviva per non fermarsi a pensare a cosa era veramente la sua vita: un involucro sterile dove non trovavano posto i sentimenti.

Aveva viaggiato per l’Europa in lungo e in largo, ma in Italia non era più tornato per scelta.
Quando gli prospettavano un viaggio nel Bel Paese cercava sempre di “glissare” e affidarlo al suo collega che invece amava tutto del paese oltralpe: le donne, la cucina, la musica, l’aria che si respirava.

Ci era riuscito per oltre 20 anni. Fino al giorno prima.

Il giorno prima all’ennesima proposta di una convention in Italia dove sarebbe stato relatore per parlare di mercati, vendite e profitti, aveva cercato come al solito di “passare la palla” al suo collega ma purtroppo il collega era in vacanza dall’altra parte del mondo.

Suo malgrado quindi, aveva deciso di affrontare i fantasmi del passato e recarsi alla convention.

Tirando giù dall’armadio la valigia, questa si era trascinata dietro la famosa scatola di latta con le lettere.

E lui, anziché iniziare a riporre in modo ordinato camicie e pantaloni, mutande e calzini, si era seduto sul letto e sciolto il nastro che teneva unite le lettere, aveva cominciato, scegliendone una a caso, a leggere i sentimenti che albergavano nel suo cuore tanti e tanti anni prima.
                                                                                                                           (continua)

mercoledì 29 agosto 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte settima)

                 (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)

LA STORIA VISTA DA LEI


Sarebbe andato tutto bene … se solo la portinaia non avesse deciso che avrebbe fatto tutto un pacco con la corrispondenza arrivata nel corso di un paio di settimane (che mica poteva perdere tempo ad andare in posta tutti i giorni!!)

Sarebbe andato tutto bene se solo la portinaia avesse scritto su un post-it giallo l’appunto dell’indirizzo con una grafia leggibile anziché in un modo che assomigliava vagamente ai geroglifici egizi.

Sarebbe andato tutto bene se solo la portinaia non avesse invertito 2 numeri del cap e anziché scrivere 00123 (che corrispondeva alla zona dell’Olgiata) aveva scritto  00132 (che corrispondeva alla zona Fontana Candida ) tutto da un’altra parte!! E a causa di questo errore, il pacco con la corrispondenza inviato a Chiara era rimasto in giacenza tra gli inesitati per un lunghissimo periodo.

Sarebbe andato tutto bene se la portinaia non avesse dovuto assentarsi dal lavoro per parecchio tempo per andare ad assistere la sorella che aveva subìto un intervento chirurgico e che abitava in un’altra città.

In guardiola, al suo posto, era subentrato il marito.

Peccato però che nulla sapesse di tutte le dinamiche che riguardavano il condominio e la moglie gli aveva lasciato poche disposizioni (cambiare la lampadina al terzo piano, innaffiare le piante in terrazzo, chiedere alla signora del 5B se voleva che portasse il suo gatto a fare il vaccino…)

Il primo giorno non sapendo bene come comportarsi, aveva cercato di mettere un po’ di ordine tra le scartoffie che affollavano la scrivania. Aveva diviso le bollette da pagare dagli estratti conto della banca, buttato nel cestino dei vecchi appunti di cose già fatte e anche un post it giallo dove c’era scritto qualcosa di indecifrabile.

Il portalettere gli aveva lasciato un paio di buste che a quanto pareva provenivano dalla Germania. Aveva scorso tutte le cassette postali ma il cognome sulla lettera non corrispondeva a nessuno dei condòmini. Aveva così deciso di riporle momentaneamente in un cassetto in attesa che tornasse a casa la moglie che sicuramente avrebbe saputo cosa fare.

Ma la “signora-portinaia” aveva dovuto trattenersi presso la sorella per un periodo superiore al previsto e le lettere continuavano ad arrivare e lui non sapeva davvero come comportarsi.
Così un giorno aveva deciso di comunicare al portalettere che il destinatario di quella corrispondenza non risiedeva più lì e a lui non risultava alcun indirizzo dove inoltrare le lettere.

Il postino aveva quindi fatto comunicazione all’ufficio postale di “destinatario trasferito” e le lettere avevano cominciato a tornare al mittente.

E Chiara? Chiara non capiva cosa stesse succedendo … di punto in bianco le lettere avevano smesso di arrivare … aveva aspettato, e aspettato, e aspettato.

Poi un giorno aveva chiesto a suo padre, visto che questi doveva ritornare nella loro vecchia cittadina per chiudere alcune questioni lavorative, se poteva passare presso la palazzina dove avevano abitato fino al mese precedente per cercare di capire che fine avesse fatto la loro corrispondenza.

E un giorno il papà aveva bussato alla finestra a vetri della portineria e, una volta che era comparso nel vano della porta il marito della custode, dapprima aveva chiesto notizie della moglie per poi informarsi circa la loro corrispondenza in giacenza.

<<Come ha detto che si chiama? Sant’Andrea? Guardi ... io non ho nulla di vostro in giacenza qui in portineria … >>

<< Sa, avevamo lasciato a sua moglie un appunto con il nostro nuovo indirizzo perché ci inoltrasse la corrispondenza … chessò le ultime bollette e poi le lettere del fidanzato di nostra figlia dalla Germania … sicuro che non sia arrivata qualche lettera dalla Germania? Glielo chiedo perché prima di partire ricevevamo una lettera ogni giorno, quindi capirà che ci sembra un po’ strano che di punto in bianco non arrivi più nulla …>>

Man mano che il papà di Chiara parlava, mille pensieri affollavano la mente del “vice-portiere” … --dove aveva messo le prime lettere arrivate? Nel mobile del corridoio? No, nella credenzina in soggiorno?… proprio non si ricordava dove. E adesso come faceva a raccontare a questo signore che aveva deciso, in modo autonomo e unilaterale, di respingere le lettere che arrivavano dalla Germania? E se avesse raccontato la verità e i condòmini lo avessero licenziato per negligenza? Licenziato cosa? Era sua moglie la dipendente … peggio ancora … lui non poteva nemmeno starci lì in guardiola … e se poi l’amministratore avesse raccontato tutto a sua moglie? Chi poteva salvarsi dalle ire di quella iena? E così aveva pensato di andare fino in fondo con la sua “piccola bugia bianca”

<<Le ripeto che qui non c’è nulla in giacenza … mia moglie non mi ha lasciato alcuna disposizione quindi non so se magari aveva accordi con l’ufficio postale o se aveva già spedito tutto lei … non so proprio cosa dirle, mi dispiace ... le assicuro che se mai arriverà qualcosa a nome vostro glielo farò inoltrare subito. Vuole essere così cortese da lasciarmi il vostro nuovo indirizzo?>>

Non appena il papà di Chiara era uscito dal palazzo, il portiere “ad interim” aveva affisso allo stipite della porta, con una puntina da disegno, l’appunto con l’indirizzo di Roma, ripromettendosi di spedire con assoluta solerzia qualunque cosa fosse arrivata nei giorni successivi. –Certo che però, pensava, di lettere dalla Germania non ne arriveranno più visto che ho detto al portalettere di considerare il destinatario trasferito ad indirizzo sconosciuto. Vabbè che sarà mai!! Sono giovani, troveranno sicuramente la maniera di incontrarsi di nuovo, in fondo non è mica colpa mia … io sono un pensionato e stavo così bene a passare le mie giornate tra la bocciofila, l’orto cittadino e le quattro chiacchiere al bar con gli amici. E poi? Poi , per colpa di mia moglie che chissà quando tornerà, mi sono trovato rinchiuso qui dentro tutto il giorno. Ma io cosa ne so di questo palazzo e dei suoi abitanti?—

C’era però ancora in sospeso la questione delle prime lettere arrivate … dove le aveva cacciate?

Aveva buttato all’aria mobiletti, comodini e cassettiere e proprio in un cassetto, alla fine, le aveva trovate.

<<e adesso cosa ne faccio?—andava dicendo tra sé e sé-- Se le spedisco all’indirizzo di Roma e chi le riceve guarda il timbro di partenza? Capisce subito che sono arrivate qua un sacco di giorni fa e che quindi io al signor Sant’Andrea ho raccontato una balla. Non posso riportarle in posta perché rischio che mi facciano un sacco di domande sul perché le respingo dopo così tanti giorni. Se le tengo qui e le trova mia moglie quando torna “apriti cielo”!! Che casino! Ma guarda te cosa mi tocca!! …bon, ho deciso: le butto via e non se ne parla più … tanto chi le ha spedite non sa quante ne sono arrivate a destinazione e il destinatario non sa quante gliene sono state spedite. Le faccio in mille pezzetti e chi si è visto si è visto>>

Detto fatto, le aveva ridotte in tanti piccoli pezzetti e buttate nel WC. Aveva poi azionato più volte lo sciacquone e delle lettere non era rimasto più nulla.

Intanto il padre di Chiara , tornato a Roma, aveva dovuto raccontare alla figlia dell’incontro con il portiere e della completa assenza di corrispondenza.

Chiara allora, suo malgrado, aveva cominciato a pensare che Francesco l’avesse messa da parte, che l’avesse dimenticata.

E così se da una parte il cuore le diceva che non poteva essere vero, dall’altra la razionalità la spingeva a guardare in faccia la realtà.

Cuore:--ci deve essere una spiegazione … è impossibile che abbia troncato così ogni contatto … se solo avessi un indirizzo ... prenderei il primo treno e lo raggiungerei e vorrei che me lo dicesse in faccia che ci ha ripensato … se ci ha ripensato … perché secondo me non ci ha ripensato … è successo qualcosa ed è per questo che non riesce più a scrivermi … potrei provare a contattare telefonicamente gli amici in comune per vedere se hanno notizie …--

Ragione<< ma finiscila!! Ancora ti vuoi illudere? Mi sembra che i fatti siano inequivocabili. Lui parte, ti scrive per un po’ e poi tronca di brutto. Più nessuna notizia, non ti ha mai mandato un recapito dove poterlo contattare, questo non ti fa un po’ insospettire? Secondo me ha voluto uscire di scena evitando di dover affrontare i tuoi pianti e le scene patetiche. Un bel taglio netto e ciao>>

Cuore—non è così … oppure: quello che dice Ragione è vero, ma c’è sicuramente qualcos’altro che non sappiamo, ed è quel qualcos’altro che fa la differenza … se solo sapessi di cosa si tratta! Se solo avessi un qualche appiglio …--

Ragione<< ma quale appiglio? Te lo devo scrivere a caratteri cubitali? Quello si è trasferito, ha trovato una più disinibita di te ( capisc’amme cosa intendo…) con la quale sta bene, ce l’ha vicina, ma chi glielo fa fare a tenere in piedi una storia a distanza!!>>

Cuore—si ma … —

Ragione<<finiscila! Lo sai che ho ragione io … e prima lo accetti e prima puoi ricominciare>>

Cuore—sì però … --

Ragione <<ancora?!? Finiscila, mettiti il cuore in pace …>>

Cuore—non posso …--

Ragione<<Perché?>>

--Perché il Cuore conosce ragioni che la Ragione non conosce … (Blaise Pascal)--

                                                                                          (continua)

martedì 28 agosto 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte sesta)

                 (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)


LA STORIA VISTA DA LUI

E lentamente tutte le cose andavano a posto come tanti tasselli di un puzzle: La casa stava venendo veramente carina, il fratellino più piccolo era stato iscritto al “kindergarten” (l’equivalente della nostra scuola materna), i gemelli al primo anno della “grundschule” ( la nostra scuola elementare).

Francesco invece incontrava qualche problema ad iscriversi alla Realschule (l’Istituto Tecnico), perché era pur vero che in Italia era sempre stato promosso con ottimi voti, ma altrettanto vero era che non sapeva niente di lingua e letteratura tedesca. Impossibile quindi seguire le lezioni tenute solo ed esclusivamente in tedesco. Erano giorni che passava da una scuola all’altra coadiuvato da un paio di ragazzi che abitavano non molto distante da casa sua e che erano più o meno suoi coetanei.

In quella zona non esistevano scuole in lingua italiana nonostante fosse alta la presenza di nostri connazionali. Stava quasi per lanciare la spugna quando il suo amico Tommaso era arrivato a casa sua tutto tronfio come un galletto: << ho trovato!! Ho trovato la scuola che fa per te!!>> e tutto d’un fiato gli aveva raccontato che a pochi isolati di distanza c’era una scuola serale gestita da insegnanti italiani che poteva fare al caso suo … se magari voleva andare a darci un’occhiata …

Non se lo era fatto ripetere due volte e un quarto d’ora dopo stava già parlando con la Dirigente di questo centro.

Era tornato a casa entusiasta ed era corso subito a dirlo a suo padre:
<<sai papà, non posso frequentare la scuola partendo dal livello dove sono arrivato in Italia perché so poco o niente di lingua e letteratura tedesca quindi…>>
<<Quindi cosa vorresti fare? Abbandonare gli studi? Assolutamente no!! Troveremo qualcosa che fa al caso tuo … non posso pensare che tu faccia la fine che ho fatto io che senza un “pezzo di carta” ho dovuto lasciare tutto ed emigrare al Nord …>>
<<Papà, a parte che se emigro io al Nord, più al Nord di qui dove vado? In Lapponia? A che fare? Ad allevare le renne? Ascolta: ho trovato una scuola gestita da insegnanti italiani che seguono il programma italiano e in più ci fanno studiare tedesco. Alla fine dell’anno dovrei andare in Italia e presentarmi come privatista per sottopormi agli esami per passare all’anno successivo. La stessa cosa poi la farei in quinta per gli esami di stato. L’unico problema è che la scuola è una scuola serale … e io tutto il giorno che faccio? allora avrei pensato di andare a sentire dal titolare della ditta dove lavori tu se è ancora libero quel posto di magazziniere che mi aveva offerto … così potrei aiutarti un po’con i soldi ..sì sì lo so, tu stai pensando che se lavoro di giorno e vado a scuola di sera, quand’è che studio? Non ti preoccupare: studierò sabato e domenica. Ce la farò vedrai>>

Il padre lo guardava, occhi sgranati e bocca aperta. Quando finalmente Francesco aveva finito la sua arringa e zitto aspettava una risposta, questi aveva tirato un sospiro e aveva detto: <<Certo che con la chiacchiera non ti batte nessuno!! Sei uguale a tuo zio Antonio!! Che ti devo dire? Hai già deciso e devo dire che hai preso una decisione che mi fa capire che ormai sei un uomo. Va bene, provaci. Poi se vedrai che far quadrare tutto sarà troppo pesante magari potresti chiedere di lavorare in magazzino solo mezza giornata, oppure di fare sempre il turno della mattina dalle 6 alle 13, così avresti il pomeriggio libero per studiare… ah dimenticavo … abbiamo “l’Anmeldung” … come si dice? La residenza! Ecco leggi qua: da oggi la nostra famiglia risulta residente al nr 18 di Industrien strasse. Del resto –continuò ridacchiando-- una strada che è piena piena di fabbriche come questa come potevano chiamarla “garten strasse”?>>

Francesco era schizzato in piedi, aveva abbracciato suo padre, aveva preso in braccio sua madre e l’aveva fatta volteggiare e poi era corso in camera a scrivere finalmente una lettera dove poter apporre il nome e l’indirizzo del mittente.

“amore mio,
quante novità!! Come vedi dalla busta, finalmente ci hanno consegnato la nostra residenza, quindi da oggi potrai rispondere alle mie lettere. che poi: sono stato veramente un cretino. Avrei potuto darti l’indirizzo degli zii dove inviarmi le prime lettere, ma non ci ho proprio pensato…vabbè, ormai anche questo problema è superato.
Ho trovato una scuola serale gestita da insegnanti italiani dove potrò continuare il mio corso di studi e poi a giugno venire in italia per fare gli esami come privatista. E andando a scuola alla sera, probabilmente riuscirò a lavorare durante il giorno, così potrò aiutare un po’ la famiglia ma anche mettere da parte qualche soldino per venirti a trovare. Come vedi tesoro le cose si mettono al meglio …”

Qualche altra sciocchezza, qualche romanticheria e poi via: un bel francobollo e la passeggiata fino alla cassetta postale in fondo alla strada … se tutto fosse andato bene nell’arco di 2-3 giorni la lettera sarebbe arrivata a casa di Chiara e tempo una settimana anche lui avrebbe cominciato a ricevere notizie.

Se tutto fosse andato bene........
                                                                                                                                                                                             (continua)

lunedì 27 agosto 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte quinta)

                    (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)

LA STORIA VISTA DA LEI


Le AMICHE, quelle con la “A” maiuscola … anzi quelle tutte MAIUSCOLE, quelle che ti sostengono quando tutto sembra vacillare.

Ognuna a modo loro, nel modo a loro più consono: e così c’era quella che, convinta che un po’di dolcezza avrebbe salvato il mondo, arrivava sotto casa alle 8 di mattina, citofonava e saliva con la brioche appena sfornata. O l’amica “salutista” che la trascinava a correre nel parco di buon’ora perché “ossigenare i pensieri li rende meno neri” era il suo slogan.
O quella che arrivava, si sedeva in camera e stava semplicemente lì, ad ascoltare, se Chiara voleva sfogarsi, oppure a parlare per distrarre un po’ l’amica.
E quell’altra che si era proposta per fare un po’ di ripasso insieme “che tra un po’ inizia la scuola e non possiamo farci trovare impreparate”, oppure “la secchiona” che organizzava visite guidate a mostre e musei e le riempiva la testa di nozioni e dati storici.

E così, una sera si era soffermata a pensare che le amiche le avevano veramente riempito la vita in quell’ultimo periodo e soffriva ancora il distacco, certo, ma era più una malinconia che un dolore vero e proprio.
Le mancavano le passeggiate abbracciati, le carezze, il guardarsi negli occhi e vedersi riflessi in quelli dell’altro … le mancavano le loro lunghe chiacchierate all’ombra dei portici o seduti sotto un albero ai giardinetti, le mancava “il rituale” fatto di fisicità,di complicità.

Francesco stava tenendo fede alle promesse fatte e fatta eccezione per i primi giorni di assestamento , le lettere avevano iniziato ad arrivare quotidianamente. Lei ancora non poteva spedire le sue risposte per un cavillo burocratico che non aveva ben capito, ma questo non le impediva di scrivere a sua volta in attesa di avere un recapito al quale spedire.

Il postino aveva cominciato bonariamente a prenderla in giro e quando la trovava “casualmente” appostata in attesa ,vicino alle cassette della posta, cominciava ad armeggiare dentro la grande borsa di cuoio per poi smistare la corrispondenza nelle varie "buche".
Ad un certo punto, finita la consegna, risaliva sulla bicicletta e si allontanava salutandola. E lei rimaneva lì un po’ delusa … ma passavano 20, massimo 30 secondi e il portalettere faceva capolino dal portone rimasto accostato, sicuro di trovarla ancora lì e sorridendo diceva : “Ma tu guarda cosa mi era finita in fondo al borsone!” e le porgeva la busta azzurrina alla vista della quale il suo cuore cominciava a fare le capriole.

Leggeva le lettere tutte d’un fiato, come chi dopo una lunga corsa finalmente riesce ad impossessarsi di una bottiglietta d’acqua … e poi le rileggeva con più calma, soffermandosi sui passaggi salienti, cercando di immaginare come fosse la nuova vita, là, al Nord.
E cominciava a fare progetti per quando si sarebbero rivisti … cosa gli avrebbe detto, cosa avrebbero fatto insieme, dove sarebbero andati a rifugiarsi per ritrovare un po’ di intimità.

In casa sua era un periodo di tregua: la mamma sembrava stranamente serena, la sera usciva meno e parecchie volte aveva trovato entrambi i genitori seduti sul divano, la testa della moglie appoggiata sulla spalla del marito, che parlavano fitto fitto di case, mobili e lavoro.
Non aveva capito molto ma la tranquillità che aleggiava nelle stanze la faceva ben sperare.

Poi un giorno suo padre l’aveva fatta sedere al suo fianco sul bracciolo della poltrona e le aveva chiesto sorridendo : <<ti piacerebbe andare a vivere a Roma? Pensa che bello!! Vivere nella capitale!!>> la mamma languidamente seduta sul divano assentiva con la testa, gli occhi che brillavano.
Era rimasta un po’ stupita da quella domanda e aveva risposto : <<cosa c’entra Roma? Perché mi fai una domanda del genere? C’è qualcosa che dovrei sapere?>>
Il babbo serafico aveva spiegato che già da tempo attendeva una risposta ad un concorso che aveva fatto presso una prestigiosa biblioteca Capitolina e che finalmente quella risposta era arrivata ed era la proposta di trasferirsi andando ad occupare un posto di livello superiore all’attuale.
Questo significava una mole di lavoro forse più grande ma meglio organizzata, una retribuzione più alta e la possibilità di vivere in una delle città più belle del mondo.
E il papà aveva concluso dicendo : <<lo so che per te sarà un impatto, dovrai cambiare scuola, farti amicizie nuove. Mi consola solo il fatto che Francesco è già lontano quindi non dovrai subire un ulteriore “strappo”>>

Certo l'idea di abbandonare la sua cittadina, le sue amicizie, un po' la rattristava ma ... l’idea di andare a vivere a Roma la solleticava, inutile negarlo. E a quanto pare solleticava pure la mamma che la guardava con una strana luce negli occhi. Forse una grande città era proprio quello che le serviva per cacciare i suoi demoni.

E così dopo giorni e giorni passati a casa di Francesco ad aiutarlo a impacchettare roba, fare scatoloni e valigie, adesso toccava a lei.

Si accorse di quanta poca roba fosse veramente importante nella sua vita: i libri certo, ma non tutti quelli che riempivano la sua libreria.
Li divise in 2 grandi scatoloni: su uno scrisse con il pennarello rosso “ROMA” e sull’altro “CENTRO DIURNO” ( i libri non si buttano mai! Piuttosto si regalano agli amici, alle associazioni, al tizio che li rivende a metà rezzo al mercatino delle pulci ma buttarli nel bidone della spazzatura MAI! sarebbe stato come gettare via la cultura)

La stessa cosa fece con gli abiti: scelse accuratamente quelli che voleva per sé e gli altri li chiuse in 2 grossi sacchi che avrebbe portato “all’opera S.Vincenzo”.

In mezzo a tutte queste attività la corrispondenza che arrivava dalla Germania era un punto fisso … ogni giorno il portalettere le recapitava una busta con un po’ di Germania. Cosa si mangiava, che musica si ascoltava, com’erano i ragazzi della loro età, cosa facevano nel tempo libero.

E lei continuava a rispondere a queste missive e depositava tutte le sue lettere in una grande scatola a fiori in attesa di ricevere l’agognato indirizzo teutonico.
E un pomeriggio, mentre riponeva l’ennesima lettera nella scatola rimase con la mano a mezz’aria come se l’avesse colpita un fulmine. Poi si riscosse e corse da sua madre che, in salotto, stava avvolgendo nella carta di giornale, una collezione di animaletti di vetro di Murano per poi depositarli dentro una capiente scatola che già conteneva calici e bicchieri di cristallo.

<< Mamma pensavo una cosa, ma se l’indirizzo di Francesco non mi arriva prima del nostro trasferimento ? Io non posso scrivergli che stiamo traslocando, lui non saprà mai il nostro nuovo indirizzo … come facciamo???>>
La mamma ci pensò un attimo e poi disse :<< sai cosa facciamo? Lasciamo il nostro nuovo indirizzo alla portinaia con la preghiera di inoltrarci tutta la corrispondenza che arriverà dopo la nostra partenza, così nessuna lettera di Francesco andrà persa e quando finalmente ti manderà il nuovo indirizzo tu potrai spedirgli il nostro di Roma. Non disperare! Come diceva la nonna Maria :“se lui è quello destinato per te, nessuno te lo porterà via” Però adesso abbiamo qualcosa di più impellente da fare : dobbiamo andare a scuola a prendere il nullaosta per il trasferimento nella nuova scuola di Roma.>>

Nel giro di qualche giorno avevano disdetto le varie utenze, il contratto di affitto dell’appartamento e si preparavano a lasciare anche loro la città. Del nuovo indirizzo di Francesco però non c’era ancora traccia.

“Andrà tutto bene, andrà tutto bene…” se lo ripeteva come un mantra.

Insediarsi nel nuovo appartamento, andare ad iscriversi a scuola, utilizzare gli ultimi giorni di vacanze per fare un po’ la turista. Tutte queste occupazioni facevano sì che la nostalgia per “l’amato” facesse capolino solo alla sera quando esausta si stendeva sotto le coperte.

Dal suo arrivo nella nuova città non aveva ancora ricevuto alcuna lettera ma pensava che la portinaia del vecchio stabile avesse ritenuto di raccogliere un po’ di corrispondenza prima di “girarla” al nuovo indirizzo.
Tutto si muoveva freneticamente e non c’era proprio il tempo di piangersi addosso.

Sarebbe andato tutto bene … se solo la portinaia …..
                                                                                                                                                                                    (continua)

venerdì 24 agosto 2018

UNA PICCOLA STORIA D’AMORE (parte quarta)

                 (questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte. grazie)


LA STORIA VISTA DA LUI


Il viaggio era stato interminabile … ore e ore su un treno tutt’altro che comodo, in un fumoso scompartimento di 2^ classe.

Erano partiti lasciando la città immersa in una soleggiata mattina d’agosto.

Quando, il giorno dopo, erano scesi nella cittadina tedesca che da quel giorno sarebbe stata la loro nuova città,  sembrava autunno inoltrato: il cielo carico di nuvole grigie, una pioggerella fine e insistente a sottolineare la loro tristezza.

Appena fuori dalla stazione avevano incontrato lo zio Antonio che non vedevano da parecchi anni.

<< Dovete scusarmi se non sono più tornato in Italia , ma il viaggio costa assai e qui non è proprio che nuotiamo nell’oro. Ma venite, venite. Intanto andiamo a casa mia che mia moglie vi ha preparato un pranzetto come quelli che faceva nostra madre al paese. Mi sono persino piantato qualche pianta di pomodori sul balcone … non hanno lo stesso sapore di quelli maturati al sole del Sud ma ci fanno sentire un po’ meno la mancanza. Poi, oggi pomeriggio potete riposarvi un po’ e prima di sera andiamo a conoscere il padrone della fabbrica e a vedere la vostra nuova casa. Vedrete, non si sta male. Certo non è l’Italia, ma ci sono tante cose che funzionano bene, tutti sono rispettosi delle leggi, tutti si comportano in modo corretto.
Poi nei prossimi giorni andremo anche a vedere le scuole per questi figlioli … che qua le scuole cominciano già ad inizio settembre quindi non abbiamo tanto tempo da perdere. Ma guarda Francesco com’è cresciuto!! Eri un bambino e ti ritrovo uomo. Ce l’hai la fidanzata? Se ce l’hai, falla venire pure lei qui che si sta bene, se non ce l’hai, ti faccio conoscere io qualche famiglia italiana che ha delle figlie dell’età tua. E tu cognata fatti vedere!! Sei una bellezza … ma che hai fatto? Il patto col diavolo? Sei sposata, hai un marito e 4 figli, una casa da mandare avanti e sembri una ragazzina. Ahh, prima che mi dimentico: mia moglie diceva che qui i figli stanno a scuola tutto il giorno, fanno … come si dice … ahh sì “il tempo pieno” e quindi se vuoi, ti può dare una mano a trovarti un lavoretto, qualcosa magari per qualche ora al giorno, che con una famiglia così numerosa,qualche soldo in più non guasta>>.

Lo zio sembrava un torrente in piena, si vedeva che era contento di avere di nuovo vicino il fratello Giovanni e tutta la sua famiglia  … occhi lucidi e grandi pacche sulle spalle. E parlava, parlava … non si fermava nemmeno per prendere fiato. Francesco guardandolo pensava tra sé che stava rischiando di morire soffocato dal suo stesso fiume di parole.

Ed ecco la casa degli zii … un po’ in periferia ma tutto sommato una bella zona. Case ad un piano , tutte una vicina all’altra ma divise da steccati perlopiù di legno. Un piccolo giardino davanti, un rettangolo di terra battuta sul retro dove la facevano da padroni le biciclette dei bambini, qualche attrezzo da giardinaggio e i panni stesi ad asciugare.

La zia era un altro vulcano esattamente come suo marito : li baciò e abbracciò tutti, li fece accomodare a tavola e servì delle porzioni molto generose di spaghetti al sugo di pomodoro, scusandosi perché “ la pasta che si trova qui non tiene bene la cottura come la nostra, però almeno è pasta e non quelle schifezze precotte che si trovano nei supermercati, condite con le polpettine al sugo, che se le vedesse mia suocera buonanima, morirebbe d’infarto all’istante!”

Per 10 minuti regnò il silenzio assoluto: i viaggiatori finalmente, dopo tante ore in treno durante le quali avevano mangiato solo dei panini preparati la sera prima della partenza dalla mamma, potevano gustare un piatto caldo e soprattutto il calore della famiglia dei parenti “trasferiti al Nord … ma non al Nord Italia ( ci teneva a dire la loro madre”buonanima” a chi domandava dove fossero andati a vivere i suoi figli) … ancora più a Nord, talmente al Nord che pure il mare si chiama Mare del Nord ed è un mare freddo, non si può nemmeno fare il bagno!”

E loro “i parenti del Nord” si godevano la vicinanza di questi parenti che avevano deciso di fare “il salto” e trasferirsi così lontano da casa.
Loro lo sapevano
 che non sarebbe stato facile, loro avevano vissuto il distacco, la lontananza,il doversi abituare a lingua e costumi diversi parecchi anni prima e sapevano tutto quello a cui stavano andando incontro questi parenti appena arrivati.

Ma perché dirglielo? Perché spaventarli? Se ne sarebbero accorti da soli, un giorno alla volta, e loro sarebbero stati lì, presenti, pronti per aiutarli, per rendere tutto un po’ più facile.
Finito di pranzare ( agli spaghetti erano seguiti formaggi e affettati rigorosamente “delle nostre parti”, poi un vinello rosso che andava giù che era un piacere, e infine un dolce fatto in casa) gli uomini si erano accomodati “nel tinello” ( una cameretta adiacente alla cucina con un divano e due poltroncine) a bere un amaro, i bimbi erano corsi fuori a giocare in cortile e le donne avevano iniziato a rigovernare.

Le due cognate si conoscevano poco: Angela, la mamma di Francesco infatti abitava già “al Nord Italia” con la sua famiglia quando Antonio si era innamorato di Anna. Si erano poi viste e conosciute quando avevano partecipato al matrimonio e poi … poi basta perché Antonio e Anna, subito dopo le nozze erano andati a vivere “al Nord, ma non al Nord Italia, ancora più a Nord”.

Eppure, nonostante fossero, in fondo, due estranee, entrarono subito in sintonia. Erano comunque due donne che per amore avevano seguito i rispettivi mariti lontano da casa, lontano dai parenti, lontano dalla loro terra d’origine.

Anna si era ripromessa di aiutare la cognata, per quanto poteva, ad inserirsi nel contesto del territorio dove avrebbero vissuto entrambe.
La fortuna era che i nuovi arrivati avrebbero abitato , come loro, in una zona dove la maggior parte dei residenti era di origine italiana. Questo, almeno inizialmente, l’avrebbe un po’ aiutata con la lingua.
Le avrebbe fatto conoscere il prete e le parrocchiane , il medico ( un ottimo medico … non proprio italiano-italiano ma … suo nonno, medico anch’egli, era partito da Bologna ed era venuto in Germania almeno 50 anni prima con l’intento di passarci un periodo per imparare nuove tecniche diagnostiche. Si era trovato così bene che non se n’era più andato e anzi, si era sposato e aveva avuto un figlio. Il figlio aveva percorso le stesse orme del padre ed era diventato a sua volta primario di una clinica prestigiosa in città. Anche lui aveva avuto un figlio e questo figlio era il loro medico. Un dottore al quale non interessavano i lustri della libera professione ma, anzi, era convinto che il diritto alla salute fosse un diritto di tutti. E forte delle sue origini Italiane aveva deciso di aprire lo studio in un quartiere dove gli italiani erano la maggioranza e dove le risorse economiche erano limitate, quindi curarsi era ancora un lusso che non tutti si 
potevano permettere. Per far breccia nei cuori dei suoi pazienti infarciva i discorsi con frasi dette in un italiano un po’ “smozzicato” ma che tanto facevano bene al cuore di chi si affidava alle sue cure). E poi il farmacista, l’impiegato del comune, la sarta, il calzolaio. 

Insomma si sarebbe adoperata perché la famiglia appena sbarcata riuscisse ad integrarsi bene e con il minimo delle difficoltà.

Al pomeriggio gli uomini si erano spostati nell’azienda dove Giovanni avrebbe lavorato come guardiano e dove c’era la loro nuova casa. Il titolare aveva consegnato le chiavi di casa e la lettera di assunzione premettendo che forse la casa aveva bisogno di qualche “aggiustamento” perché era chiusa da un po’. Aveva anche chiesto a Francesco (utilizzando Antonio come interprete) se ancora studiasse o se gli poteva interessare un posto come magazziniere visto che a breve uno dei dipendenti sarebbe andato in pensione.

Prontamente il papà aveva risposto : <<la ringrazio tanto per la proposta ma voglio che mio figlio finisca le scuole superiori, in fondo gli mancano solo 2 anni, e poi prenderà in considerazione l’idea di andare a lavorare>>.

I tre uomini, dopo aver salutato il titolare si erano spostati sul lato est della fabbrica, dove, un po’ mascherata dalle fronde di alberi maestosi, avevano finalmente visto la casa.
Da fuori non era male … forse si poteva rinfrescare un po’ la facciata ridipingendola. Una volta aperta la porta avevano trovato qualche sorpresa … niente che una squadra ben affiatata non avrebbe potuto risolvere a breve: le pareti interne necessitavano assolutamente di una bella “mano di bianco”, c’era qualche mattonella del pavimento un po’ sconnessa, forse in bagno ci sarebbe stato da fare qualche piccolo lavoro, bisognava controllare se la caldaia funzionava e poi … << e poi in cucina mettiamo delle belle tendine gialle e tende lunghe fino a terra nel tinello e la casa avrà tutto un altro aspetto>> avevano sentenziato le donne sopraggiunte con i bambini per dare il loro parere.

<< qui dobbiamo farci su le maniche e far presto – aveva dichiarato Antonio – tra una settimana io finisco le ferie e tu inizi con il tuo nuovo lavoro. Per allora la casa deve essere una bomboniera. Poi per le tendine e i soprammobili lasciamo fare alle donne>>

I bambini erano corsi su per le scale che portavano in soffitta e avevano scoperto una stanza grande come tutta la casa … erano scesi tutti entusiasti dicendo che lassù volevano la loro cameretta.
Francesco un po’ in disparte guardava tutto, ascoltava tutto e non vedeva l’ora di potersi chiudere nella sua camera ( essere il fratello maggiore aveva qualche vantaggio: gli sarebbe toccata una stanza tutta per sé a piano terra mentre i 3 fratellini avrebbero diviso il solaio) per scrivere di tutte queste novità a Chiara.

C’era solo una cosa che lo preoccupava e decise di darle voce. Si avvicinò allo zio e chiese:
<<scusa zio, come si chiama questa strada? No perché sai vorrei mandare l’indirizzo alla mia ragazza , così potrà rispondere alle mie lettere…>>

<<Ragazzo mio mi sa che per il momento non sarà possibile … prima dovete andare a farvi registrare al Comune e solo quando avrete spostato la residenza dall’Italia a qui riuscirai a ricevere la posta. In questo momento voi siete, come dire, “fantasmi”. Ma non disperare, qua sono svelti con le carte, vedrai che prestissimo questa cosa sarà risolta>>

“Vabbè – pensò Francesco – io intanto comincio a mantenere le mie promesse e scriverò ogni giorno una lettera a Chiara, le spiegherò di questo piccolissimo problema che si risolverà a breve e poi non appena avremo la residenza tutto si risolverà”

E mentre si chiudeva alle spalle la porta della sua cameretta già stava pensando in che modo iniziare la prima di quella che sarebbe stata una lunga serie di lettere.

“mia adorata” (nahh troppo sentimentale!) … “ Cara Chiara” ( a parte che sembra uno scioglilingua è trooooppo formale) … “ Tesoro” si dai Tesoro va bene …

Tesoro mio,
come stai? Mi manchi , mi manchi da morire.
Ti volevo tranquillizzare. Il viaggio è stato lungo ma alla fine siamo arrivati, stiamo bene, gli zii sono veramente gentili e la casa non è male, ha bisogno di qualche lavoretto e poi sarà perfetta.
Purtroppo  al momento non riesco a darti il nostro indirizzo perché ……
         
                                                                                  (continua)