martedì 31 gennaio 2023

LA PRIMA VOLTA CHE ...

 

questa foto è mia e ne rivendico tutti i diritti. se ti piace e vuoi usarla, per piacere cita la fonte.
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Era una notte fredda e limpida di fine gennaio la prima volta che ho incontrato il tuo sguardo.

Uno sguardo che mi ha rapito per sempre; uno sguardo che anche adesso, dopo tanti anni, ogni volta che lo incrocio mi fa battere il cuore

Eravamo io, te, l’ostetrica e l’infermiera in quella sala parto così silenziosa.

Non c’era nessun’altra donna che stava per diventare mamma in quel momento, solo io.

Non c’era neanche il tuo papà, perché quando eravamo arrivati in ospedale verso sera, l’ostetrica di turno mi aveva visitato e poi aveva sentenziato: -A caro, puoi tornare a casa, che tanto domattina tua moglie è ancora qui “che aspetta”. Te lo dice una che ha quarant’anni di esperienza alle spalle e che tra poco va in pensione-

L’ostetrica “ con quarant’anni di esperienza” aveva finito il turno alle 22 e poco dopo le 2 sei arrivato tu.

In punta di piedi.

L’infermiera Laura mi ha spronato e aiutato per tutto il tempo e ad un certo punto, quando ero convinta che non ce l’avrei mai fatta, eri là che piangevi tra le mani della puericultrice.

E dopo un po’, ti hanno messo tra le mie braccia: mi hai guardato dritto negli occhi (nonostante si dica che i neonati non vedono bene), con una ruga in mezzo alla fronte.

- E qui scusatemi ma intervengo io. Certo che avevo uno sguardo interrogativo! Mi stavo appunto chiedendo: Ma chi è sta matta che mi guarda con gli occhi pieni di lacrime? E poi: cosa ci faccio qui? Io stavo così bene nel mio monolocale dove non mi mancava niente!! Bello, tranquillo, silenzioso, abbastanza buio per non infastidirmi gli occhi. E tutto ad un tratto il terremoto!! Trema tutto e non ho ancora capito come ma mi hanno letteralmente sfrattato! E qui c’è una luce così fastidiosa! E poi quell’essere che mi ha preso per i piedi e ha cominciato a sculacciarmi! E che contenta che era quando ho cominciato a piangere. Ci credo che piangevo!! Guarda che razza di trattamento! E adesso sono qui, tutto profumato, al calduccio, hanno anche un po’ abbassato la luce, e sono tra le braccia di questa tipa che mi sta sussurrando un sacco di cose in una lingua che non capisco … aspetta però! Aspetta che ascolto meglio! Questa è la stessa voce che sentivo “con la filodiffusione” nel mio appartamentino!! Ma allora questa tipa strana è la mia “casetta”!! Me la immaginavo diversa ma lei sembra essere proprio contenta che il suo inquilino sia uscito a vedere cosa c’è qui fuori. Aspetta, aspetta: ecco che c’è qualcun altro. Sarà il vicino di casa … ehi, non sarai mica uno di quei furboni che appena esci di casa si ficcano dentro e non riesci più a mandarli via?? Questa casa è mia!! Io da qui non me ne vado!! Aspetta che mi tengo stretto con una mano. Sì, sì … fai pure il carino!! Con me non attacca!! Però anche lui mi guarda con sguardo dolcissimo, non sembra avere cattive intenzioni. La “mia casetta” gli allunga una mano, lui la prende e contemporaneamente il mio pugno stringe il suo dito: siamo chiusi in un cerchio perfetto. Mi piace questo posto: promette bene”

Sono passati tanti anni da quella notte, ma il nostro è ancora un “cerchio perfetto”.

Ora sei diventato un uomo, uno splendido uomo e anni fa , sempre in occasione del tuo compleanno ti avevo paragonato ad un Calycanthus.

Continuo a pensarla così: sei “qualcosa” che sfida le intemperie della vita. Non ti piace apparire ma chi ti conosce bene, ti riconosce anche a distanza e ti viene a cercare.

Il Calycanthus infatti fiorisce quando il resto del mondo “riposa” durante il periodo invernale.

E tu magari non lo vedi ma ne percepisci la “presenza” quando, complice una folata di vento, ti arriva il suo profumo. Leggero, avvolgente, persistente.

Il Calycanthus è un arbusto che se la cava benissimo da solo: senza bisogno di troppe cure, segue le stagioni della vita, facendo quello che gli riesce meglio: regalare agli altri attimi di gioia.

BUON COMPLEANNO DARIO, luce dei miei occhi.

domenica 29 gennaio 2023

MAMMA, CI SEI?

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La chiave gira nella toppa, la porta si apre cigolando appena …

-Mamma ci sei? Ciao micio … dov’è la padrona di casa? Mi porti da lei?-

-Sono qui passerotto, in cucina, vieni-

Ed eccola là, vicino alla finestra che rammenda un calzino … incapace di stare con le mani in mano la mia mamma (da qualcuno avrò pur preso!) … mi avvicino, la bacio e me la stringo forte … fin da quando ero piccina mi piace "stringermi contro" la mia mamma che sa di “buono” … sa di qualcosa che sta cuocendo sul fornello, sa di qualcosa di appena impastato, di qualcosa che imbiondisce nel forno … la mia mamma sa di “vanillina”, sa di “mandorle amare”, profuma di bucce di agrumi e chiodi di garofano.

I grembiuli di mamma sono sempre colorati (mai vista la mia mamma senza il grembiule da cucina) e sprigionano un sentore di sapone di marsiglia che io da sempre abbino al profumo dei panni lavati e stesi al sole.

La casa di mamma invece sa di olio paglierino … quell’odore un po’ pungente che mi fa tornare alla mente vecchi laboratori di falegnami ormai persi nei ricordi di un tempo … la mamma ha passato tutta la sua vita a “tenere in ordine” la sua famiglia e la sua casa.

E’ il suo orgoglio la famiglia: ha fatto la mamma a tempo pieno finchè io e mia sorella eravamo piccole e poi si è arrabattata con lavoretti qua e là , ha gestito un chiosco estivo per tanti anni e poi, quando finalmente lei e papà sono tornati nel suo amato Veneto ha ripreso da dove aveva interrotto quando era partita oltre 20 anni prima: l’orto, le galline, la vigna.

E così “quando è stagione” la trovi a zappettare, trapiantare, togliere le erbacce, innaffiare. E fiori, fiori a profusione: un rosaio, un cespuglio di calicanthus e uno di lillà e poi giacinti, narcisi e iris, anemoni, dalie e gladioli.

E in estate, quando le giornate son calde ma così calde che sarebbe giusto stare all’ombra a riposare, la trovi in cucina che prepara vasetti di conserve, passata di pomodoro e giardiniera con i quali riempire la dispensa, pronti per l’inverno.

In  inverno, quando l’orto e il giardino riposano, lei NO, lei non riposa mai: la trovi che lucida un mobile, pulisce i vetri, spolvera una vetrinetta, lava i bicchieri del servizio buono.

Oppure come oggi esegue piccoli rammendi anche se la vista non è più quella di una volta.

-Auguri Mamma!! Oggi è la tua festa!!-

-Si lo so che è la mia festa, ma tu cosa fai qui, non hai niente da fare a casa?-

-Ma mamma, è il tuo compleanno, potrò prendermi un giorno “di ferie” per stare con la mia Mamma? Ti ho anche fatto la torta!!-

-L’hai fatta tu? Perché non sei andata a comprare la Saint’ Honorè alla pasticceria Sanremo che lo sai che mi piace tanto! – e sorride birichina.

-Sì lo so, ma so anche che tra una settimana hai il contro dalla Diabetologa e se ti trova la glicemia alta ti tira le orecchie! Così ti ho fatto una torta con le carote, con la stevia al posto dello zucchero e qualche altra sostituzione per farla buona ma anche sana-

-Senti, ma per una volta non potevamo sgarrare? Alla mia età cosa vuoi che siano due bignè di quelli buoni? Il problema sarebbe tuo padre che quello si alza anche di notte, goloso com’è!!-

-A proposito del papà … dov’è che non lo vedo? L’hai mandato a fare qualche commissione?-

-Ma figurati se lo mando da qualche parte, anziano com’è ho sempre paura che mi caschi in mezzo alla strada!! Ma stamattina ha voluto andare in piazza a tutti i costi e mica mi ha detto cosa doveva fare. E’ già fuori da un po’ , speriamo rientri presto: Senti, ti fermi a pranzo vero? Ho fatto un arrostino che è fenomenale … viene anche tuo marito col “putìn”?-

-Sì mamma, sì a tutte le domande. Ti pare che mi perdo il tuo arrosto? E a una certa ora arrivano anche mio marito e il “mè putìn” … anche se , dopodomani compie trent’anni, forse sarebbe il caso di smetterla di chiamarlo “bambino” non credi?-

-Ma se te sì ancora anca ti la me putina, anca se tra un po’ te vè in pension! Dai, dammi una mano ad apparecchiare la tavola, gratta il formaggio, tira fuori i piatti belli .. ho preparato il brodo buono e ho i cappelletti che ho preparato stamattina presto, che con sto freddo, un po’ di brodo caldo è quello che ci vuole-

Si sente  armeggiare alla porta e poi la voce del papà:

-Tina, a son tornà … di chi è la macchina qui fuori?-

-Sono io papà, aspetta che arrivo e ti do una mano-

Esco dalla cucina e trovo mio padre con un mazzo di fiori coloratissimi in mano e la faccia di quello che non sa dove metterli … mi fa l’occhiolino e bisbiglia:

-Ho voluto farle una sorpresa: quando eravamo giovani non c’era il tempo per le smancerie e poi io non sono neanche tanto portato per queste cose, ma stamattina mi sono svegliato presto e tua madre era già in cucina che faceva la sfoglia per i cappelletti e ho pensato: “Non si riposa neanche per il suo compleanno" … dovevo fare qualcosa per lasciarla a bocca aperta-

In quel preciso istante mamma esce dalla cucina e … rimane letteralmente a bocca aperta vedendo papà che le porge i fiori e la bacia sulla testa … quasi settant’anni di vita insieme e ancora riuscire a stupirsi di gesti simili.

-Ahhh varda che to fiola la ga portà la torta dietetica!-

E il papà con la faccina di quello che ci è rimasto male:

-Maahhh non era meglio una bella Saint’Honorè della pasticceria Sanremo?-

-Visto?- dice la mamma ammiccando - cosa ti avevo detto???-

Ecco, mi piace pensare che se le cose fossero andate diversamente 35 anni fa oggi la nostra giornata avrebbe potuto essere così

Ovunque sei …

BUON COMPLEANNO MAMMA.

 

 

venerdì 27 gennaio 2023

MINOU (parte terza)

 


(fonte web)

E finalmente era arrivato Andrea: Andrea con la sua risata contagiosa, Andrea e le sue scorribande in bicicletta o a piedi per i sentieri di campagna, Andrea e la sua parlantina ( ogni tanto la nonna pensava: “ ma non è che da qualche parte esiste un –tasto- per spegnerlo?”), Andrea che quando entrava in casa era come una folata del vento di marzo: scompigliava tutto e portava con sé il profumo dell’età più bella.

E poi Andrea e la sera: si faceva la doccia, indossava il pigiama, si lavava i denti e te lo ritrovavi seduto vicino vicino al nonno che parlottavano fitto fitto di chissà quali segreti.

I ruoli si erano invertiti: adesso era lui che raccontava storie per intrattenere il nonno: storie vere, storie “romanzate”, storie completamente inventate. E il nonno, ascoltandolo, ogni tanto interrompendolo per chiedere qualche chiarimento, pareva rifiorire.

Dopo un lungo periodo nel quale aveva abbandonato anche la cura dell’aspetto fisico lasciandosi cresce la barba che lo faceva assomigliare un po’ al nonno di Heidi  ma anche ad un clochard, con l’arrivo di Andrea la barba era sparita portando via dal suo viso almeno 10 anni.

La “Donna” lo guardava di sottecchi e fremeva in cuor suo per questo bel cambiamento.

Un giorno Andrea fece irruzione in cucina gridando:

-Nonna, ma lo sai che la Micia ha fatto i gattini? Vedessi che belli che sono! Sono 3 e tutti di colori diversi! Ce n’è uno tutto grigio, uno rossiccio e uno bianco ma così bianco che sembra una nuvola!! Come si fa a capire se sono maschi o femmine? No perché sai proprio qualche giorno fa a scuola parlavo di voi, della fattoria, della Micia e un paio di miei compagni dicevano che avrebbero taaaaanto voluto un gatto e avevano anche avuto il benestare dei genitori però ( c’è sempre un però) tutte e due le mamme hanno messo una clausola – basta che sia maschio che poi le femmine ci riempiono la casa di gattini- … Nonna tu sai come si riconoscono i maschi dalle femmine? Sìììì?? E allora dai vieni, vieni che andiamo a vedere e capiamo !!-

La nonna non era riuscita ad inserirsi in questo fiume di parole e solo alla fine era riuscita a dire :

-Forse è meglio se aspettiamo ancora un po’. Se la Micia ha deciso di far nascere i suoi piccoli in fienile è perché li vuole proteggere e magari potrebbe non gradire la nostra visita-

-Ma no nonna non sono in fienile!! Sono là fuori che scorrazzano in cortile e inseguono le farfalle e le lucertole! Vieni a vedere!!-

Dal soggiorno si era alzata una voce: era il nonno che, come al solito, dissentiva sull’opportunità di dare “troppo spago” ai gatti.

-E adesso mi raccomando che non li facciate venire in casa! Che ci mancano solo i gatti in questa casa! C’è già una vecchia brontolona, un vecchio invalido e un bimbo terremoto, direi che siamo al completo! Che poi finisce che vanno a finire sotto le ruote della carrozzina e mi fanno fare un capitombolo!!- però chissà come mai la sua voce aveva un inflessione divertita al pensiero.

Nonna e nipote corsero fuori e un vero spettacolo si presentò ai loro occhi: Mamma Gatta tranquillamente acciambellata sotto il gazebo non perdeva di vista i suoi pargoli.

Uno di loro si stava arrampicando sul melograno e la sua impresa sembra un balletto: due passi avanti e poi cadeva a terra, ci riprovava e dopo tre passi eccolo ancora volare giù e riprendere da capo.

Un altro invece stava effettivamente studiando il volo di una farfallina azzurra che svolazzava vicino al suo naso per poi allontanarsi un po’ quasi volesse farsi inseguire.

Il terzo infine (quello - bianco ma così bianco che sembra una nuvola-) era appoggiato sul bordo di un secchio e guardava dentro, quasi volesse specchiarsi.

La Nonna prima prese tra le braccia Mamma Gatta e la accarezzò per un po’ come a farle capire che non aveva nulla da temere, e poi piano piano si avvicinò ai tre gattini non perdendo d’occhio la loro madre e le sue possibili reazioni: Intanto spiegava al nipote:

-Vedi? L’istinto di ogni madre è quello di proteggere i propri piccoli e infatti Mamma Gatta si è messa in una postazione tale che li tiene d’occhio tutti e tre. Occorre quindi prima far capire alla Micia che le tue intenzioni sono buone e solo dopo provare ad avvicinarti ai cuccioli. E anche se ti sembra che la mamma sia tranquilla non la devi mai perdere di vista e se la vedi avvicinarsi con il pelo arruffato è meglio che tu cambi strategia o ancora meglio che per il momento cambi proprio strada!-

Andrea aveva ascoltato le parole della nonna con gli occhi sgranati, quindi si era avvicinato con cautela alla Micia, se l’era messa sulle ginocchia e aveva iniziato ad accarezzarla con metodo, dalla testa e fino alla punta della coda per poi ripartire da capo. Dal rumore “sordo” delle fusa che faceva, la Micia sembra gradire questo trattamento.

Il bimbo, ad un certo punto, sempre tenendo Mamma Gatta in braccio e continuando ad accarezzarla, si era avvicinato alla nonna che intanto era riuscita ad agguantare il micetto “trapezista”. Lo aveva girato a pancia all’aria e dopo una breve ispezione aveva sentenziato:

-Ecco un bel maschietto per uno dei tuoi amici!-

Si era poi spostata verso quello che rincorreva le farfalle, che al suo arrivo era corso a nascondersi dietro un vaso di gerani.

Con tutta la dolcezza di cui era capace, la Nonna lo aveva stanato, preso in braccio, controllato e poi tutta contenta:

-E anche questo è maschio! Un altro amichetto accontentato-

-Vado subito a telefonare ai miei amici per dare la buona notizia!- aveva esclamato Andrea depositando la Micia a terra e correndo verso casa.

-Aspetta!! Non vuoi sapere se quello bianco è maschio o femmina?- aveva detto la Nonna accorgendosi però di “parlare al vento”.

Acchiappare quello bianco era stato un gioco da ragazzi tanto era intento a specchiarsi nel secchio.

Lo aveva accarezzato un po’ e dopo un controllo sommario aveva scoperto che quel batuffolo di neve era una femminuccia … ecco perché si specchiava! Vanitosa come tutto il genere femminile!

Se l’era avvicinata al viso e le aveva soffiato in un orecchio:

-i tuoi fratelli solo per essere maschi, probabilmente hanno già trovato famiglia. Per te invece, anche se sei uno splendore, le cose saranno un po’ più complicate. Ma non permetterò a nessuno di farti del male”.

Nel mentre, quasi avesse capito che stava succedendo qualcosa di “grosso” era arrivata Mamma Gatta.

La Donna, la Gatta e la Micina avevano stretto un patto si alleanza là, in mezzo al cortile.

E dalla finestra del soggiorno, l’Uomo guardava quel quadretto perfetto.

mercoledì 25 gennaio 2023

MINOU (parte seconda)


(fonte web)

E il nonno raccontava storie vere e storie di fantasia … raccontava di com’era la vita in campagna quando lui era bambino ma inventava anche favole con draghi e principesse da salvare; e raccontava di com’era stato essere poco più che adolescente e trovarsi a combattere una guerra senza nemmeno sapere perché; e immancabilmente raccontava la storia di Andrea, un bambino piccino e curioso al quale capitavano un sacco di avventure mirabolanti che si concludevano sempre nel lettino della sua cameretta, perché in realtà non erano avventure ma sogni.

La nonna ascoltava tutte queste storie finché rigovernava le stoviglie in cucina e si stupiva di come suo marito si trasformava quando scioglieva le briglie della fantasia: Lui, uomo di poche parole, in quegli istanti passati con il nipotino si trasformava in un affabulatore senza eguali.

Da giovane era stato un padre assente, troppo preso dal lavoro e da una mentalità che non gli permetteva di esternare i suoi sentimenti: ma tutto quello che non aveva donato a sua figlia in termini di tempo e affetto lo stava riversando ora sul nipotino con gli interessi.

La moglie sperava che l’arrivo del nipotino per le vacanze scolastiche avrebbe giovato all’uomo che giorno dopo giorno si stava chiudendo in sé stesso: il fatto di essere confinato su una sedia a rotelle lo “umiliava” … lui che non era mai stanco, che non si fermava mai fintanto che c’era qualcosa da fare ( e in campagna c’è SEMPRE qualcosa da fare!), lui che faceva mille lavoretti di riparazione o ripristino, era un po’ meccanico e un po’ idraulico e alle volte anche apprendista muratore, adesso viveva un “fermo obbligato”. I suoi occhi vagavano ovunque e vedeva tutte le piccole cose che avevano bisogno di essere sistemate ma non poteva fare nulla.

O meglio: non VOLEVA fare nulla! Sì perché il medico quando lo aveva dimesso dall’ospedale si era raccomandato che facesse gli esercizi di riabilitazione che gli avrebbero permesso se non di correre, almeno di ricominciare piano piano a camminare.

Ma lui no!! Testone come sempre aveva deciso che non voleva farsi compatire da nessuno quindi aveva liquidato in modo brusco tutte le proposte della moglie che , mattina dopo mattina, lo esortava a provare a rimettersi in piedi.

In realtà questo era quello che vedeva la moglie: ma poi lei si richiudeva la porta della stanza alle spalle con il cuore gonfio di amarezza nel vedere quello che fino a qualche mese prima era “La colonna portante della casa” diventare uno spettatore della vita che gli scorreva davanti ineluttabile.

Andava in cucina e dopo una veloce tazzina di caffè cominciava la sua giornata scandita dalle mille faccende della fattoria: dar da mangiare alle galline e al porcellino, accudire le mucche nella stalla e le caprette nel recinto.

Spazzare l’aia, stendere i panni e andare in campagna a raccogliere frutta e verdura che poi sistemava sotto il gazebo per la vendita a “km 0”.

Quando finalmente ritornava in casa si era fatta l’ora del pranzo: apparecchiava la tavola, cuoceva la minestra e poi tornava in camera, dove trovava il marito nella stessa posizione nella quale lo aveva lasciato parecchie ore prima.

Si domandava come facesse un uomo che era sempre stato così attivo ad oziare tutto il giorno: leggere non gli piaceva, guardare la tv nemmeno …

Lo aiutava ad accomodarsi sulla “carrozzina” e poi pranzavano insieme: al pomeriggio se le temperature lo permettevano, lo accompagnava a fare un giretto per la campagna, oppure lo sistemava all’ombra del gazebo. Gli metteva vicino la radio (l’unica compagnia che sopportava) e poi tornava là dove aveva lasciato a mezzogiorno: sgranare le pannocchie, intrecciare le cipolle e l’aglio, raccogliere la verdura per preparare la cena.

Quando il sole batteva forte e non era il caso di uscire in campagna la potevi trovare in cucina intenta a fare confetture o a preparate le verdure da congelare per l’inverno.

Ma dicevamo: come trascorreva le lunghe ore della mattina “l’Uomo”?

Una cosa era certa: non voleva suscitare pietà, quindi era escluso fare gli esercizi magari in modo sgraziato o senza troppa coordinazione davanti alla moglie.

Ma questo non voleva dire che stesse lì “con le mani in mano”. Anzi! Tutte le mattine dalle 8 a mezzogiorno ripeteva e ripeteva fino allo sfinimento gli esercizi racchiusi in un libretto che gli avevano consegnato durante il ricovero.

Era abbastanza contento: piano piano la muscolatura delle gambe stava riprendendo tono, riusciva anche a fare qualche passetto restando attaccato al comò per non rischiare di andare a gambe all’aria. Certo era cosciente che la strada sarebbe ancora stata lunga ma non demordeva.

Un giorno, a mezzogiorno, quando sua moglie si sarebbe presentata, puntuale come le tasse, per aiutarlo a sedere sulla sedia a rotelle, le avrebbe sorriso e DA SOLO, si sarebbe alzato in piedi, l’avrebbe abbracciata e insieme un passo dopo l’altro avrebbero raggiunto la cucina per il pranzo.

Ma adesso era ancora tutto precario quindi perché illuderla?

Povera donna! La vedeva tutto il giorno affaccendata tra casa e podere: la sera poi si sedeva sul divano per seguire qualche programma alla tv e tempo cinque minuti  gli occhi le si chiudevano: Ma la giornata non era ancora finita: doveva accompagnare lui a letto e sistemarlo per la notte. E tutto questo, giorno dopo giorno, senza che mai si lamentasse!!

Mai una volta che le avesse risposto con malgarbo anzi! Era lui quello che alle volte faceva il burbero perché avrebbe voluto essere lasciato in pace … ma l’avrebbe ricompensata di tutto, di questo era certo.

In quei giorni che precedevano il Natale si sentiva particolarmente ottimista anche perché a breve sarebbe arrivato Andrea con il quale aveva intenzione di procedere a passo ancora più spedito con la riabilitazione.

Di Andrea si poteva fidare: sarebbe stato il loro piccolo segreto. E forse, chissà, prima del nuovo anno si sarebbe rimesso in piedi … ma intanto occorreva non perdere tempo!

-Da posizione supina: piegare la gamba accompagnandola con le mani verso il petto. Restare il più possibile in questa posizione e poi lentamente stendere. Ripetere 10 volte e poi cambiare gamba …-

Contemporaneamente, là fuori, tre piccoli monelli pelosi avevano deciso di scendere la scala del fienile e ampliare i loro orizzonti …

domenica 22 gennaio 2023

MINOU (parte prima)

(fonte web)

Era nata in una fredda giornata di fine autunno e, a dispetto di quello che diceva la saggezza popolare a riguardo, lei e i suoi due fratellini erano vispi e curiosi di scoprire il mondo.

Mamma Gatta per istinto, aveva scelto come “sala parto” il fienile, e nello specifico un vecchio scrittoio con le antine un po’ sghembe che si trovava proprio in fondo, in fondo … dove nessuno guardava mai.

Dentro il mobile alcuni vecchi indumenti ormai inutilizzabili che la padrona di casa aveva messo lì in caso servissero stracci per i lavori di manutenzione di trattori e altri attrezzi: -ormai inutilizzabili per gli umani ma per fare un bel “nido” per i suoi bimbi erano proprio l’ideale- aveva pensato Mamma Gatta quando aveva capito che era quasi “l’ora”.

Sapeva, sentiva che doveva tenere i suoi piccoli nascosti affinché fossero al sicuro: altre volte non era stata altrettanto accorta e il “Padrone” li aveva trovati, messi in una scatola e portati via e lei non li aveva più rivisti.

Ed era stato inutile miagolare fino allo sfinimento nella speranza che i suoi piccolini la sentissero e tornassero indietro: così come a nulla erano servite le parole che la “Padrona” aveva rivolto al marito per convincerlo a non portar via i micini.

“Teniamoli per un po’ … magari quando diventano più grandicelli qualcuno di quelli che passano di qui per comprare le verdure del nostro orto li vede e se li porta a casa”

“Sì brava!! E se poi nessuno li vuole? Cosa facciamo se diventano grandi e ci restano tutti sul groppone?? In casa serve un gatto maschio, lo dico sempre io!! Ma lei no!! Prendiamo una gattina, guarda com’è carina … carina, carina, ma ogni 3 mesi eccola li che fa i piccoli !! e altre bocche da sfamare!! Non se ne parla proprio!!”

“Ma guardala da un altro verso: se diventano bravi come la mamma a cacciare i topi avrai risolto questo problema e non ti costeranno niente perché mangeranno quello che cacciano”

“ Sì … come se non ti conoscessi!! E poi entrano in casa una volta, due, e poi d’inverno fa freddo vorrai mica lasciarli al freddo e al gelo e così in quattro e quattr’otto ci ritroviamo la casa piena di gatti: E poi basta discutere: qui il padrone sono io e si fa come dico io!!”

“Ma almeno non andare ad annegarli!! Prendi la scatola e portali lontano … dai loro una possibilità!! Solo perché tu sei un vecchio orso non è detto che in giro non ci sia qualcuno che vorrebbe tanto un micino!”

“Ohh adesso basta!! So io cosa devo fare!! Tu pensa alle faccende domestiche che di quelle ti devi occupare!”

La Donna aveva abbassato il capo carezzando la gatta che capiva che stava succedendo qualcosa di brutto ma non poteva far niente per impedirlo.

E così, ogni volta, i suoi piccoli finivano in una scatola e probabilmente morivano annegati in qualche corso d’acqua della zona.

In realtà, l’uomo era meno cattivo di quanto volesse apparire, ma non poteva permettere che la moglie lo contraddicesse.

Faceva quindi tutta la “pantomima”, si allontanava da casa continuando a brontolare ad alta voce, ma percorso qualche chilometro, svoltava in un sentiero laterale che portava ad un bel boschetto e lì liberava i gattini dando loro una possibilità.

La cosa era andata avanti per parecchio tempo finché un giorno la “Padrona” aveva trovato suo marito accasciato nella rimessa degli attrezzi privo di conoscenza.

L’Uomo era stato ricoverato in ospedale per un po’ e quando era tornato a casa, Mamma Gatta aveva visto scendere dall’ambulanza non l’Uomo che le rubava i figli, bensì un Vecchio confinato su una sedia a rotelle.

Dopo l’ictus, “il Vecchio” usciva di casa raramente: la moglie, nelle belle giornate di sole, spingeva la “carrozzina” fino al pergolato e là lo lasciava mentre lei tornava alle mille faccende proprie della vita della fattoria.

Spesso le persone che dalla città si spostavano fino alla fattoria per acquistare uova, frutta e verdura “a km zero” si fermavano a fare quattro chiacchiere con "il Vecchio" che aveva sì perso l’uso delle gambe , ma manteneva, nonostante i problemi di salute, una memoria di ferro e si ricordava di tutto e di tutti.

Mamma Gatta non avrebbe dovuto preoccuparsi per i suoi ultimi nati visto che il Vecchio era “fuori gioco” … eppure l’esperienza le aveva insegnato che era meglio essere prudenti.

Intanto l’autunno stava lasciando il posto all’inverno: quei tre teppistelli ormai erano cresciuti abbastanza per andare alla conquista del mondo: ogni mattina, dopo la poppata, si arrampicavano sulle pareti del cassetto e poi si lasciavano cadere “fuori” … fuori dove c’era tutto un mondo da scoprire.

Il fienile era grande e pieno di cose che come per incanto si trasformavano in giochi per le piccole pesti: si nascondevano, si facevano gli agguati, si arrampicavano e immancabilmente cadevano in qualche buco e solo allora si mettevano a miagolare in modo straziante per richiamare la loro mamma che correva velocemente a recuperarli e a portarli al sicuro.

La “Padrona” aveva capito che da qualche parte c’era una nidiata di micini pronti ad invadere l’aia e in cuor suo ne era contenta: ci voleva un po’ di giovinezza in quella fattoria dove da un po’ tutto era avvolto nel sudario della tristezza.

In attesa di vedere i nuovi arrivati, si coccolava la loro mamma, allungandogli pezzetti di carne saporita e ciotole di latte appena munto.

Si avvicinavano a grandi passi le festività natalizie ed un giorno era arrivato, come ogni anno a Natale, Andrea, il figlio della loro unica figlia.

Trascorreva da sempre le vacanze scolastiche (sia natalizie che estive) a casa dai nonni: i genitori lavoravano entrambi e i nonni non vedevano l’ora di averlo un po’ con loro per viziarlo a dovere.

Anche il “Vecchio” si ammorbidiva quando arrivava il nipotino: lo portava con sé a pescare, a “far la legna”, in giro per il bosco a raccogliere i funghi e a riconoscere le impronte lasciate dai tanti animali che si rendevano “invisibili” al loro passaggio.

E poi alla sera, dopo aver ascoltato il telegiornale, spegneva la tivù e si accendeva la pipa. Quello era il segnale: Andrea metteva da parte qualunque cosa stesse facendo e si catapultava sul divano.

Si sedeva vicino vicino al nonno e ogni volta immancabilmente diceva: “dai nonno, raccontami una storia”

E il nonno cominciava …


martedì 3 gennaio 2023

VIVERE PER RACCONTARLA

 

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“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”

Diceva Gabriel Garcia Marquez

E quella di oggi, per me, è una data che ti spinge a riflettere, ( non a fare bilanci, che i numeri sono il lavoro e oggi di lavorare proprio non mi va) a ricordare, a raccontare.

Arrivata fin qui è il caso di fermarsi un po’, prendere fiato e fare un po’ di ordine.

Oggi si passa ad un’altra decina (che poi, basterebbe non contarli gli anni che si compiono e sarebbe finita lì!!! Ehhh bravo, e cos’avrei scritto nel mio post?!?) ed è una decina impegnativa.

Non si tratta infatti di passare da 29 a 30 ( che quando ho compiuto 30 anni ero in “dolce attesa”, quindi uno dei periodi più belli della mia vita).

E nemmeno da 39 a 40 che quello è stato un periodo “parecchio impegnativo” della mia vita e l’ultimo dei miei pensieri era pensare di festeggiare.

E neanche da 49 a 50, che il mio “mezzo secolo” avrei voluto, per una volta, festeggiarlo al caldo e andarmene in Australia, ma poi le cose sono andate un po’ diversamente e non se n’è fatto niente.

Sto arrivando a questa nuova decina in modo “soft” … se vogliamo, me la sto godendo.

Ho imparato a non dare niente per scontato, a investire tempo ed energie per chi lo merita e a “lasciare andare” quelli che invece “è meglio perderli che trovarli”.

In questa decina che sta finendo ho messo in piedi un sacco di cose. (le ricordo così, in ordine sparso)

Ad esempio ho trasformato un periodo buio come il lockdown del 2020 in un’opportunità per fare “qualcosa di bello” .. e così dopo quasi tre anni ogni mattina so che ci sono una trentina di persone che aspettano “le mie letture su whatsapp” … per alcuni sono la compagnia durante il rito del caffè, per altre finchè vanno a camminare o svolgono le faccende domestiche … e mi piace questa nuova piega che ha preso la mia vita: entrare nelle case della gente, far loro compagnia.

Questa cosa mi ha portato amicizie nuove, ha consolidato rapporti che già avevo, mi ha fatto fare pace con la mia voce che proprio non mi piaceva.

Sono diventata parte di gruppi “reali” nati all’ombra della nostra bella Abbazia: il gruppo di lettura e il gruppo volontari biblioteca. E anche qui mi sono confrontata con persone che non conoscevo e con le quali è nato un bel rapporto.

Io che ero quella che “lavorava nell’ombra” ( perché sono più una donna “del fare” che “dell’apparire”) dal settembre scorso sono coordinatrice del gruppo di lettura ed è una bella sfida per me, anche perché il confronto è con la persona che mi ha preceduto che è “tutto quello che vorrei essere io e invece…”

Lei è elegante, pacata, mai un tono sopra le righe … adoro queste sue qualità.

Io sono scanzonata, caciarona e mi sento quasi sempre inadatta.

E poi ci sono i gruppi dei pellegrini veneti (e non solo): gruppi di facebook e gruppi “in carne, ossa e zaino”.

Con quelli “carne, ossa e zaino”(che sono una parte della mia grande famiglia allargata) ho organizzato finesettimana bellissimi fatti di passi, cultura del territorio, cibo, abbracci e tante risate.

Mi piace portare i miei amici qui, a casa mia, nel mio Polesine, terra troppo spesso ignorata e che invece nasconde tanti piccoli gioielli che è giusto valorizzare.

Ho poi trovato -un’altra famiglia- nei volontari che gestiscono un meraviglioso ostello laggiù “nel west” …

Sono diventata ospitaliere volontaria pensando di “regalare” un po’ del mio tempo ai pellegrini in transito sulla via Francigena e invece ogni volta che torno dalla settimana nella quale presto servizio in ostello, sono io che sono molto più ricca di quando sono partita.

In questa decina che si sta chiudendo ho preso e sono partita, da sola, destinazione Santiago. E non una ma bensì due volte perché un po’ di ripasso ogni tanto ci vuole.

E camminare da sola mi ha dato modo di mettere alla prova la mia costanza, la mia “capatosta”, la mia resilienza e anche le mie fragilità.

Ecco che oggi mi piace pensare alla mia vita come ad un sentiero. Mi fermo un attimo, mi volto indietro e guardo quanta strada ho fatto: giorni sereni e giorni di pioggia, vento che ti scompiglia i capelli e sole che ti arrossa le guance. Strade in piano e salite mozzafiato, qualche discesa scivolosa e poi di nuovo sentieri dolci e lievi.

Direi che è ora di rimettersi in viaggio: raccolgo il mio zaino ( che è straordinariamente leggero perché ho imparato a lasciare lungo strada le cose che “pesano”) e volgo lo sguardo all’orizzonte: il sentiero fa una curva gentile, morbida che però non mi permette di vedere cosa c’è aldilà, cosa mi aspetta, dove mi porteranno domani i miei passi.

Ma è giusto così, è giusto viversela appieno giorno dopo giorno: oggi comincia una nuova decina che ho intenzione di vivere “intensamente”, sperimentando, progettando e anche “lasciando un po’ al caso”

Sarà un viaggio interessante ed entusiasmante, ne sono sicura!!!