LA
STORIA VISTA DA LEI
Chiara
Il suo turno era finito già da un po’, si era
cambiata indossando jeans, una maglietta e le “Reebok” per tornare a casa a
piedi ( e prendere così 2 piccioni con una fava: godersi una tiepida serata
romana e fare un po’ di attività fisica che male non fa mai) ma continuava ad
attardarsi intorno al bancone della reception. Sistemava i depliants, metteva in
ordine le brochure informative, riordinava i volantini che pubblicizzavano le
gite organizzate. Nel frattempo non perdeva di vista la porta della sala
convegni e cercava, tendendo l’orecchio, di percepire qualunque suono potesse
far pensare che, per quel giorno, i lavori erano finiti.
Ma aldilà della porta
tutto taceva.
Quando per la quarta volta aveva sfilato dal loro
espositore le brochure per compattarle e rimetterle al loro posto, il portiere
l’aveva guardata in modo sornione dicendo :
<<Chiara se continui così me le consumi queste
brochure!! Ma non c’hai niente di meglio da fare che star qui a fare le
“pulizie di Pasqua” fuori dall’orario di servizio? Beata gioventù!! Ma esci da
qui, vai incontro al mondo, è una serata bellissima, l’aria è dolce, c’è tutto
il bello dell’estate con qualche sentore, appena appena, di autunno. Che ci
stai a fare qui? Non è che c’hai un appuntamento?>>e così dicendo aveva
lanciato uno sguardo eloquente verso la sala convegni.
<<Ma dai Oscar, cosa vai a pensare?!? Lo sai
che sono un tipo pignoletto e voglio lasciare tutto in ordine prima di andare
via … però hai ragione. In una serata così, è un delitto rimanere al chiuso.
Ciao, vado a spasso, ci vediamo domani>>
Detto questo era uscita sul marciapiede e dopo
un’ultima, fugace occhiata alle sue spalle , si era incamminata verso casa. Il
destino, anche se aveva cercato di forzarlo un po’ rimanendo oltre l’orario di
lavoro, aveva scelto di nuovo per loro. E anche questa volta si era messo “di
traverso”. Bisognava accettarlo e considerare questo capitolo definitivamente
chiuso?!?
Arrivata a casa, si era tolta le scarpe facendo i
salti mortali per non pestare Gastone che era arrivato di corsa e la stava
letteralmente travolgendo strusciandosi contro le gambe e miagolando a più non
posso. A piedi nudi aveva raggiunto la cucina, e dopo aver "servito la cena" al micione si era versata un bicchiere di
un bel rosso “corposo” e con il calice in una mano e una ciotolina di
“schifezze” nell’altra si era diretta verso il terrazzo.
Il terrazzo era la parte che amava di più della
casa: più del caldo e accogliente soggiorno che aveva arredato con mobili
“grezzi” e tappeti ed arazzi tessuti a mano da un’amica che dopo un viaggio in
Persia aveva deciso di iniziare questa attività e stava riscuotendo parecchi
consensi.
Più della cucina, piccola ma funzionale: era
corredata di tutti gli optional, compresi anche tanti piccoli elettrodomestici
che utilizzava spesso durante i fine-settimana quando si dilettava a provare
nuove ricette.
Più del bagno che aveva fatto ristrutturare da poco
trasformandolo in quello che aveva sempre sognato da ragazzina: mosaico alle
pareti, un’ampia doccia e la vasca idromassaggio.
Più della camera da letto, che per parecchio era
stata il “nido” suo e di George e che era esattamente come lei : solida,
funzionale e un po’ austera ma con coperte e plaid multicolori che la rendevano
simile ad un mercato delle spezie arabo.
Il terrazzo era il suo “fiore all’occhiello”, era un
po’ come un figlio. Se lo era cresciuto poco alla volta, aggiungendo e
togliendo cose, sistemando, spostando e il risultato finale era un posto
intimo, un “posto dell’anima”.
Aveva optato per mettere delle vetrate che lo
riparassero dalle intemperie e lo rendessero fruibile anche in inverno: bastava
infatti alzare di poco il riscaldamento in soggiorno e in un batter d’occhi la
temperatura del terrazzo diventava mite e accogliente.
Lo aveva arredato con
tavolino e poltrone in midollino di un colore biondo caldo. E poi piante,
piante verdi perenni e stagionali da fiore. Durante la bella stagione faceva
scorrere le vetrate su un unico lato e il resto del perimetro libero da filtri
le regalava un panorama mozzafiato: ai suoi piedi tutta Roma. I rumori della
grande città arrivavano attutiti e tutto quello che si coglieva era la bellezza
fuori discussione della “città eterna”.
Col suo bicchiere di rosso si era accoccolata su una
delle poltrone, prontamente raggiunta da Gastone che si era accomodato su
quella di fronte e la fissava curioso.
<<ehh sì caro mio … avrei potuto essere a cena
con l’amore dei miei 17 anni stasera e invece sono qui con te … poteva essere
una serata di quelle “col botto” … poteva essere la volta buona che chiudevamo
per sempre con il passato e invece … poteva essere, magari dopo qualche
legittima spiegazione , l’occasione per riappropriarci del tempo perduto e,
perché no, capire che cos’è rimasto di quell’ amore …>>
Ed ecco, da uno degli appartamenti vicini alzarsi le
note di una canzone “evergreen”, una di quelle che, puoi avere 20, 50 o 70
anni, sicuramente almeno una volta nella vita l’hai cantata.
“Ma cos’è stato
di quel tempo
Che sfidava il
vento
Che faceva
fremere
Gridare
Contro il cielo
Non lasciarmi
solo no
Non andar via
Non andar via
Senza te
Morirei
Senza te
scoppierei
Senza te
Brucerei
Tutti i sogni
miei”
Ecco, ci mancava
solo Baglioni a rendere perfetto questo momento di malinconia …
“Francesco …
chissà dove sei, cosa stai facendo, se ci sei rimasto male quando sei uscito
dalla riunione e non mi hai trovato … chissà a cosa stai pensando, chissà se MI
stai pensando, chissà se anche tu hai nostalgia dei nostri 17 anni …”
Il vino era finito,
la ciotolina delle “schifezze” era vuota , forse era meglio rientrare e farsi
un bel bagno rilassante.
Candele
profumate, olii essenziali, musica classica a basso volume. C’era tutto quello
che serviva per prepararsi al meglio alla notte che avanzava …
una notte che
già sapeva , sarebbe stata lunga e insonne.
Accidenti alla
nostalgia!!!
(continua)
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