Sedute su una panchina nel parco stanno, vicine vicine, una
mamma e la sua bimba.
La bambina
si fa ancora più vicina e con un filo di voce dice:
“Mamma,
raccontami una storia … una di quelle belle, di quelle tue …”
La mamma
la guarda con occhi dolcissimi e chiede:
“Te le
ho già raccontate un sacco di volte, ma non ti stanchi mai di sentire sempre le
stesse?? E quale vuoi sentire delle -storie mie-“?
E la
bimba stendendosi sulla panchina e appoggiano il capo sulle ginocchia della
mamma, con la voce già un po’ assonnata e gli occhi che si chiudono, risponde:
“ Quella
di quando eri bambina ed eravate tanti fratelli, e poi quando sei cresciuta e c’era
la guerra e poi quando da ragazza hai conosciuto il papà che non era ancora il
mio papà, e quando sei andata a fare la mondina e poi … e poi … dai comincia …”
“ Allora
… vediamo … sono stata la prima e unica femmina in una famiglia di 5 figli …
mamma e papà adoravano tutti noi figli, così come anni dopo hanno adorato te,
tua sorella e gli altri cugini.
Eravamo
una famiglia semplice, di campagna: papà lavorava a mezzadria e la mamma faceva
–la mamma- e con 5 figli di lavoro ne aveva e anche tanto.
Poi un
brutto giorno arriva la guerra e quella che era una situazione già complicata,
diventa terribile. Mancava tutto: il lavoro, i soldi, qualcosa da mettere sulla
tavola 2 volte al giorno.
Ho
trascorso la mia adolescenza stando attenta ai soldati (tedeschi prima e “alleati”
verso la fine), ai bombardamenti, alla gente che, in un momento così tragico, anziché
stringersi gli uni agli altri, tiravano fuori il peggio … e così ho
visto gente che andava nei campi a
rubare per fame e altri che facevano la spia ai proprietari dei campi e questi
ultimi picchiavano a sangue i malcapitati ladri perché si erano permessi di
portar via qualche pannocchia per fare un po’ di polenta da dare ai loro
bambini. E ho visto gente di buon cuore nascondere nel fienile gli ebrei
durante i rastrellamenti e gente –meno buona- recarsi dai soldati tedeschi e
raccontare dove erano nascosti i perseguitati … e ho visto i soldati fucilare
sia chi era nascosto ma anche chi li aveva nascosti.
Poi,
poco dopo aver compiuto 14 anni, finalmente la pace … ma per chi è povero la
pace non è poi così diversa dalla guerra … si faceva fatica a sbarcare il
lunario prima e si continuava a far fatica anche dopo.
I nonni
nel frattempo non godevano proprio di buona salute e così toccava a me che ero
la più grande farmi carico di tante responsabilità anche se ero giovane, forse
troppo giovane per un fardello simile.
Conosco
tuo papà e un raggio di sole entra nella mia vita … era bello, alto, castano
con gli occhi azzurri … un principe azzurro … senza cavallo bianco ma con tanta
voglia di lavorare e far famiglia.
Lavoro
però , in questa nostra amata terra non ce n’è e così si guarda a Ovest e io
parto con una cugina per andare a far la mondina in provincia di Vercelli e papà parte per andare a cercar lavoro a
Torino.
Trova
lavoro, si ambienta, trova casa e decidiamo di metter su famiglia. Tu non sai
che bella che mi è sembrata la nostra casetta, la prima volta che l’ho vista!!
E poi tuo papà, che è sempre stato un cuore d’oro, trova casa anche per la sua
famiglia ( anche lui aveva lasciato al paese mamma, papà e 4 tra fratelli e
sorelle) e li aiuta a sistemarsi, accoglie a casa nostra, uno alla volta, i
miei fratelli più grandi, si prodiga per cercar loro un lavoro e alla fine
riusciamo a trovar casa anche ai miei genitori e ai due fratellini più piccoli.
Seguono anni
buoni (il famoso boom economico) … il lavoro non manca e con il lavoro, i sogni
da realizzare.
Nasce
tua sorella e dopo sei anni arrivi tu, il passerotto biondo della mamma. Io e
te viviamo i tuoi primi anni in simbiosi, sempre insieme.
Amo la
mia famiglia e lei per me viene prima di tutto: sono una donna allegra, mi
piace cantare mentre sbrigo le faccende domestiche o lavo i panni. Mia suocera
non mi capisce e si chiede perché io canti …
Dopo un
inizio di vita un po’ “disagiato”, avere figli sani, un marito con un lavoro
fisso, cibo tutti i giorni da mettere in tavola e da condividere con i parenti
e con gli amici, credo sia sufficiente per essere grati … del resto non era Sant’Agostino
che diceva che “ Chi canta prega due volte“?
E poi
sento il papà che arriva dalla fabbrica e sale le 4 rampe di scale
canticchiando e capisco che anche lui è felice di quanto abbiamo costruito
insieme e il cuore mi si riempie di gioia … VOI siete le mie gioie più grandi.
Ma adesso
è ora di andare … tu devi alzarti e andare incontro al nuovo giorno e io devo
tornare a casa, nel posto più bello del mondo.
Ci ritroviamo
presto …”
La mamma bacia la sua bimba dai corti capelli biondi e torna là, nel posto più bello del mondo, nel cuore di chi ancora, tenacemente, dopo 34 anni di assenza, si ostina a ricordarla quotidianamente e a passare una volta l’anno un po’ di tempo insieme sulla panchina per farle gli auguri.
Ovunque
tu sia
BUON
COMPLEANNO MAMMA.
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