Era una
notte fredda e limpida di fine gennaio la prima volta che ho incontrato il tuo
sguardo.
Uno sguardo
che mi ha rapito per sempre; uno sguardo che anche adesso, dopo tanti anni,
ogni volta che lo incrocio mi fa battere il cuore
Eravamo io, te, l’ostetrica e l’infermiera in quella sala parto così silenziosa.
Non c’era
nessun’altra donna che stava per diventare mamma in quel momento, solo io.
Non c’era
neanche il tuo papà, perché quando eravamo arrivati in ospedale verso sera, l’ostetrica
di turno mi aveva visitato e poi aveva sentenziato: -A caro, puoi tornare a
casa, che tanto domattina tua moglie è ancora qui “che aspetta”. Te lo dice una
che ha quarant’anni di esperienza alle spalle e che tra poco va in pensione-
L’ostetrica
“ con quarant’anni di esperienza” aveva finito il turno alle 22 e poco dopo le
2 sei arrivato tu.
In punta
di piedi.
L’infermiera
Laura mi ha spronato e aiutato per tutto il tempo e ad un certo punto, quando
ero convinta che non ce l’avrei mai fatta, eri là che piangevi tra le mani
della puericultrice.
E dopo
un po’, ti hanno messo tra le mie braccia: mi hai guardato dritto negli occhi
(nonostante si dica che i neonati non vedono bene), con una ruga in mezzo alla fronte.
- E qui
scusatemi ma intervengo io. Certo che avevo uno sguardo interrogativo! Mi stavo
appunto chiedendo: Ma chi è sta matta che mi guarda con gli occhi pieni di
lacrime? E poi: cosa ci faccio qui? Io stavo così bene nel mio monolocale dove
non mi mancava niente!! Bello, tranquillo, silenzioso, abbastanza buio per non
infastidirmi gli occhi. E tutto ad un tratto il terremoto!! Trema tutto e non
ho ancora capito come ma mi hanno letteralmente sfrattato! E qui c’è una luce
così fastidiosa! E poi quell’essere che mi ha preso per i piedi e ha
cominciato a sculacciarmi! E che contenta che era quando ho cominciato a
piangere. Ci credo che piangevo!! Guarda che razza di trattamento! E adesso
sono qui, tutto profumato, al calduccio, hanno anche un po’ abbassato la luce,
e sono tra le braccia di questa tipa che mi sta sussurrando un sacco di cose in una lingua che non capisco … aspetta però! Aspetta che ascolto meglio! Questa è la stessa
voce che sentivo “con la filodiffusione” nel mio appartamentino!! Ma allora
questa tipa strana è la mia “casetta”!! Me la immaginavo diversa ma lei sembra
essere proprio contenta che il suo inquilino sia uscito a vedere cosa c’è qui
fuori. Aspetta, aspetta: ecco che c’è qualcun altro. Sarà il vicino di casa … ehi,
non sarai mica uno di quei furboni che appena esci di casa si ficcano dentro
e non riesci più a mandarli via?? Questa casa è mia!! Io da qui non me ne
vado!! Aspetta che mi tengo stretto con una mano. Sì, sì … fai pure il carino!!
Con me non attacca!! Però anche lui mi guarda con sguardo dolcissimo, non sembra
avere cattive intenzioni. La “mia casetta” gli allunga una mano, lui la prende
e contemporaneamente il mio pugno stringe il suo dito: siamo chiusi in un
cerchio perfetto. Mi piace questo posto: promette bene”
Sono
passati tanti anni da quella notte, ma il nostro è ancora un “cerchio perfetto”.
Ora sei
diventato un uomo, uno splendido uomo e anni fa , sempre in occasione del tuo compleanno ti avevo
paragonato ad un Calycanthus.
Continuo a pensarla così: sei “qualcosa” che sfida le intemperie della vita. Non ti piace apparire ma chi ti conosce bene, ti riconosce anche a distanza e ti viene a cercare.
Il Calycanthus
infatti fiorisce quando il resto del mondo “riposa” durante il periodo
invernale.
E tu
magari non lo vedi ma ne percepisci la “presenza” quando, complice una folata
di vento, ti arriva il suo profumo. Leggero, avvolgente, persistente.
Il Calycanthus
è un arbusto che se la cava benissimo da solo: senza bisogno di troppe cure,
segue le stagioni della vita, facendo quello che gli riesce meglio: regalare
agli altri attimi di gioia.
BUON
COMPLEANNO DARIO, luce dei miei occhi.
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