Era nata
in una fredda giornata di fine autunno e, a dispetto di quello che diceva la
saggezza popolare a riguardo, lei e i suoi due fratellini erano vispi e curiosi
di scoprire il mondo.
Mamma
Gatta per istinto, aveva scelto come “sala parto” il fienile, e nello specifico
un vecchio scrittoio con le antine un po’ sghembe che si trovava proprio in
fondo, in fondo … dove nessuno guardava mai.
Dentro
il mobile alcuni vecchi indumenti ormai inutilizzabili che la padrona di casa
aveva messo lì in caso servissero stracci per i lavori di manutenzione di
trattori e altri attrezzi: -ormai inutilizzabili per gli umani ma per fare un
bel “nido” per i suoi bimbi erano proprio l’ideale- aveva pensato Mamma Gatta
quando aveva capito che era quasi “l’ora”.
Sapeva,
sentiva che doveva tenere i suoi piccoli nascosti affinché fossero al sicuro:
altre volte non era stata altrettanto accorta e il “Padrone” li aveva trovati,
messi in una scatola e portati via e lei non li aveva più rivisti.
Ed era
stato inutile miagolare fino allo sfinimento nella speranza che i suoi
piccolini la sentissero e tornassero indietro: così come a nulla erano servite
le parole che la “Padrona” aveva rivolto al marito per convincerlo a non portar
via i micini.
“Teniamoli
per un po’ … magari quando diventano più grandicelli qualcuno di quelli che
passano di qui per comprare le verdure del nostro orto li vede e se li porta a
casa”
“Sì
brava!! E se poi nessuno li vuole? Cosa facciamo se diventano grandi e ci
restano tutti sul groppone?? In casa serve un gatto maschio, lo dico sempre
io!! Ma lei no!! Prendiamo una gattina, guarda com’è carina … carina, carina, ma
ogni 3 mesi eccola li che fa i piccoli !! e altre bocche da sfamare!! Non se ne
parla proprio!!”
“Ma
guardala da un altro verso: se diventano bravi come la mamma a cacciare i topi
avrai risolto questo problema e non ti costeranno niente perché mangeranno
quello che cacciano”
“ Sì … come
se non ti conoscessi!! E poi entrano in casa una volta, due, e poi d’inverno fa
freddo vorrai mica lasciarli al freddo e al gelo e così in quattro e
quattr’otto ci ritroviamo la casa piena di gatti: E poi basta discutere: qui il
padrone sono io e si fa come dico io!!”
“Ma
almeno non andare ad annegarli!! Prendi la scatola e portali lontano … dai loro
una possibilità!! Solo perché tu sei un vecchio orso non è detto che in giro
non ci sia qualcuno che vorrebbe tanto un micino!”
“Ohh
adesso basta!! So io cosa devo fare!! Tu pensa alle faccende domestiche che di
quelle ti devi occupare!”
La Donna
aveva abbassato il capo carezzando la gatta che capiva che stava succedendo
qualcosa di brutto ma non poteva far niente per impedirlo.
E così,
ogni volta, i suoi piccoli finivano in una scatola e probabilmente morivano annegati
in qualche corso d’acqua della zona.
In
realtà, l’uomo era meno cattivo di quanto volesse apparire, ma non poteva
permettere che la moglie lo contraddicesse.
Faceva
quindi tutta la “pantomima”, si allontanava da casa continuando a brontolare ad
alta voce, ma percorso qualche chilometro, svoltava in un sentiero laterale che
portava ad un bel boschetto e lì liberava i gattini dando loro una possibilità.
La cosa
era andata avanti per parecchio tempo finché un giorno la “Padrona” aveva trovato suo
marito accasciato nella rimessa degli attrezzi privo di conoscenza.
L’Uomo
era stato ricoverato in ospedale per un po’ e quando era tornato a casa, Mamma
Gatta aveva visto scendere dall’ambulanza non l’Uomo che le rubava i figli,
bensì un Vecchio confinato su una sedia a rotelle.
Dopo
l’ictus, “il Vecchio” usciva di casa raramente: la moglie, nelle belle giornate
di sole, spingeva la “carrozzina” fino al pergolato e là lo lasciava mentre lei
tornava alle mille faccende proprie della vita della fattoria.
Spesso
le persone che dalla città si spostavano fino alla fattoria per acquistare
uova, frutta e verdura “a km zero” si fermavano a fare quattro chiacchiere con "il Vecchio" che aveva sì perso l’uso delle gambe , ma manteneva, nonostante i problemi di
salute, una memoria di ferro e si ricordava di tutto e di tutti.
Mamma
Gatta non avrebbe dovuto preoccuparsi per i suoi ultimi nati visto che il Vecchio
era “fuori gioco” … eppure l’esperienza le aveva insegnato che era meglio
essere prudenti.
Intanto
l’autunno stava lasciando il posto all’inverno: quei tre teppistelli ormai
erano cresciuti abbastanza per andare alla conquista del mondo: ogni mattina,
dopo la poppata, si arrampicavano sulle pareti del cassetto e poi si lasciavano
cadere “fuori” … fuori dove c’era tutto un mondo da scoprire.
Il
fienile era grande e pieno di cose che come per incanto si trasformavano in
giochi per le piccole pesti: si nascondevano, si facevano gli agguati, si
arrampicavano e immancabilmente cadevano in qualche buco e solo allora si
mettevano a miagolare in modo straziante per richiamare la loro mamma che correva velocemente a
recuperarli e a portarli al sicuro.
La
“Padrona” aveva capito che da qualche parte c’era una nidiata di micini pronti
ad invadere l’aia e in cuor suo ne era contenta: ci voleva un po’ di giovinezza
in quella fattoria dove da un po’ tutto era avvolto nel sudario della
tristezza.
In
attesa di vedere i nuovi arrivati, si coccolava la loro mamma, allungandogli
pezzetti di carne saporita e ciotole di latte appena munto.
Si
avvicinavano a grandi passi le festività natalizie ed un giorno era arrivato,
come ogni anno a Natale, Andrea, il figlio della loro unica figlia.
Trascorreva
da sempre le vacanze scolastiche (sia natalizie che estive) a casa dai nonni: i
genitori lavoravano entrambi e i nonni non vedevano l’ora di averlo un po’ con
loro per viziarlo a dovere.
Anche il
“Vecchio” si ammorbidiva quando arrivava il nipotino: lo portava con sé a
pescare, a “far la legna”, in giro per il bosco a raccogliere i funghi e a
riconoscere le impronte lasciate dai tanti animali che si rendevano
“invisibili” al loro passaggio.
E poi
alla sera, dopo aver ascoltato il telegiornale, spegneva la tivù e si accendeva
la pipa. Quello era il segnale: Andrea metteva da parte qualunque cosa stesse
facendo e si catapultava sul divano.
Si
sedeva vicino vicino al nonno e ogni volta immancabilmente diceva: “dai nonno,
raccontami una storia”
E il
nonno cominciava …
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