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Anni ‘80
Chiara e Francesco si conoscevano da sempre: erano
coetanei e da sempre avevano vissuto nello stesso palazzo un po’ in periferia.
Una zona dove ancora si può giocare sui marciapiedi e
in estate fino a tardi, fino a quando scende la sera. Fino a quando si leva un
coro di mamme, da un balcone all’altro, che chiama i figli a rapporto … <<Sali
che è ora di cena, ma prima un bel bagno che sembri un animaletto selvatico.>>
Chiara e Francesco avevano condiviso tutto: le elementari
prima ( la scuola materna no, quella era per i “fighetti” , o per quelli che
avevano la mamma che lavorava) e poi le medie … le prime uscite serali fino a
tardi ( negli anni 80 con il temine “tardi” si intendevano le 11 di sera), i
primi concerti, le prime feste … il primo bacio.
Essere considerati “una coppia” era stato normale …
senza tanti clamori sognavano una vita insieme, tante piccole cose da
condividere nel viaggio della vita.
LA
STORIA VISTA DA LUI
Poi , un giorno , un assolato giorno d’agosto , il
papà di Francesco aveva indetto una riunione familiare urgente .
Già il fatto
che fosse “urgente” aveva un po’ preoccupato Francesco ma pensava e sperava che
si trattasse dell’acquisto della nuova auto. Suo padre infatti solo qualche
giorno prima era rimasto in panne con la vecchia utilitaria che, forte dei suoi
500.000 km , aveva dato “forfait”.
Dopo aver chiamato a raccolta tutti i Santi del
Paradiso e aver provato invano a rimetterla in moto, l’aveva abbandonata sul
ciglio della strada e si era avviato a piedi. In tasca una busta che pesava
come il piombo.
Alla sera la “riunione urgente” … Francesco aveva
cercato di smorzare un po’ i musi lunghi dei suoi genitori facendo quello che
gli riusciva meglio: “il buffone” … e giù con battutine sul papà che aveva
fatto chilometri e chilometri a piedi per tornare a casa , e via a punzecchiare
la mamma chiedendo di che colore volesse la nuova auto. Ma niente, tutti i suoi
sforzi si erano rivelati vani e i genitori restavano lì, con le loro facce
“appese” : la mamma sedeva al tavolo con la schiena dritta e lo sguardo basso,
stropicciando tra le mani un fazzolettino con le iniziali ricamate … il babbo
non riusciva a star seduto e andava avanti e indietro per la cucina rigirando
tra le mani la famosa busta. I fratelli più piccoli di Francesco continuavano a
giocare ignari di quello che stava succedendo.
Alla fine il papà “era sbottato” dicendo:
<< ecco, voi sapete che le cose qui non vanno
mica tanto bene … siamo venuti via dal Sud sperando di trovare un po’ di
benessere qui al Nord ed effettivamente per un po’ di tempo è stato così. Io
avevo trovato un buon posto come operaio, la mamma qui a casa cuciva qualcosa
per i vicini, questo appartamentino preso in affitto a “equo canone” è decoroso
e abbastanza spazioso per tutti.
Poi tutto è cominciato ad andare male … prima è
cominciata la crisi, che inizialmente non sembrava niente di che … e invece sta durando da troppo tempo e
mettendo a rischio tante piccole aziende come quella dove lavoro io … e si
parla di licenziamenti e non so fino a quando riusciranno a restare aperti … e
mentre fino a qualche anno fa, uscivi da un’azienda e ne trovavi subito
un’altra pronta ad assumerti, adesso chi ha un posto fisso se lo tiene ben
stretto e se uno si licenzia l’azienda non lo sostituisce più ma fa con quelli
che ha. E a questo aggiungi che il padrone di casa mi ha detto che vuole
mettere in vendita il nostro appartamento e chi ce li ha i soldi per
comprarlo?!? E se lo compra qualcun altro e poi ci sfratta? E un povero uomo
come me cosa può fare in questi casi?? Ho girato dappertutto cercando un nuovo
lavoro ma niente, sono andato a visitare appartamenti sfitti nella speranza di
trovare qualcosa che andasse bene per noi ma … o erano topaie, o costavano
troppo.
Così mi sono deciso e ho scritto a mio fratello,
quello che vive in Germania, raccontando a grandi linee cosa ci sta succedendo.
Ho spedito la lettera e mi sono messo in attesa … in
attesa di una risposta che non arrivava mai. Ero arrivato anche a pensare che
la mia lettera si fosse persa e invece, finalmente, qualche giorno fa ho
ricevuto questa lettera da vostro zio.
Questa lettera che è allo stesso tempo, una boccata di
ossigeno e una botta sulla testa.
Una boccata di ossigeno perché lo zio, dopo aver
ricevuto la mia lettera si è messo in moto, ha contattato tutti i “compaesani”
che come lui sono emigrati in Germania negli anni ’60 e si sono fatti una
posizione. Ha bussato a 100 porte e ad ognuno ha spiegato la nostra situazione,
finché ha trovato una persona che ha una piccola azienda di ricambi e che cerca
un guardiano. Offrono stipendio più l’alloggio ma … e questa è la botta sulla
testa di cui parlavo prima, vogliono che il guardiano prenda servizio il primo
di settembre. Cioè, se decidiamo di trasferirci, abbiamo meno di 2 settimane
per imballare tutto, allontanarci da questa città e provare a ripartire a oltre
1000 chilometri di distanza. Ecco il perché di questa riunione urgente: è pur
vero che ad oggi io ho ancora il mio lavoro e non ci hanno dato lo sfratto ma …
e se poi tra qualche mese succede e ad Amburgo non hanno più bisogno del
guardiano? Con che faccia chiederò ancora aiuto a mio fratello?>>
Aveva parlato tutto d’un fiato e adesso che aveva
finito era letteralmente “crollato” su una sedia come se fosse completamente
svuotato … si sentiva un fallito, come marito e come padre. Non aveva saputo
trovare quella tranquillità economica alla quale aveva aspirato fin dal giorno
in cui era sceso dal treno con tanti sogni e le tasche vuote. Aveva trovato
lavoro è vero, aveva mantenuto decorosamente la famiglia è vero, stava facendo
sacrifici e un secondo lavoro affinchè i suoi ragazzi potessero continuare a
studiare. Ma tutto questo a quanto pare non era sufficiente visto che tutto
poteva cambiare nel giro di una notte. E che uomo è quello che chiede alla
propria famiglia di sradicarsi ancora per cercare fortuna altrove??
Nella testa di Francesco intanto si affollavano un
milione di pensieri e nessuno nemmeno vagamente coerente … l’unica cosa che
riusciva a mettere a fuoco era “tra 2 settimane sarò a 1000 km da qui … e del
mio futuro con Chiara cosa ne sarà?” E pensava a come dirglielo, e pensava che
non esiste un metodo indolore per dire alla persona con la quale fino ad oggi
hai condiviso tutto “devo partire … non so quando potremo rivederci … non so
cosa farò una volta arrivato a destinazione … non so la lingua … non so cosa
farò senza di te …” e il solo pensiero di non vederla più tutti i giorni era
come una lama che gli trafiggeva il petto.
(continua)
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